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TAVOLA ROTONDA

AO

piccola auto all’autobus e che ha il proprio ‘cuore e cervello’ in

Italia. Se, quindi, il Made in Italy aiuta noi stessi nell’accesso a

competenze e risorse qualificate, sul fronte esterno ci offre un

enorme parco di aziende manifatturiere votate all’export che

usufruiscono delle nostre tecnologie per sviluppare le loro solu-

zioni Made in Italy. Nonostante le pesanti delocalizzazioni degli

ultimi anni, l’Italia resta ancora in buona posizione nella classifica

dell’industria manifatturiera mondiale: la svolta del reshoring sarà

salutare e ci aiuterà a risalire nella classifica.

Randieri:

In Italia quando si parla di reshoring tipicamente ci si

riferisce al comparto tessile e calzaturiero, poiché assieme rap-

presentano oltre il 43% del totale, settori che storicamente sono

stati sinonimo di eccellenza del Made in Italy, a cui seguono l’e-

lettronica-elettrotecnica (quasi 19%) e infine automotive, mecca-

nica, mobili e arredo che raggiungono a malapena il 5% ciascuno.

Le aziende che ancora oggi scelgono di produrre in Italia sono

la conferma di quanto, per prodotti di qualità e prezzo elevato,

sia più importante il luogo di produzione del costo di trasporto.

La sfida per trattenere e riportare la manifattura in Italia riguarda

più che altro il riposizionamento verso produzioni complesse e di

qualità, per le quali è fondamentale il legame con il territorio che

deve essere capace di innovare e controllare l’intero ciclo produt-

tivo, partendo dalla progettazione per giungere alla realizzazione

e all’offerta del servizio al cliente. Di fatto le poche imprese ita-

liane che si accingono al fenomeno del reshoring sono quelle in

grado di sperimentare costantemente nuove tecnologie e nuovi

modelli organizzativi. In altre parole, quelle che facendo leva sulla

ricerca e sviluppo mostrano maggiore capacità di fare del rap-

porto col territorio un vantaggio competitivo. In realtà il resho-

ring è un fenomeno non facile da favorire. Anche se considerato

come una delle scommessa atte a favorire la crescita dell’industria

italiana intesa come cardine per lo sviluppo dell’intero Paese. Una

scommessa che si gioca sull’attrazione di investimenti internazio-

nali (che iniziano a mostrare un timido aumento, anche se an-

cora insufficienti) e sulla promozione di investimenti interni volti

all’espansione delle imprese italiane sui mercati esteri. Occorrono

nuove strategie convergenti capaci di indurre un attivismo mani-

fatturiero adatto a sfide industriali non solo europee ma anche

globali. Per poter sostenere questa sfida bisognerebbe avere una

pubblica amministrazione più snella, trasparente ed efficiente

che, facendo leva su una giustizia tempestiva ed efficace, sia ca-

pace di sradicare tutti i fenomeni di illegalità, corruzione e concor-

renza sleale delle imprese. Un fisco meno esoso caratterizzato da

regole semplici e chiare. Infrastrutture materiali e tecnologiche di

alto livello che partano da una viabilità più efficiente per arrivare a

una maggiore diffusione della banda larga. Maggiore attenzione

per tutte le attività di ricerca e formazione che mettano al primo

posto il concetto di qualità. In altre parole, la ridefinizione di un

ambiente più naturale che sia favorevole non solo per l’impresa,

ma anche per la cultura di mercato e la competizione. Il reshoring

deve essere attuato partendo dal concetto ‘di fare meglio e di

più’ per arrivare a una condizione di sviluppo economico che sia

capace di colmare il gap di memoria tra passato e futuro, inte-

grando vecchie e nuove competenze che non possono più pre-

scindere dall’applicazione del concetto di digital manufacturing.

Per tornare a produrre in Italia occorrono competenze, esperienza

e cultura d’impresa capaci di rivalutare il concetto del Made in

Italy, focalizzandosi su quei fattori (il capitale umano, il capitale

sociale, le esperienze di territori di antica e solida industrializza-

zione, l’attitudine alla flessibilità e all’innovazione di processo) ca-

paci di rimettere in gioco il connubio tra tradizione e innovazione,

secondo il puro e inconfondibile stile italiano che da sempre ci

contraddistingue.

Filippis:

Il fenomeno del re-shoring rappresenta per l’industria

italiana un veicolo per fortificare, regolamentare e riqualificare il

Made in Italy come prodotto di eccellenza. Esiste un forte paral-

lelismo con la filosofia di Mitsubishi Electric, che ha fatto della

qualità Made in Japan un cavallo di battaglia e che ha custo-

dito gelosamente, anche quando sembrava molto più semplice

delocalizzare le produzioni verso Paesi in cui il costo del lavoro

risultava drammaticamente più basso rispetto agli standard

giapponesi. Naturalmente questo processo, tutt’altro che sem-

plice, ha imposto una rivisitazione

pesante del processo produttivo

volto all’incremento dell’efficienza

nei vari reparti. Sin dal 2005, Mitsu-

bishi Electric ha implementato un

processo innovativo delle proprie

fabbriche chiamato e-F@actory,

che ha posto le basi per quello che

molti anni dopo è diventato il pa-

radigma Industry 4.0. Automatiz-

zazioni delle linee produttive con

un’elevata quantità di dati raccolti

e scambiati con i sistemi informa-

tivi aziendali via MES sono state le

colonne portanti di un concetto

che adesso vede un’alleanza di oltre 3.000 partner e che garan-

tisce una soluzione completa dal livello di fabbrica fino al livello

business. Lavorare in questa direzione, con l’aggiunta di una poli-

tica di rivalutazione della solidità economica nazionale, potrebbe

valorizzare e incrementare la sfida del re-shoring per le aziende

italiane.

Zuffada:

Il Made in Italy è importante, dobbiamo farlo valere di

più, ma non può essere l’unico motivo per cui un’azienda che,

ha deciso in passato di delocalizzare, torni a produrre in Italia. Si

torna a produrre soprattutto se si ha un vero vantaggio competi-

tivo rispetto al mercato. L’Italia quanto a competenze, esperienza

e attitudine alla flessibilità di processo non ha bisogno di lezioni

da parte di nessuno, se recuperiamo competitività industriale e

velocità nel rispondere alle richieste del mercato possiamo vin-

cere tutte le sfide internazionali.

A.O.:

Negli USA il fenomeno è do-

vuto principalmente a incentivi volti

a favorire il ritorno delle imprese. In

Italia?

Selva:

Come detto il ritorno della

produzione in Italia è figlio della

presa di coscienza dei vantaggi

che possono derivare dalla sem-

plificazione organizzativa, ma

anche delle opportunità messe a

disposizione dal governo come

la nuova Sabatini e il super e iper-

ammortamento.

Marco Filippis,

Mitsubishi Electric

Francesca Selva,

Messe Frankfurt Italia

MARZO 2017

AUTOMAZIONE OGGI 396

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