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Efficiency & Environment - Marzo 2016
membri) che rappresentano circa il 99% della popolazione e
delle emissioni mondiali. Tranne pochissime eccezioni, tutti
i Paesi emettitori di gas serra hanno dichiarato impegni a
limitare le loro emissioni.
C’è stata quindi una grandissima partecipazione a questo
nuovo approccio e le riduzioni delle emissioni previste da
questi Indc sono molto più elevate di quanto prevedeva
il Protocollo di Kyoto. Nonostante questo sono impegni
ancora insufficienti per raggiungere l’obiettivo scritto
nell’Accordo di Parigi quello di “
mantenere l’incremento
della temperatura media mondiale ben sotto i 2 gradi
rispetto ai livelli pre-industriali e fare sforzi per limitare
l’incremento della temperatura a 1,5 °C, riconoscendo che
ciò ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti del
cambiamento climatico
”. In altre parole, l’asticella degli
sforzi degli Stati è stata parecchio alzata, ma il ritardo
accumulato fa sì che gli impegni oggi decisi non possano
essere considerati sufficienti.
E chi non rispetta gli impegni?
Molto si è discusso su quanto questi impegni volontari hanno
o no un carattere vincolante: pur se vero che non sono
previste, per ora, sanzioni per chi non dovesse rispettare gli
impegni sottoscritti con gli Indc, va detto che nell’Accordo
di Parigi ci sono alcune parti che individuano impegni
legalmente vincolanti, ad esempio quelle procedurali, o
sulle verifiche e i controlli, il coordinamento sulle scadenze
e la trasparenza delle comunicazioni dei Paesi.
L’obiettivo definito per la mitigazione è molto ambizioso, ed
è arrivato dopo un braccio di ferro prolungato, in cui hanno
giocato un ruolo chiave i Paesi più poveri e quelli delle piccole
isole del Pacifico, i più colpiti dagli impatti del cambiamento
L’
Accordo di Parigi, approvato
nella
XXI
sessione
della
Conferenza delle Parti della
Convenzione ONU sul clima
che si è svolta nella capitale
francese, rappresenta un importante passo
in avanti nel negoziato internazionale sul
clima. Dopo 15 giorni di trattative serrate,
ben coordinate dalla presidenza francese, il
consenso di 190 Paesi è arrivato per un testo
equilibrato, di 11 pagine e 29 articoli.
Uno dei punti fondamentali dell’Accordo di
Parigi è una nuova architettura degli impegni
per contrastare il surriscaldamento globale,
un regime definito bottom-up, perché basato
su offerte e revisioni volontarie. A lungo nel
passato si è cercato di costruire un nuovo
accordo globale che prevedesse impegni
vincolanti di tutti gli Stati, sulla base di una
qualche declinazione condivisa di un principio
di equità; questo tentativo si è concluso con la
COP15 di Copenhagen, nel dicembre del 2009.
Alla base dell’Accordo di Parigi ci sono invece
gli Indc (Intended Nationally Determined
Contribution, vale a dire i contributi promessi
stabiliti a livello nazionale): sono impegni
volontari trasmessi dagli Stati, riguardanti
principalmente impegni a ridurre le emissioni
(o a contenerne l’aumento). Le dichiarazioni
di Indc arrivate prima e durante la COP21
sono state 160, da parte di 187 Paesi (l’Unione
europea ha inviato un unico Indc per i 28 Stati
Attualità
Il passo in avanti
dell’Accordo di Parigi
Stefano Caserini
Nell’Accordo una nuova architettura
di impegni per contrastare
il surriscaldamento globale
Foto tratta da pixabay.com