21
ITALIA 4.0
2017
ze e fanno fatica a fare breccia in chi è
abituato da anni a gestire le cose nel-
lo stesso modo. Le procedure di acqui-
sto pubblico dell’innovazione sono ob-
solete. Occorre cambiare paradigma. La
trasformazione digitale non si acquista
‘un tanto ad ore’, si progetta insieme,
pubblico e privato, attraverso procedu-
re di partecipazione aperta, di ‘open in-
novation’. Per far questo occorre una
visione, che si costruisce soprattutto
con le competenze del management
della Pubblica amministrazione. Trop-
pi dirigenti pubblici hanno paura oggi
di investire in innovazione perché non
conoscono le tecnologie, perché non
hanno le capacità per gestire il cambia-
mento dei processi e perché non hanno
coraggio di andare oltre i limiti dei pro-
cedimenti burocratici”.
Un Paese che si rispetti e che abbia
dato vita a un piano così ambizioso,
sono necessarie competenze in chia-
ve 4.0. Qual è la sua opinione e come
si sta muovendo il nostro Paese?
“Si è iniziato a lavorare sul tema del-
le competenze per il lavoro 4.0. Sappia-
mo che nei prossimi anni il 50% delle
mansioni cambierà. Entro il 2020 servono
800mila lavoratori 4.0 in tutti i settori,
dal turismo alla metallurgia, non solo di
professionisti ICT (il cui gap accertato è
di circa 25/30mila l’anno). Il gap forma-
tivo non è solo quantitativo, ma anche
qualitativo. Dalle università escono so-
lo 7.500 laureati ICT l’anno (4.700 sono
di Informatica e Ingegneria informatica
vera e propria) e il tasso di abbandono è
altissimo, circa il 60% degli immatricola-
ti. Dal punto di vista qualitativo, nei corsi
di studio universitari ICT manca ancora
un percorso di laurea specifico sul cloud,
mentre ne esistono 6 sui big data e 4
sulla cybersecurity per esempio. Ancora
troppo pochi comunque, specie conside-
rando che i corsi di studio ICT sono solo il
6% del totale. Se poi andiamo a conside-
rare gli skill digitali nei corsi di studi uni-
versitari generali la situazione è ancora
peggiore. Nessun insegnamento informa-
tico nel 70% dei corsi di laurea. Solo il 3%
delle lauree ad indirizzo economia azien-
dale ha contenuti digitali o ICT. L’im-
preparazione dei diplomati rispetto alle
richieste del mercato (che obbliga le im-
prese a difficili ricerche di personale e a
formare ad hoc i diplomati stessi) e la ten-
denza dei laureati triennali di informatica
ad entrare subito nel mercato del lavoro
indicano chiaramente che il rafforzamen-
to del sistema degli ITS (Istituti Tecnici
Superiori, con un biennio successivo al
diploma al posto dell’Università) è la solu-
zione migliore per supplire alla carenza di
qualificazione digitale e ICT dei giovani.
In attesa che il sistema universitario riesca
a rispondere in modo veloce alle esigenze
dell’innovazione tecnologica”.