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MARZO 2017

AUTOMAZIONE OGGI 396

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delocalizzata: essere competitivi oggi non è più solo una que-

stione di prezzo e manodopera a basso costo, quanto piuttosto

di ricerca, professionalità e competenze.

Cristian Randieri:

Il reshoring ultimamente è un fenomeno di cui

si sente parlare sempre di più e rappresenta oggi un argomento

molto ‘intrigante’ poiché, di fatto, è opposto per definizione a

quello dell’offshoring. Dopo decenni di delocalizzazione stiamo

assistendo a un’inversione di tendenza, per cui ormai è quasi

una realtà che negli ultimi anni

gli imprenditori italiani rientrino

(o quantomeno valutino attenta-

mente di rientrare) nel Paese di

origine. I costi di produzione sono

notevolmente aumentati nei Paesi

asiatici e la logistica rappresenta

oggi un problema ancor più aggra-

vato dalla crisi delle grandi compa-

gnie che movimentano container.

Sempre più aziende che prima e

durante la crisi avevano delocaliz-

zato, ora scelgono di rimpatriare,

spinte da diversi fattori tra cui l’au-

mento dei costi del lavoro in Asia

e i sintomi di ripresa in America ed

Europa, talvolta favorite da politiche fiscali e di semplificazione

tese a riattrarre in patria le imprese. Ma c’è di più: negli anni scorsi

l’esigenza dei consumatori cinesi in termini di qualità è cresciuta

a due cifre grazie al diffondersi di una classe media sempre più

numerosa. Persone che cercano prodotti ‘fatti bene’ che non vo-

gliono sentir parlare di ‘Made in China’ bensì di ‘Made in Italy’.

Il reshoring oggi è ormai una realtà confermata anche da uno

studio recente condotto dalla Cbi, la Confindustria inglese, che

conferma questa tendenza tra i dirigenti delle maggiori imprese

di UK, Italia, Germania, Francia e Olanda.

Anche in Italia sono stati condotti diversi studi in merito, tra cui

quello del gruppo di ricerca Uni-Club More Back-reshoring dal

1997 al 2013, a cui partecipano gli atenei di Catania, L’Aquila,

Udine, Bologna, Modena e Reggio Emilia. Tale studio eviden-

zia come al concetto di reshoring si possa aggiungere anche il

near-reshoring, etichetta con cui si intende descrivere l’azienda

straniera che decide di spostare la propria produzione o parte

di essa in un Paese più vicino alla casa madre (in questo caso,

l’Italia). Chiaramente la partita del ritorno della manifattura in

Italia si gioca sul piano delle sfide tecnologiche imposte dall’In-

dustria 4.0 e dalle condizioni e politiche che l’amministrazione

intenderà mettere in atto per rendere ancora più competitivo il

nostro Paese.

Sicuramente far tornare in Italia la manifattura è l’unica e l’ul-

tima possibilità per riportare ‘a casa’ parte del lavoro perduto.

Tutto ciò oggi non è più utopia: il reshoring è già una realtà di

molte aziende. Ma non basta, servono politiche economiche che

sostengano in modo serio chi ha ancora voglia di fare impresa

in Italia, unite a una nuova strategia industriale che punti

sull’innovazione della fabbrica, sempre più intelligente.

Marco Filippis:

Le motivazioni fondamentali della rilocalizza-

zione produttiva verso i Paesi d’origine è sicuramente legata a

una serie di fattori che hanno favorito una sostanziale retromarcia

strategica, dovuta certamente a motivazioni di carattere econo-

mico. Costi di trasporto troppo variabili a causa delle continue

variazioni del petrolio, la lentezza dei trasferimenti via nave a oggi

incompatibili con le tempistiche del mercato e infine, l’inevitabile

aumento dei salari nei Paesi emergenti hanno di fatto indotto le

aziende italiane a re-investire in Italia. Soprattutto per le aziende

appartenenti ai settori merceologici robusti e caratterizzati da

una grossa fetta di introiti sulla voce ‘export’, il re-shoring ha fa-

vorito la riflessione dell’intero comparto industriale sul tema della

qualità del prodotto finale e sul valore aggiunto fornito dagli ope-

ratori del settore. Il re-shoring, per quanto consistente, evidenzia

un limite strutturale legato al fatto che è impossibile che si au-

toalimenti all’infinito. Per tale ragione è fondamentale che ci sia

una strategia politica in materia di sviluppo che attragga i capitali

multinazionali, favorisca la nascita di start-up innovative e renda

virtuoso il processo di rientro.

Roberto Zuffada:

I dati dell’ultimo anno dimostrano che le im-

prese che sono tornate o che intendono tornare a produrre nel

Paese europeo di origine sono sensibilmente aumentate. L’inver-

sione di tendenza si sta concretizzando principalmente perché il

costo della manodopera, delle materie prime e del trasporto dei

prodotti finiti, nei Paesi dove più si è de-localizzato, è in netto

aumento e tornare a produrre dove l’azienda è localizzata può

dare un vantaggio competitivo nella valorizzazione del marchio,

soprattutto per i prodotti con grande valore aggiunto. Spesso la

qualità di produzione nei Paesi di origine è migliore e la minore

distanza, anche culturale, tra la ricerca e sviluppo e i siti produttivi

aiuta a migliorare sia il prodotto sia il processo di manufacturing.

Francesca Selva:

Indubbiamente negli ultimi 2/3 anni c’è stata

un’inversione di tendenza, dopo anni in cui le aziende italiane ed

europee hanno trasferito parte della produzione in Paesi dove il

costo della manodopera era nettamente più favorevole, ora l’o-

biettivo è riportare la produzione nei Paesi di origine. Le ragioni

sono molteplici. Se è pur vero che il costo della manodopera è

inferiore, le spese aggiuntive dovute agli espatriati, ai trasporti e

ai costi sommersi non facilmente identificabili, hanno fatto com-

prendere che una gestione diretta e nel proprio territorio ha note-

voli vantaggi. Inoltre la competitività si vince maggiormente con

la differenziazione e l’innovazione piuttosto che con il solo prezzo.

A.O.:

Certamente un fenomeno da favorire dal momento che il

mercato internazionale è sensibile alle produzioni 100% Made in

Italy. E certamente una sfida per le aziende. Ma cosa serve per at-

tuarlo?

Selva:

Il Piano Calenda lanciato lo scorso settembre dal Go-

verno è una misura molto forte e interessante per rilanciare il

manifatturiero in Italia.

È

indubbio che i macchinari e i processi

produttivi delle nostre aziende non sono sempre adeguati al

mercato, quindi sono necessari investimenti in tecnologia, ma

anche nella revisione dei business model delle nostre aziende.

Boffa:

ABB è una multinazionale con una forte presenza in Italia

che ci consente di beneficiare del valore aggiunto del Made in

Italy, sia all’interno della nostra organizzazione, sia nei rapporti

commerciali con le aziende clienti. Sul fronte interno ABB, in

Italia abbiamo diversi centri di competenza, come per esempio

gli stabilimenti di Dalmine e Frosinone, dove possiamo contare

su risorse altamente qualificate in ambito di ricerca e sviluppo.

Un’altra eccellenza italiana di ABB è il portafoglio di soluzioni

per la mobilità elettrica, che consente i servizi di ricarica dalla

Cristian Randieri,

Intellisystem

Technologies