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Efficiency & Environment - Marzo 2016

Il recupero dello zolfo dalle fonti di energia

Uno dei settori che sta ricevendo grande attenzione dal punto

di vista ambientale è quello dei rifiuti delle fonti di energia

fossili, oggi usate in ragione di circa 13 miliardi di tonnellate

all’anno sotto forma di carbone (circa 6), petrolio (circa 4) e

gas naturale (circa 3 miliardi di t/anno). ‘Purtroppo’ la natura

ha preparato queste fonti fossili nel sottosuolo, trattando

ammassi di organismi vegetali o animali vissuti centinaia di

milioni di anni fa e poi sepolti sotto strati di rocce, e decomposti

con processi chimici e microbiologici, senza pensare che un

giorno sarebbero stati bruciati nei forni, nelle fabbriche e

nelle automobili e che alcuni componenti avrebbero potuto

essere nocivi per i futuri ‘consumatori’. Una delle prime

nocività riciclabili dell’uso dei combustibili fossili è stato

lo zolfo, presente in quasi tutti i combustibili fossili in varie

forme chimiche, da zolfo elementare a idrogeno solforato a

solfuri metallici a zolfo combinato in molecole organiche, in

concentrazioni da pochissime ad alcune unità percento.

Durante la combustione dei carboni lo zolfo si libera in forma

ossidata, come SO 2 e SO 3 : questi ossidi si combinano con

altre componenti della combustione e dell’aria e ricadono

come acidi al suolo, trascinati dalle polveri o dalle piogge.

Questo inquinamento, combinato con quello dovuto agli

ossidi di azoto che pure si formano nelle combustioni, è

stato riconosciuto come fonte di ‘piogge acide’, un termine

coniato nel 1872 dal chimico scozzese Robert Angus Smith,

con effetti corrosivi sulle strutture degli edifici, su qualsiasi

materia esposta all’aria e con alterazione del pH dei laghi e

danni ai boschi.

In seguito a numerose proteste i governi hanno cominciato a

porre dei limiti alla quantità massima di zolfo consentita nei

vari combustibili; molte centrali termoelettriche a carbone

hanno dovuto applicare processi di assorbimento degli

ossidi di zolfo su sali inorganici; si sono così formate rilevanti

quantità di solfato di calcio dal quale lo zolfo è difficilmente

recuperabile. Più favorevole è la situazione del recupero

riciclo delle scorie se i processi industriali fossero

stati modificati in modo da assomigliare di più ai

‘cicli chiusi’ della natura. Per esempio producendo

merci i cui rifiuti fossero degradabili dagli organismi

decompositori naturali o meglio riciclabili: una

vera e propria terza rivoluzione industriale e

commerciale. Pur con la consapevolezza che

non sarebbe mai stato possibile arrivare a una

società con riciclo integrale, con rifiuti zero,

molti progressi sarebbero stati possibili se i rifiuti

fossero stati raccolti in modo da mettere insieme

tutti quelli che possedevano caratteri chimici

simili per facilitare la loro trasformazione ancora

in merci utili. Ciò poteva essere realizzato con

varie pratiche di ‘raccolta differenziata’ il cui

successo, peraltro, dipende in gran parte dalla

conoscenza dei caratteri dei rifiuti, un’operazione

culturale. Un’efficace raccolta di rifiuti è possibile

in alcuni processi commerciali e industriali; nella

grande distribuzione è possibile raccogliere

separatamente alcuni tipi di imballaggi come i

cartoni, quasi subito riciclabili con limitate perdite;

il trattamento di residui di merci complesse, come

macchinari e autoveicoli, costituiti da componenti

di diversi materiali, comporta trattamenti di

preselezione più complessi; nel caso dei rifiuti

delle famiglie è più difficile ottenere le varie

frazioni separate efficacemente, anche perché i

consumatori non si rendono conto, in generale,

che le varie frazioni della raccolta differenziata

sono utilmente riciclabili soltanto se di qualità

quanto più possibile omogenea. Il riciclo insomma

sarà tanto più efficace quanto più il produttore

di rifiuti e il riciclatore saranno informati sulla

provenienza dei rifiuti e sulla loro composizione

chimica e fisica; sulla merceologia dei rifiuti.

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Che la quantità di prodotti utili

recuperati è sempre inferiore e la

qualità peggiore rispetto a quelle

dei rifiuti trattati

Una delle prime nocività

riciclabili dell’uso dei

combustibili fossili è stato lo zolfo

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Il biologo americano

Barry Commoner

(1917-2012)