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ITALIA 4.0

2017

ze e fanno fatica a fare breccia in chi è

abituato da anni a gestire le cose nel-

lo stesso modo. Le procedure di acqui-

sto pubblico dell’innovazione sono ob-

solete. Occorre cambiare paradigma. La

trasformazione digitale non si acquista

‘un tanto ad ore’, si progetta insieme,

pubblico e privato, attraverso procedu-

re di partecipazione aperta, di ‘open in-

novation’. Per far questo occorre una

visione, che si costruisce soprattutto

con le competenze del management

della Pubblica amministrazione. Trop-

pi dirigenti pubblici hanno paura oggi

di investire in innovazione perché non

conoscono le tecnologie, perché non

hanno le capacità per gestire il cambia-

mento dei processi e perché non hanno

coraggio di andare oltre i limiti dei pro-

cedimenti burocratici”.

Un Paese che si rispetti e che abbia

dato vita a un piano così ambizioso,

sono necessarie competenze in chia-

ve 4.0. Qual è la sua opinione e come

si sta muovendo il nostro Paese?

“Si è iniziato a lavorare sul tema del-

le competenze per il lavoro 4.0. Sappia-

mo che nei prossimi anni il 50% delle

mansioni cambierà. Entro il 2020 servono

800mila lavoratori 4.0 in tutti i settori,

dal turismo alla metallurgia, non solo di

professionisti ICT (il cui gap accertato è

di circa 25/30mila l’anno). Il gap forma-

tivo non è solo quantitativo, ma anche

qualitativo. Dalle università escono so-

lo 7.500 laureati ICT l’anno (4.700 sono

di Informatica e Ingegneria informatica

vera e propria) e il tasso di abbandono è

altissimo, circa il 60% degli immatricola-

ti. Dal punto di vista qualitativo, nei corsi

di studio universitari ICT manca ancora

un percorso di laurea specifico sul cloud,

mentre ne esistono 6 sui big data e 4

sulla cybersecurity per esempio. Ancora

troppo pochi comunque, specie conside-

rando che i corsi di studio ICT sono solo il

6% del totale. Se poi andiamo a conside-

rare gli skill digitali nei corsi di studi uni-

versitari generali la situazione è ancora

peggiore. Nessun insegnamento informa-

tico nel 70% dei corsi di laurea. Solo il 3%

delle lauree ad indirizzo economia azien-

dale ha contenuti digitali o ICT. L’im-

preparazione dei diplomati rispetto alle

richieste del mercato (che obbliga le im-

prese a difficili ricerche di personale e a

formare ad hoc i diplomati stessi) e la ten-

denza dei laureati triennali di informatica

ad entrare subito nel mercato del lavoro

indicano chiaramente che il rafforzamen-

to del sistema degli ITS (Istituti Tecnici

Superiori, con un biennio successivo al

diploma al posto dell’Università) è la solu-

zione migliore per supplire alla carenza di

qualificazione digitale e ICT dei giovani.

In attesa che il sistema universitario riesca

a rispondere in modo veloce alle esigenze

dell’innovazione tecnologica”.