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Efficiency & Environment - Ottobre 2017
L’energia da fonti rinnovabili:
i sistemi di accumulo
in tempi lunghi. Oltre a questo, il vincolo che fa sì che Terna
possa investire solo su sistemi elettrochimici porta a puntare
sulle batterie, soluzione meno conveniente rispetto a pom-
paggi e aria compressa, con conseguente aggravio per gli
utenti. Bisognerebbe forse rivedere il quadro normativo”. Nel
frattempo però che si dipanino i dubbi sulle regole del sistema
normativo, i grandi colossi industriali continuano a investire:
Nicola Cosciani, direttore della business unit Energy storage
solution di Fiamm, una multinazionale tascabile, come si usa
dire nel settore, non ha dubbi: “Quadruplicheremo il giro di
affari dei sistemi di accumulo entro tre anni. Per far questo,
abbiamo previsto un piano di investimenti che coinvolgerà
l’Italia, l’Asia e gli USA per un impegno complessivo di 40 mi-
lioni di euro”. Il punto di forza del gruppo vicentino, consi-
derato tra i big player mondiali dei sistemi di accumulo, si
conferma la tecnologia delle batterie sodio-nickel. Il fatturato
del 2016 si è attestato su un valore di 410 milioni di euro. Nel
futuro di Fiamm c’è il poten-
ziamento per il 2017/2018 dei
nuovi prodotti, la valorizzazio-
ne dei mercati di nicchia, la ri-
cerca di alleanze e sinergie, la
revisione di linee di business:
“Siamo fornitori di Terna, Enel,
e di nuovi e importanti mer-
cati, interpretando, crediamo
nel migliore dei modi, i biso-
gni sempre più impellenti di
energie pulite ed ecososteni-
bili”. E a proposito di bisogni
e impellenze del mercato, un
altro obiettivo comune del-
le utility è, negli ultimi anni,
collegato alle infrastrutture
per la ricarica delle auto elet-
triche e ai veicoli a zero emissioni, perché la svolta green
della mobilità sembra essere ormai imminente nel mercato
globale. Senza dimenticare poi l’interesse rivolto all’uso do-
mestico, ai sistemi per la casa, la domotica e le apparecchia-
ture per le smart home come i termostati intelligenti per la
regolazione ottimale della temperatura e i contatori che
aiutano a ridurre i consumi. In questo contesto si colloca
l’impegno di Enel, che secondo il rapporto di Ernst & Young
ha investito nell’acquisizione dell’azienda statunitense De-
mand Energy (tramite la controllata Green Power America),
specializzata nella progettazione di sistemi per lo storage.
Più d’avanguardia il progetto messo in campo dalla società
europea E-ON, con sede centrale a Düsseldorf, attraverso il
finanziamento della start-up britannica Kit Power Solutions,
che mira a produrre energia pulita dai venti di alta quota con
l’aiuto di vele simili a quelle del kitesurf. Insomma, non è più un
segreto per nessuno che per il pieno successo e una diffusio-
ne su larga scala delle fonti di energia rinnovabile il passaggio
decisivo è riuscire a trovare un modo di conservare efficiente-
mente l’elettricità generata, e di immetterla in rete quando ce
n’è bisogno. Un obiettivo possibile solo grazie al non semplice
problema dello storage di elettricità proveniente da fonti puli-
te. Risolvere questo problema è il passo definitivo che ci separa
dalla piena trasformazione del sistema energetico.
giare, grosso modo, la domanda in momenti di
basso carico, come avviene in una giornata fe-
stiva. Si possono avere situazioni, anche a livello
regionale, in cui la quantità di macchinari rotan-
ti in funzione, cioè turbine a vapore a gas o idro-
elettriche, è piuttosto limitata e dunque c’è una
carenza di capacità regolante su diverse scale
temporali: da quella delle frazioni di secondo a
quelle delle decine di minuti o ore. In questi mo-
menti c’è necessità di fare aggiustamenti della
produzione in funzione dell’andamento della
domanda e anche della produzione stessa, dato
che ad esempio il fotovoltaico cessa di produrre
abbastanza bruscamente al tramonto. L’esigen-
za di sistemi di accumulo dunque sarà sempre
maggiore quanto più aumenterà la produzione
delle rinnovabili non programmabili.” Di fronte
alla chiarezza di simili osservazio-
ni, un dato lascia particolarmente
perplessi: l’utilizzo degli accumu-
li, ossia dei pompaggi idroelettri-
ci, in Italia in questi ultimi anni,
nonostante il boom delle rinno-
vabili non programmabili, è crol-
lato. “Purtroppo la maggioranza
di questi impianti si trova sull’ar-
co alpino, mentre gran parte del-
la produzione da rinnovabili non
programmabili è al Centro-Sud:
il loro utilizzo è dunque inibito
da vincoli di rete. Ci sono poi da
fare considerazioni strettamente
commerciali: un produttore che
gestisca sia impianti di pompag-
gio sia centrali a ciclo combinato
a gas può nella sua economia interna trovare
più conveniente bruciare un po’ di gas piuttosto
che usare l’acqua e perdere l’occasione di uti-
lizzarla in momenti più remunerativi. Insomma,
gli accumuli migliorano l’efficienza del sistema
e dunque portano beneficio a tutti, ma richie-
dono investimenti ingenti a fronte di ritorni lun-
ghi e incerti. Rimane il discorso che con l’andare
degli anni e l’aumento della quota di rinnovabili,
i conti con gli accumuli bisognerà farli. Qualcu-
no dovrà fare questi investimenti”.
Chi se ne occupa?
“Ad oggi” continua Mazzocchi “è stato stabi-
lito che se l’accumulo è di tipo elettrochimico
se ne debba occupare il gestore di rete, ossia
Terna, mentre per impianti a pompaggio o ad
aria compressa dovrebbero essere i produttori
a investire. La cosa è però asimmetrica: gli in-
vestimenti di Terna, soggetti ad approvazione
ministeriale, hanno infatti un ritorno garantito,
dato che sono remunerati (tramite l’apposita
componente in bolletta) a un tasso predefinito;
il privato invece deve affrontare rientri incerti e
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