La pandemia ha consolidato l’economia dei dati

Pubblicato il 12 novembre 2020

A cura di Giuseppe Donvito, Partner P101 Milano

Dati, dati, dati. Ora sono al centro dell’economia, il valore più importante. E solo chi li sa sfruttare al meglio vince. Saastock Emea, una delle più importanti conferenze globali sul mondo del software as a service, quest’anno è stata particolarmente emblematica, perché per la prima volta nella sua storia si è svolta da remoto. Insieme a P101, uno dei principali gestori di fondi di venture capital in Italia, specializzato in investimenti in società innovative e technology driven in Europa, hanno partecipato all’evento società ed enti di ricerca, tutto il mondo dei fondi di venture capital e molte aziende globali nel settore del software as a service per il business. I temi che si sono affrontati sono legati a doppio filo alla pandemia e all’effetto che essa ha avuto sulla digitalizzazione.

Per l’Italia che innova, è un momento propizio: in sette anni l’ecosistema dell’innovazione è passato da 0 a 1,4 miliardi di euro di fatturato. Nel 2019 sono stati investiti nel capitale delle start-up innovative intorno ai 600 milioni, e la tendenza non si è arrestata neppure nei mesi di lockdown. Al contrario, è aumentata anche quella che viene definita open innovation. Nel portafoglio del Corporate Venture Capital, infatti, sono cresciute le partecipazioni in start-up: del 23% nel 2020. I dati sono quelli dell’osservatorio sul CVC in Italia a cura di InnovUp – Italian Innovation & Startup Ecosystem.

E sono indicativi dell’accelerazione che la pandemia ha impresso all’innovazione – che passa attraverso la digitalizzazione dei business – e che continuerà a crescere seguendo le direttrici che la stessa Saastock ha delineato e che ripercorriamo a seguire.

Il cielo non è ancora blu (e il cloud lo può schiarire)
Nel 2020 la diffusa trasformazione digitale ha aperto nuove opportunità per alcune aziende, ma ha anche rappresentato una minaccia senza precedenti per altre. Ora che siamo al guado, tutte, quelle che hanno vinto e quelle che hanno perso, devono riflettere e ridefinire le strategie e ricostruire il business sui dati, snellendo i processi e usando l’empatia nella gestione. Per farlo servirà sempre più cloud e un approccio as a service riguardo ai software.

Product (and customer) is King
Creare un ottimo prodotto che “si vende da solo” è il sogno di ogni imprenditore. Ora che stiamo lottando con risorse insufficienti, non sorprende che la crescita guidata dal prodotto sia stata adottata ancora più ampiamente. Ma un prodotto che funziona deve garantire alta qualità e un’esperienza d’uso fluida: per realizzarla bisogna ascoltare attentamente i clienti e allineare l’intero team alle loro esigenze in evoluzione. Per conservare, far aumentare e trovare nuovi clienti che diventino sostenitori fedeli è necessario abbattere i silos interni di ogni organizzazione e fornire un’esperienza olistica. Tutto questo si costruisce in maniera efficace solo avendo a disposizione i dati e sapendo come trasformarli in informazioni.
Bisogna assicurarsi che i clienti, linfa vitale di ogni azienda, considerino il prodotto come un must-have e non come un nice-to-have. Ma, in un mercato volatile, come si prendono le decisioni su prezzo e posizionamento? Come si decide se lanciare un’offerta freemium, spostando il mercato al ribasso o cambiando completamente la strategia di prezzo? Le risposte si trovano, ancora, nei dati sull’utilizzo del prodotto e nelle metriche relative ai canali.

Un nuovo modo di vendere
Quando il mondo si è spostato online, la vendita è diventata improvvisamente un’esperienza virtuale. I vincitori sono quelli che sono usciti rapidamente dai cancelli che definivano la propria zona di comfort, trovando nuovi modi per connettersi con i clienti a distanza. Chi ha perso, lo ha fatto perché ha faticato a cambiare strategia. Ora che il clima si è raffreddato, resta da capire come sia cambiato il processo decisionale degli acquirenti e adeguarvi un modello di vendita che funzioni anche nel new normal.

Lavorare da casa: sarà per sempre?
Il 2020 ha visto in scena il più grande esperimento di lavoro da casa della storia. Abbiamo trovato nuovi modi per collaborare, comunicare ed essere produttivi. Ma per ogni azienda è ora necessario capire se per il team lavorare da remoto sia frustrante o liberatorio. E con gli strumenti tecnologici a disposizione è possibile, se l’idea è di rendere il lavoro da remoto qualcosa di permanente, costruire una cultura aziendale e fare squadra, salvaguardando la salute emotiva, proteggendo l’attenzione dei dipendenti e prevenendo il burnout. Distanti ma vicini, come si dice nell’era Covid.

Boom dell’economia glocal
Quest’anno siamo diventati più isolati fisicamente, ma anche più connessi digitalmente. In un “mondo in contrazione”, esiste un enorme potenziale per le aziende SaaS di avere successo a livello internazionale. Ma come superare le differenze culturali? Scalare un Paese diverso è come avviare una nuova azienda. Quindi, è necessario prima padroneggiare i mercati locali e regionali, poi crescere a livello internazionale.

È l’ora della crescita sostenibile
Quest’anno abbiamo assistito a un vero e proprio passaggio dalla “crescita a tutti i costi” alla “crescita sostenibile”. Ma, in un’economia imprevedibile, come si può essere certi che la propria azienda sia sana? Abbandonando le metriche di vanità e concentrandosi su quelle che contano: per esempio sull’effetto che il dollaro debole avrà sull’export piuttosto che sugli utili adjusted. Dati, dati, ancora dati. E soprattutto quello che significano.

Il VC ha accelerato il passo
All’inizio dell’anno, sembrava che i fondi di VC fossero più cauti nell’investire, ma quando il lockdown si è diffuso a macchia d’olio, le aziende di SaaS hanno dimostrato, per la maggior parte, di avere buone prospettive. E gli investitori hanno aumentato il ritmo: adesso per queste aziende sarà sempre più facile ottenere finanziamenti per la crescita, perché da esse derivano gli strumenti che abilitano la nuova economia.



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