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MARZO 2016

AUTOMAZIONE OGGI 388

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Negli impianti industriali si possono verificare le con-

dizioni per la formazione di atmosfere esplosive, senza

per questo rinunciare alla necessità di trasmettere se-

gnali, attivare azionamenti, garantire controllo e sicu-

rezza agli operatori e alle macchine. Numerosi sono i

modi per operare in aree pericolose. La sicurezza in-

trinseca è una delle tecniche utilizzate per la gestione

dei segnali diretti verso il ‘campo’ classificato come

area con pericolo di esplosione, oppure provenienti

dal medesimo e diretti verso sistemi di supervisione

come DCS o PLC.

Tutto è iniziato nel 1913 in Gran Bretagna, a seguito

di un’esplosione di Grisou in una miniera di carbone

che provocò numerose vittime. Le ricerche che se-

guirono per risalire alle cause del disastro conclusero

che l’elemento più importante per stabilire il grado di

sicurezza di un circuito è l’energia che è in grado di

immagazzinare attraverso i suoi componenti. L’arco

elettrico generato nel punto di apertura di un circuito

non deve possedere un’energia in grado di innescare

la miscela aria/gas eventualmente presente. Ed ecco

trovato il nome che contraddistingue questa tecnica:

‘sicurezza intrinseca’. Ovviamente un circuito a sicu-

rezza intrinseca deve contenere tutti componenti

intrinsecamente sicuri, pena l’annullamento della ca-

ratteristica peculiare. A titolo di esempio, una miscela

di aria/idrogeno con concentrazione del 4% (Low Ex-

plosion Limit) deve avere una limitazione di energia a

20 micro Joule (μJ). Analogamente la presenza di gas

propano in aria al 2% (LEL) richiede una limitazione

energetica a 180 μJ. I gas citati nella miscela con aria

costituiscono i principali riferimenti per la classifica-

zione delle aree con pericolo di esplosione e il con-

seguente criterio di progettazione e costruzione delle

apparecchiature idonee all’applicazione. Le aree sono

classificate secondo la normativa europea in: zona 0

dove esiste un pericolo continuo di esplosione; zona

1 dove esiste un pericolo intermittente; zona 2 dove il

pericolo si concretizza a seguito di anomalie. Proprio

per questa caratteristica stocastica numerosi utilizza-

tori considerano erroneamente la zona 2 alla stregua

della zona sicura. A volte incontriamo classificazioni

tipo ‘Divisione 1’, equivalente alle nostre zona 0 e 1, e

‘Divisione 2’, corrispondente alla zona 2, che sono di

provenienza statunitense e canadese.

Le norme che regolamentano la sicurezza intrinseca

e che devono essere rigorosamente osservate sia dai

costruttori di componenti, sia dagli installatori di im-

pianti sono le Direttive Atex con i seguenti riferimenti:

norma IEC/EN 60079-11 (componenti) e norma IEC/EN

60079-14 (impianti).

Giovanni Riva

a cura di Alessandra Pelliconi

Componenti

a sicurezza

intrinseca

Dal tempo dell’esplosione di Grisou in Gran Bretagna (era il 1913)

la sicurezza ha fatto passi da gigante e sono state emanate diverse

normative atte a regolare la ‘sicurezza intrinseca’ in applicazioni

potenzialmente pericolose. Il mercato offre dunque numerose

soluzioni e prodotti ad hoc per l’impiego in zona pericolosa

Foto: www.pixabay.com