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rmo

marzo 2016

10051:1991+A1:1997 divide la lamiera in varie classi.

Senza entrare nel merito dei valori tabellari per ragioni

di brevità, basti considerare che, ad esempio, una lastra

da 2 mmnominali può avere uno spessore variabile del

14% nel caso migliore, e del 31% nel caso peggiore.

Chi di taglio ferisce, di taglioperisce.

Mentre la ceso-

iaturamodifica le fibre della lamiera, il taglio al plasma,

al laser o l’ossitaglio generano uno shock termico loca-

lizzato sui bordi del foglio e sul perimetro dei fori, che

non può essere ignorato.

Per questi motivi, una buona pressa piegatrice non può

e non deve basarsi su nessun tipo di banca dati, e non

può fare affidamento su nessun software di calcolo o

previsione. Non esiste algoritmo in grado di prevedere

il comportamento della lamiera. Pensare che l’acciaio

si comporti come unmateriale perfetto e immutabile è

un sogno che porta presto a un brusco risveglio.

Se la piegatura non è perfetta, le saldature sono più dif-

ficili, la verniciatura si complica e il montaggio diventa

più complesso, specialmente in caso di assemblaggi con

tolleranze molto strette. Aumentano anche gli sprechi

di materiale e le ore di lavoro necessarie.

Questi quattro fattori possono ridurre i margini di

un’azienda, se vengono ignorati invece che affrontati.

Il piegatore e la pressa devono conoscere a fondo il

materiale, saper reagire ai cambiamenti e adattarsi per

garantire sempre il risultato ottimale.

L’unicomodo per gestire la bombatura è usare una tec-

nologia che misuri la deformazione effettiva e la cor-

regga in tempo reale. Solo così si può essere certi che, a

prescindere dalle caratteristiche variabili del materiale,

il risultato sarà sempre all’altezza delle richieste. Qual-

siasi altra tecnologia peggiorerà la qualità della piega

e, a cascata, quella dei pezzi finiti.

Andrea Bustreo, product engineer – R&D, Gasparini.

mente una deformazione della traversa superiore. Per

esempio, passando da un acciaio da 275 MPa a uno da

320 MPa avremo una differenza di 0,05 mm in altezza.

Potrà sembrare un valore trascurabile, ma per ottenere

un errore di 1° su 90° basta davvero poco.

In altre parole, uno spessore inferiore a quello di un fo-

glio di carta (che misura circa 0,1 mm) provoca già diffe-

renze molto evidenti. Teniamo a mente che cave strette

come queste sono usate per piegare lamiere sottili in

applicazioni che richiedono solitamente qualità molto

elevata.

I dati di targa dell’acciaio che acquistiamo, attendibili o

meno, perdono completamente di significato quando

modifichiamo la lamiera. I fori cambiano la resistenza

alla deformazione lungo la linea di piega, sia nel caso di

taglio termico sia per asportazione di truciolo.

Se poi nello stesso pezzo abbiamo alcune pieghe su parti

piene e altre che cadono sulle parti vuote, è impossibile

fare pronostici. Le punzonature inoltre introducono

anche tensioni interne che rendono ancora più difficile

gestire la bombatura pensata come quota fissa di de-

formazione.

Le condizioni reali contano.

L’acciaio è un materiale

vivo. La direzione di laminazione crea delle fibre nella

struttura, perciò piegare una lamiera in parallelo o per-

pendicolare a questa direzione avrà effetti diversi sia

nella forza di piega sia nel ritorno elastico.

Una lastra appena decapata ha una resistenza più alta

rispetto a una che ha subito un invecchiamento e una

ossidazione superficiale, anche dopo poche settimane.

Oltretutto, non è la stessa cosa piegare un acciaio ro-

vente o uno esposto al gelo invernale: la temperatura

influisce sulle condizioni di lavorazione e porta a risul-

tati diversi. Anche le stesse caratteristiche dimensionali

sono estremamente variabili, soprattutto per quanto

riguarda lo spessore. A tale proposito, la normativa EN

A sinistra, Andrea Bustreo; a destra, una fase di taglio laser.