MARZO 2015
AUTOMAZIONE OGGI 379
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quest’ultimo sia stato già integralmente corrisposto, non possono essere liquidati importi
aggiuntivi. Infatti, il datore di lavoro non può essere condannato a remunerare due volte la
medesima prestazione. In pratica, se il giudice riconosce il rapporto di lavoro subordinato, il
datore non è tenuto a pagare nuovamente.
La retribuzione spettanteal lavoratore subordinatodeveessere stabilita, dunque, sullabasedel
criteriodell’assorbimento, nondi quellodel cumulodei compensi pattuiti edeiminimi tabellari
previsti dalla contrattazione collettiva (Sez. L., Sentenzan. 5552del 2011, Cass. 1261/2006, Cass.
10824/97, Cass. 359/89). Nel caso in cui si accerti che il compenso pattuito dalle parti fosse
stato superiore aquellominimoprevistodal contratto collettivo, il principiononprevede che il
lavoratoredebbanecessariamente restituire tale eccedenza. Ciò invirtùdel fatto che i contratti
collettivi prevedono le retribuzioniminime spettanti ai lavoratori di unadeterminata categoria,
senzaperò che sia impeditoal datoredi lavorodi erogare ai propri dipendenti paghe superiori,
determinate a seguitodi contrattazione tra leparti o semplicementeda lui offerte al lavoratore.
Il datore di lavoro potrebbe pretendere la restituzione solo qualora provasse che la maggiore
retribuzione è stata determinata da errore essenziale, avente i requisiti di cui agli artt. 1429 e
1431 c.c., ma è una prova difficile da dimostrare.
Il richiamatoprocedimentodell’assorbimentononvaleperòper il trattamentodi fine rapporto
(istituto retributivo previsto dall’art. 2120 c.c. e corrisposto al lavoratore subordinato in ogni
caso di cessazione del rapporto di lavoro, salvo i casi in cui il lavoratore ne richieda un’antici-
pazione in costanza di rapporto di lavoro), il cui diritto sorge ai sensi della Legge 29 maggio
1982, n. 297 al momento della risoluzione del rapporto (Sez. L., Sentenza n. 5552 del 2011,
Cass. 10824/97). Ne consegue che, ai fini della determinazione dell’importo dovuto a titolo di
TFR, non potrà operare l’assorbimento con le eventuali eccedenze sulla retribuzione minima
contrattuale corrisposte durante il rapporto di lavoro, nonché esso dovrà essere determinato
sulla base delle retribuzioni che risultano annualmente dovute, in applicazione dei parametri
previsti dalla contrattazione collettiva o, se superiore, sulla base di quanto effettivamente cor-
risposto nel corso del rapporto di lavoro, accertata l’insussistenza di un obbligo restitutorio.
argomento che andremo ad analizzare
riguarda l’applicazione del principio di as-
sorbimento nel caso di eventuali differenze
retributive dovute dal datore al lavoratore, in
caso di riqualificazione del rapporto.
La giurisprudenza (Sez. L., Cass 16489/2014,
Sez. L., Cass. 18561/2014) ritiene che, in tema
di determinazione del trattamento retribu-
tivo spettante al lavoratore subordinato, una
volta che il giudice riqualifichi il rapporto
di lavoro da autonomo a subordinato, ai
fini della determinazione del trattamento
economico dovuto, si deve considerare nel
suo complesso quanto in concreto sia stato
già corrisposto al lavoratore. Quindi occorre
porlo a raffronto con il trattamento minimo
dipendente dalla corretta qualificazione
del rapporto, con la conseguenza che, ove
L’
Risponde alla nostra rubrica l’Avv. Cristiano Cominotto di Milano specializzato nelle pro-
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Marta Battaglia, Cristiano Cominotto
AO
Differenze retributive:
vale il principio
di assorbimento