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ITALIA 4.0
2017
sul mercato internazionale. Il compito
che ci aspetta oggi è capitalizzare le
competenze e le best practice già pre-
senti sul territorio, mettendole a fattor
comune, valorizzandole come elemento
sistemico di contaminazione digitale
dell’economia italiana e accelerazione
della crescita. Per questo stiamo proce-
dendo alla creazione della rete nazio-
nale dei Digital Innovation Hub presso
le sedi territoriali di Confindustria”.
Dal lato della Pubblica Amministra-
zione i piani devono ora entrare in
rapida fase attuativa. Con chiari
tempi e responsabilità. Cosa fare è
chiaro. È sul come che occorre con-
centrarsi. Concorda?
“Per una PA 4.0 occorre la stessa mobi-
litazione messa in campo per Industria
4.0 e serve la massima collaborazione
del sistema delle imprese. Occorre av-
viare una partnership pubblico-privata,
ai massimi livelli di capacità di governo,
con la giusta determinazione per avvia-
re la definitiva fase di cambiamento. La
trasformazione digitale, infatti, è prima
di tutto un tema di visione e di strategie
che spesso si rivelano ‘disruptive’ de-
gli asset esistenti e che innovano com-
pletamente i processi le competenze, il
modo di concepire ed erogare i servizi
pubblici. Per questo creano resisten-
di incentivi fiscali e di medio-lungo quali
sviluppo di competenze e di infrastrut-
ture, il piano lascia libere le imprese di
decidere in che direzione orientare gli
investimenti, assegnando alla leadership
aziendale la piena responsabilità di co-
me, dove e cosa innovare. Nelle more del
varo del Piano, abbiamo molto insistito e
ottenuto che gli incentivi fossero legati a
un requisito: l’interconnessione fra mac-
chine, robot, rete”.
Il Piano, quindi, è di altissimo interes-
se strategico per la trasformazione di-
gitale del Made in Italy, ma quel è la
molla che fa scattare gli investimenti?
“Va detto, comunque, che la molla
per investire non è mai il solo incenti-
vo fiscale. Un imprenditore investe se
ha una visione. In questo caso se capi-
sce che la sua impresa, ridisegnata, tra-
sformata nei suoi processi, nei prodotti,
nei servizi, introducendo le nuove tec-
nologie, può diventare più competitiva,
crescere, entrare in nuovi mercati. E se il
Piano sta funzionando è perché sempre
più imprenditori ci credono. Il Piano In-
dustria 4.0 ha dimostrato con chiarezza
che la partnership pubblico-privato e il
coinvolgimento diretto della leadership
sono le chiavi di svolta per l’attuazione
della trasformazione digitale del pa-
ese. E il sistema pubblico deve esserne
guida, stimolo ed esempio per questo
profondo passaggio culturale”.
Oggi, il tema delle startup sta pren-
dendo sempre più piede. Ma siamo
davvero sicuri che il nostro Paese sia
in grado di recepirle? Oppure le azio-
ni che sono state messe in campo fino
a ora non sono state in grado di valo-
rizzarle come si sarebbe dovuto?
“In Italia ne sono nate negli ultimi an-
ni oltre 7mila: dietro vi sono tantissimi
giovani, 30-40 mila, che stanno scom-
mettendo sul proprio futuro. Ma a que-
sta grande vivacità non hanno corrispo-
sto nel passato azioni efficaci. Queste
neo imprese innovative fanno troppa
fatica a trovare una exit, a individua-
re una prospettiva di sviluppo. Oggi in
Italia si investono, in termini di ventu-
re capital, appena 160 milioni di euro
l’anno. In Inghilterra sono due miliardi
e mezzo di euro. Vi sono centinaia di
poli tecnologici, di lab, di iniziative sulle
nuove tecnologie, peccato che sono sco-
ordinate fra di loro, non incidono, non
graffiano sul mercato, non portano al
nostro sistema, fatto di piccole e medie
imprese, quelle capacità di trasforma-
zione di cui hanno bisogno per rendersi
più competitive. Soltanto il 10% delle
nostre PMI ha oggi un livello di inten-
sità digitale accettabile per competere