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FEBBRAIO 2012
FIELDBUS & NETWORKS
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Fieldbus & Networks
chezza del mondo digitale, però, può essere un’arma a doppio taglio:
spesso accade che tale ricchezza sia (percepita) proporzionale alla
complessità della gestione. Infatti, tipicamente, un particolare dispo-
sitivo, a fronte di un particolare sistema host, necessita di un parti-
colare driver; così, cento dispositivi diversi necessitano di altrettanti,
o quasi, software di gestione. L’utente non può che scoraggiarsi e
limitare l’impiego di una tale rosa di tool alle funzioni base, svilendo
di fatto i benefici di tanta tecnologia.
Ecco, dunque, la risposta FDT/DTM a questo problema: creare un con-
testo tecnologico comune, entro cui sviluppare i driver (DeviceDTM)
dei dispositivi da campo finali (le periferiche) qualunque essi siano
e qualunque sia il protocollo digitale di cui si servono. Ci pensano,
poi, i driver di comunicazione (CommDTM), associati alle schede di
comunicazione, a implementare le medesime regole sulla base del
protocollo utilizzato caso per caso. Vi sono, infine, i GatewayDTM
ad assolvere al medesimo compito per tutti i componenti d’inter-
facciamento che partecipano all’architettura di rete dell’impianto.
Inoltre, il DTM, di qualunque natura sia, lavora in una Applicazione
Frame (FDT container), che può essere inserita nel contesto di un
sistema host qualsiasi
(PLC, DCS, Scada ecc.)
o lavorare stand-alone.
Sul mercato esistono
diverse soluzioni in ter-
mini di FDT frame, pro-
poste dai produttori sia
di strumentazione, sia di
sistemi di automazione.
La regola che dovrebbe
essere applicata è molto
semplice: ogni FDT con-
tainer deve essere in
grado di lavorare con ogni DTM. Utilizziamo il condizionale perché,
di fatto, e qui sta la sfida dell’ambizioso progetto, la tecnologia FDT/
DTM coniuga diversi aspetti tecnologici funzionali (dal layer fisico a
quello applicativo) e il compito non è sempre facile.
Nella recente tappa italiana dello ‘FDT Roadshow’, tenutosi a Ber-
gamo (si veda Fieldbus&Networks novembre - ndr), autorevoli end-
user hanno portato la loro testimonianza: la tecnologia FDT/DTM,
sebbene non sempre semplice quanto vorrebbe essere, è la strada
per l’integrazione. I vantaggi sono enormi: in un contesto software
che è sempre lo stesso e noto (FDT container), l’utilizzatore si con-
centra esclusivamente sulle funzionalità specifiche del dispositivo
in oggetto, rese disponibili dal DTM, che implementa funzionalità
online e offline di configurazione, diagnostica, elaborazione e analisi
dei dati provenienti dal campo. Il DTM integra pop-up e wizard, che
guidano all’utilizzo come e meglio di un manuale cartaceo; funzioni
automatiche di scansione del bus consentono la rilevazione dei di-
spositivi connessi, il riconoscimento dei dati di targa e l’assegna-
zione automatica dei DTM precedentemente installati e importati
nella libreria dello FDT container. Il DTM può integrare, inoltre, fun-
zioni di backup delle configurazioni dei dispositivi, con la possibilità
di operare modifiche offline, da inviarsi successivamente ai dispo-
sitivi interessati; può essere multi-lingua; supporta elementi grafici
evoluti per la realizzazione di interfacce HMI intuitive. Il tutto fornito
all’interno del singolo DTM, messo a disposizione dal produttore del
dispositivo associato, che ne è naturalmente il massimo esperto,
interessato a evidenziarne le migliori caratteristiche, senza dover
dipendere da attività ingegneristiche di integrazione per tramite di
parti terze (tipicamente i sistemi ospitanti).
Progettare una rete di comunicazione industriale con occhio attento
dal punto di vista dell’integrazione FDT/DTM significa progettare
reti annidate (‘nested’), scegliendo componenti rispettosi dei due re-
quisiti base: trasparenza all’informazione digitale e conformità allo
standard FDT. Per fare un esempio concreto, si pensi alla scelta di
un remote I/O che collega strumentazione 4..20 mA dal campo, per
portarla su dorsale Profibus DP. Se tale componente è trasparente al
protocollo digitale Hart sovra-impresso al segnale 4..20 mA e dotato
di GatewayDTM, allora consentirà l’accesso da control room o da
stazione di manutenzione, tramite l’applicazione Frame FDT, ai dati
Hart dei dispositivi connessi, in lettura e scrittura, permettendo di li-
mitare gli interventi in campo solo ai casi in cui siano effettivamente
necessari. Si pensi alla modifica di un fondo scala, all’analisi di una
curva di inviluppo di un misuratore di livello a eco per verificarne
la qualità, alla lettura dei dati diagnostici del posizionatore di una
valvola ecc.
I DTM sono nati con lo scopo di racchiudere in un unico software, di
cui si rende responsabile il solo fornitore del dispositivo associato, le
funzionalità per la gestione e la manutenzione dei dispositivi. In linea
di principio, a differenza dei predecessori e sempre attuali DD e EDD
(Enhanced Device Description), non richiedono step d’ingegnerizza-
zione successivi per l’integrazione in un sistema host proprietario,
proprio in virtù del fatto che il ‘contenitore’ FDT si rende garante
dell’idoneità del DTM ‘as it is’. Di nuovo, si parla della condizione
ottimale, quella tracciata dalle linee guida del consorzio FDT. Nella
pratica, ogni fornitore di FDT container, specialmente se destinato a
far parte di un sistema proprietario, potrebbe di fatto implementare
varianti orientate a una più facile integrazione nei/dei propri sistemi,
rischiando di compromettere la filosofia della piena apertura. Anche
su questo versante è molto acceso il dibattito all’interno del Consor-
zio, specialmente sotto la pressione evidente degli utilizzatori finali.
Uno dei criteri di scelta che possono aiutare oggi a minimizzare a
monte potenziali difficoltà è la presenza o meno della certificazione
associata al prodotto (DTM e FDT container): un componente certifi-
cato FDT è stato sottoposto a una serie di test finalizzati alla verifica
dell’effettiva implementazione delle linee guida tecnologiche, cioè
l’applicazione di regole effettive di sviluppo da parte del produttore.
Ci aspettiamo da FDT futuri consolidamenti e sviluppi di un approccio
operativo che sta di fatto prendendo sempre più piede nel quotidiano
degli utilizzatori. I produttori sono chiamati a investire ulteriormente
in termini di standardizzazione e uniformità.
Si prevede che gli end user decreteranno il successo dei prodotti che
sapranno coniugare eccellenza tecnologica con semplicità di utilizzo,
specificità da un lato e uniformità dall’altro.
Fonte: FDT Group
Fonte: mrhapkido.files.wordpress.com
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