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FEBBRAIO 2012
FIELDBUS & NETWORKS
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offrono ampie garanzie per quanto con-
cerne affidabilità e prestazioni, ma diventa
difficile, in tal modo, realizzare soluzioni
non onerose, inoltre spesso è necessario
avere una buona preparazione tecnica per
poterli utilizzare.
Proprietario o standard?
I sistemi dedicati all’automazione dome-
stica si possono suddividere in due catego-
rie: quelli di tipo proprietario e quelli aperti.
I primi sono sviluppati da un singolo co-
struttore, che non ha interesse a divulgare
le informazioni sul funzionamento degli
apparati e ne rende impossibile la costru-
zione da parte di terzi. Spesso si tratta di
sistemi che hanno il loro punto di forza nel
costo contenuto e, di solito, permettono di
realizzare con facilità impianti medio/pic-
coli con ottime funzionalità e buone pre-
stazioni. Quando sono realizzati da aziende
di un certo livello, offrono un’ampia scelta
di dispositivi da impiegare e linee esteti-
che accattivanti, oltre a vantare migliaia di
installazioni.
Resta l’incognita del prodotto ‘single
source’, che crea una sorta di dipendenza
del cliente dal costruttore e che potrebbe
risultare fastidiosa in certe situazioni, ma
se ci si orienta verso aziende di un certo
prestigio, i rischi saranno limitati.
I sistemi aperti, che a volte vengono anche
definiti standard, sono invece quelli dove
le specifiche di funzionamento degli ap-
parati vengono rese pubbliche, in modo
che qualsiasi azienda possa decidere di
sviluppare dispositivi conformi e interope-
ranti con tutti gli altri. Spesso si tratta di
associazioni o consorzi di aziende di grandi
dimensioni (a volte multinazionali) che,
sfruttando le proprie competenze, creano
protocolli riconosciuti quali veri e propri
punti di riferimento sul mercato. Quasi
sempre si tratta di sistemi molto evoluti,
che permettono di realizzare impianti
medio/grandi, in grado di soddisfare qual-
siasi esigenza di automazione. I vantaggi
di questi sistemi sono l’affidabilità, l’inte-
roperabilità dei dispositivi, la scalabilità
delle soluzioni e la quasi totale indipen-
denza dal singolo costruttore. Inoltre, tali
sistemi possono essere suddivisi in base
alla loro architettura e a dove è localizzata
la capacità decisionale del sistema.
Architetture a confronto
Si possono distinguere principalmente tre
tipi di architettura: centralizzata, distribuita
e mista. Nell’architettura centralizzata esi-
ste un’unica unità decisionale (tipicamente
una centralina) che, a seconda dei casi,
può essere suddivisa in più unità intelli-
genti, può avere diversi livelli gerarchici
e, a volte, è anche distribuita fisicamente
con una logica master-slave. I dispositivi
distribuiti in campo possono essere dotati
di capacità proprie di auto-diagnosi e di
auto-configurazione, ma non sono in grado
di prendere decisioni, in quanto delegano
questa funzione alla centralina.
In questo scenario, i messaggi provenienti
dai sensori e diretti agli attuatori sono
sempre elaborati dall’unità centrale che,
in base a un programma residente nella
sua memoria, prende le decisioni del caso.
In questo tipo di architettura il ‘punto de-
bole’ del sistema è rappresentato dunque
proprio dalla centralina, che, in caso di
guasto, rischia di rendere inutilizzabile l’in-
tero impianto. I costruttori di questo tipo
di sistemi sono ben coscienti del rischio e
in fase di progettazione hanno predisposto
una serie di accorgimenti che riducono dra-
sticamente il pericolo di black-out totale.
I vantaggi dell’architettura centralizzata
sono: facilità di programmazione e riconfi-
gurazione, minore costo, buon livello d’in-
tegrazione delle funzioni.
Nell’architettura distribuita, invece, tutti
i dispositivi sono di tipo ‘smart’, quindi
in grado di eseguire una serie di funzioni
in modo totalmente autonomo. In un si-
stema orientato al nodo, prima gli viene
assegnato un indirizzo univoco (per poterlo
identificare nella rete), poi viene program-
mato per eseguire determinati comandi
e svolgere certe funzioni. In un sistema
orientato al messaggio, d’altra parte, viene
assegnato un identificatore (ID) all’azione
della funzionalità in fase di programma-
zione (prima) e configurazione. In questo
tipo di architettura, i dispositivi in campo
comunicano tra di loro attraverso unames-
saggistica standardizzata, che consente di
creare associazioni di funzionalità tra i
componenti, senza particolari limiti.
Tra i vantaggi di questa architettura figu-
rano la grande flessibilità, l’affidabilità (se
si guasta un dispositivo si perderanno le
funzioni a esso associate, ma il resto del
sistema continuerà a funzionare) e le pre-
stazioni, che però vanno a scapito dei costi
e di una maggiore complessità in fase di
programmazione. Infine, nell’architettura
mista esiste un cablaggio principale a
livello di fabbricato, che presenta carat-
teristiche simili a quelle dell’architettura
distribuita; questo poi si collega, attra-
verso interfacce, a una serie di centraline
dislocate nell’edificio. Si tratta di un’ar-
chitettura molto efficiente e performante,
che però trova applicazione principalmente
per l’automazione di grandi edifici con esi-
genze particolari. Indipendentemente dal
tipo di architettura, il collegamento tra i
dispositivi in campo viene generalmente
effettuato attraverso delle linee dedicate
in rame o in fibra ottica. Il vantaggio delle
linee in rame è rappresentato dalla facilità
di posa in opera e dal basso costo, men-
tre la fibra ottica offre alta velocità di tra-
smissione e ottima immunità ai disturbi, a
discapito però del costo e della facilità di
montaggio.
Esistono inoltre sistemi che sfruttano l’im-
pianto elettrico esistente per comunicare
tra di loro (powerline e onde convogliate,
per esempio), altri invece, considerati in-
novativi, utilizzano una WSN-Wireless
Sensor Network per la comunicazione fra
tutti i dispositivi presenti nell’abitazione,
sia quelli alimentati da rete elettrica, sia
quelli che non hanno necessità di tale ali-
mentazione.
A questo proposito sono attualmente in
fase di sviluppo presso aziende e univer-
sità numerosi sistemi e reti (wired e wire-
less) interconnesse, progettate, oltre che
per una flessibile gestione del proprio im-
pianto elettrico e dei dispositivi connessi,
anche per una nuova amministrazione
dell’energia in ambito domestico, interfac-
ciandosi, in modo naturale e funzionale,
con le moderne architetture di gestione
globale dell’energia dei livelli superiori.
Esempio tipico di un sistema ad architettura centralizzata (a) e uno ad architettura distribuita (b)
a
b
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