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OTTOBRE 2015

AUTOMAZIONE OGGI 385

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Passando alle nanotecnologie, queste ultime si sono sviluppate

grazie al fisico americano Richard Feynman, che nel ‘59 suggerì

un metodo per produrre dispositivi sempre più piccoli chiamato

‘scale-down’. Tale metodo consisteva nel progettare una serie

di macchine utensili in scala 1:10 utilizzandole per sviluppare e

controllare sistemi in scala 1:100 e così via fino ad arrivare a stu-

diare oggetti molto piccoli, nei quali il contributo della forza di

gravità tendesse a diminuire rispetto a quello delle forze di Van

Der Waals e a quelle superficiali. Secondo la definizione data nel

2000 nell’ambito della National Nanotechnology Initiative (NNI),

la nanotecnologia è lo studio e il controllo della materia alle di-

mensioni comprese fra 1 e 100 nanometri, alle quali avvengono

fenomeni che sono in grado di conferire ai materiali proprietà fi-

siche, chimiche e biologiche uniche e completamente diverse da

quelle della materia di base. Questi materiali, detti appunto ‘na-

nomateriali’, possono essere a base di carbonio, come fullereni,

nanotubi e grafene, oppure contenere metalli, quali oro, argento,

platino, ferro, zinco, cadmio ecc. Il settore delle nanotecnologie

mediche è considerato quello più promettente, sfruttando par-

ticelle di dimensioni cosi ridotte da permettere, per esempio, di

produrre nano-vettori per la distribuzione mirata dei farmaci (‘lab

on a chip’), utilizzabili anche a scopo diagnostico.

La nanobiotecnologia, dunque, nasce dalla fusione fra nano e bio-

tecnologie, essendo queste tra di loro funzionali. In particolare,

nel campo della biotecnologia rossa l’utilizzo delle nanomolecole

ha generato numerosi benefici e progressi. Il ‘drug delivery sy-

stem’ permette di controllare il rilascio dei farmaci somministrati

per ridurre gli effetti nocivi delle terapie invasive, inducendo rila-

sci diversi per lunghi periodi. Le micro-particelle dei ‘drug delivery

system’, con una dimensione compresa tra 5 nm e 2 μm, sono

costituite da una matrice polimerica di origine sintetica, semi-

sintetica o naturale, al cui interno è presente un principio farma-

cologicamente attivo. Le dimensioni così ridotte conferiscono la

possibilità di penetrare all’interno di cellule e capillari, favorendo

la distribuzione puntuale dei farmaci senza recare danni alle altre

parti dell’organismo.

Diffusione e sviluppo

Il contributo dell’Europa, attraverso fondi pubblici dedicati alla

ricerca e sviluppo, in questi anni è stato di quasi un miliardo di

euro all’anno, determinando una forte spinta alla crescita anche

nel nostro Paese. L’Italia è oggi al terzo posto tra i Paesi europei

per diffusione di industrie biotecnologiche, alle spalle solo di Ger-

mania e Regno Unito. Quasi la metà delle imprese è oggi dedicata

al ‘red biotech’, il 15% al Gpta (Genomica, Proteomica e Tecno-

logie Abilitanti), il 13% si interessa al ‘green’, l’11% al ‘white’,

mentre il 14% opera in più settori di applicazione, come imprese

multi-core. Il red biotech si è diffuso grazie anche al supporto

delle grandi multinazionali farmaceutiche e l’ambito oncologico

ne costituisce la parte predominante. Nel 2013 la Commissione

Europea ha autorizzato l’immissione in commercio del primo

prodotto frutto della ricerca di un’impresa biotech italiana, con

l’introduzione di un farmaco salvavita utilizzato nel trattamento

della malattia venoocclusiva epatica (VOD) grave.

Anche nei Paesi in via di sviluppo il biotech sta crescendo veloce-

mente e il mercato delle nanotecnologia si presenta in continua

espansione occupando un’importante posizione nell’economia.

In generale, osservando l’andamento degli investimenti dei go-

verni mondiali in questo settore negli ultimi decenni, si constata

come la crescita del comparto sia esponenziale. A livello globale,

solo nel 2008, gli investimenti pubblici erano superiori ai 6 mi-

liardi di dollari con un contributo europeo di oltre un miliardo.

L’ultimo programma quadro europeo, nell’ambito del ‘7° fra-

mework’ dal 2007 al 2013, già prevedeva di raggiungere il valore

di 3,5 miliardi, da sommare poi agli investimenti affrontati auto-

nomamente dai singoli Paesi e a quelli delle grandi multinazio-

nali per accedere per prime a un mercato dalle inimmaginabili

potenzialità. La stima a oggi a livello mondiale degli investimenti

pubblici e privati naviga ben oltre ai 20 miliardi di dollari ed è in

continua crescita. Anche il valore del settore presenta potenzialità

enormi, tanto che gli analisti stimano che abbia già raggiunto le

centinaia di miliardi di dollari con un trend per la prossima decade

che porterà a numeri a 18 zeri (comprendendo anche il valore

finale dei prodotti e servizi che si basano su queste tecnologie).

Le ‘killer application’

Molte applicazioni che provengono dai laboratori sono spesso

futuristiche e in alcuni casi rudimentali, ma già oggi noi utiliz-

ziamo tanti prodotti che, senza che ce ne rendiamo conto, sfrut-

tano le potenzialità delle nanotecnologie. Si può affermare che

conviviamo con la quarta generazione di prodotti nati dalle na-

notecnologie. La prima, nata agli inizi del 2000, era costituita da

prodotti con nanoparticelle diffuse e disperse e materie prime

con nanostrutture, come materiali polimerici, ceramici o per bio-

costruzione. La seconda, in commercio dal 2005, si presentava

con prodotti con nanostrutture attive attraverso sensori e at-

Le applicazioni che provengono dai laboratori sono spesso

futuristiche o rudimentali, tuttavia già oggi utilizziamo, senza

rendercene conto, molti prodotti che sfruttano le potenzialità

delle nanotecnologie