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MARZO 2017

AUTOMAZIONE OGGI 396

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Boffa:

Gli incentivi sono un fattore chiave anche in Italia, dove

il governo ha lanciato il piano Industria 4.0 con l’ormai famoso

iper-ammortamento del 250% e altri incentivi come l’aumento

delle detrazioni per le attività di ricerca e sviluppo dal 25% al

50%. L’impatto dell’iper-ammortamento, rispetto al precedente

super-ammortamento del 140% farà una grande differenza

nell’indurre le aziende a reinvestire per riportare in Italia la pro-

duzione, rinnovare gli impianti e renderli più smart. Ritengo

però che, al di là degli incentivi, in Italia serva anche fare cultura

dell’innovazione, perché permane una forte resistenza al cam-

biamento e una tendenza ad aggrapparsi alla tradizione e alla

conservazione nel modo di operare delle aziende. Come ABB

siamo impegnati da tempo a promuovere la cultura dell’inno-

vazione, della ricerca, dell’automazione avanzata e della con-

nettività, che sono fiori all’occhiello dei nostri stessi stabilimenti.

Spesso e volentieri ospitiamo i nostri clienti a Dalmine e Frosi-

none per mostrare concretamente che cosa significa cambia-

mento. In particolare, lo SmartLab di Dalmine è un laboratorio

tecnologico, dove si possono vedere in azione tutte le tecnolo-

gie sviluppate da ABB nell’ottica dell’innovazione.

Randieri:

La tendenza al reshoring, oggi cavallo di battaglia della

politica Trump, ha iniziato per la prima volta a manifestarsi negli

USA sin dal periodo antecedente la crisi del 2009. Tra il 1998 e

il 2012 la manifattura americana ha avuto una forte riduzione

del prodotto interno lordo, passando dal 15% all’11%, perlopiù

causato dalla progressiva migrazione all’estero delle attività pro-

duttive che ha danneggiato l’indotto, sia nell’industria sia nel

terziario, arrivando a bruciare quasi 6 milioni di posti di lavoro.

Innescando un effetto moltiplicatore negativo che ha generato

perdite all’economia la cui stima è stata superiore al valore della

produzione delocalizzata. Per porre rimedio a ciò e spinta da ef-

fetti convergenti quali la diminuzione del costo dell’energia e il

progressivo rincaro della manodopera cinese, l’amministrazione

americana si è attivata predisponendo tutta una serie di misure

per facilitare il reshoring, ben presto imitata anche da alcuni Paesi

europei, primi fra tutti il Regno Unito: incentivi alla ricerca e svi-

luppo, agevolazioni fiscali, hub industriali ecc.

In Italia e in Europa il fenomeno è più recente, qualcosa si muove

nelle aziende manifatturiere che quantomeno sono fortemente

‘stuzzicate’ nel ripercorrere all’indietro la via per l’oriente. A mio

avviso però è ancora troppo presto per immaginare un trend

che nettamente faccia recuperare al nostro Paese una manciata

di punti di PIL nel comparto manifatturiero, ma di certo il resho-

ring è un’opportunità che va attentamente presa in considera-

zione e non va sprecata, soprattutto nell’ottica di rinvigorire il

valore originario del Made in Italy: quel ‘saper fare bene’, che

ancora oggi malgrado la forte crisi continua a costituire il no-

stro più grande patrimonio industriale, che deve essere tute-

lato e tramandato alle future generazioni. In Italia il saldo tra le

aziende che lasciano il Paese e chi rientra è purtroppo ancora

negativo, tuttavia diverse imprese che avevano delocalizzato

in Cina, Vietnam, Romania timidamente iniziano a tornare a

produrre a casa propria. Le dimensioni del fenomeno in Italia

per il momento sono ancora fortemente circoscritte e inferiori

rispetto agli Stati Uniti, anche perché in Italia purtroppo non

esiste lo shale gas (gas metano estratto da giacimenti non con-

venzionali in argille parzialmente diagenizzate, derivate dalla

decomposizione anaerobica di materia organica contenuta in

argille durante la diagenesi), di contro l’energia è più cara del 30%

rispetto alla media europea, rendendo le nostre imprese meno

competitive nell’attrarre investimenti e capitali esteri. Il resho-

ring italiano rimane quindi circoscritto alle produzioni di qualità,

in particolare la manifattura associata al Made in Italy, e quelle

delle tecnologie complesse che richiedano una forte interazione

tra il centro di ricerca e sviluppo e quello di produzione. Mi ri-

ferisco alle produzioni complesse pensando in particolar modo

all’automazione industriale spinta e alla meccanica di precisione

che richiedono un mix di conoscenza, tecnologia e lavoro spe-

cializzato, per nostra fortuna, ancora difficilmente replicabili nei

Paesi emergenti. Sin quando rimarrà l’incertezza sul futuro, anche

chi potrebbe tornare o rafforzare la sua presenza tende a rinviare

la decisione. Molti preferiscono limitare al minimo le nuove as-

sunzioni, anche se in questo periodo le azienda ne avrebbero

probabilmente bisogno. Gli imprenditori delle piccole realtà pro-

duttive sono rimasti traumatizzati dal fatto di aver dovuto licen-

ziare, negli anni più duri della crisi, i propri dipendenti. Per molti

quella decisione è stato un trauma perché dietro ogni dipendente

c’è sempre una persona con cui si è lavorato per molti anni e con

cui si è stretto un rapporto particolare. Oggi, prima di tornare ad

assumere, vogliono pensarci due volte. Devono evitare di trovarsi

di nuovo in una situazione come quella vissuta. Sono tuttavia le

imprese di dimensione maggiore quelle che alimentano soprat-

tutto il fenomeno del reshoring.

Zuffada:

Gli incentivi sono importanti soprattutto nella fase ini-

ziale nella quale le aziende stanno pensando di tornare a pro-

durre nel Paese d’origine e devono essere aiutate a decidere.

Il solo incentivo non può essere il motivo principale per cui si

applica il reshoring. Si è delocalizzato principalmente per essere

competitivi ed è per essere ancora più competitivi che si può

e si deve tornare. La sfida si deve spostare dal piano del solo

costo del lavoro a quello del miglioramento del processo indu-

striale basato sull’innovazione tecnologica e la digitalizzazione

del processo manifatturiero. I fattori abilitanti che rendono

possibile questo cambiamento sono vari e vanno dalla dispo-

nibilità e qualità delle soluzioni tecnologiche, alle infrastrutture

digitali, alle competenze umane e agli investimenti finanziari. In

particolare, l’incremento della digitalizzazione e della connet-

tività nelle fabbriche permetterà di colmare il gap esistente tra

Foto tratta da www.pixabay.com