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0TTOBRE 2014
AUTOMAZIONE OGGI 376
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damente i cardini del sistema produttivo
allora in essere. Se prima le fabbriche erano
artigianali, legate alla realtà locale, costrette
a produzioni limitate e mirate, l’uso delle
nuove tecnologie ha comportato la ne-
cessità di investimenti sempre più onerosi,
giustificabili soltanto a fronte di una richie-
sta crescente di prodotti da smerciare: solo
grandi volumi permettevano di ammortiz-
zare il costo per unità prodotta. Nascevano
così le produzioni di massa e con esse le
economie di scala.
La relazione che sussiste fra capitale e scala
è sintetizzata nel concetto di ‘minimum
efficient scale’, ossia il valore per il quale il
costo medio di ciascuna unità prodotta è
minimo. Se tale valore è elevato, per esem-
pio perché i costi per iniziare la produzione
sono alti, il numero degli impianti produt-
tivi sarà ridotto. L’AM riduce invece tale
valore, come dimostrano numerosi studi.
Il minimum efficient scale richiesto dall’AM
si può raggiungere con volumi contenuti, a
volte con un solo prodotto (si veda Figura
1). Significa che i margini di guadagno non
sono legati al volume. Ne consegue che
l’AM, utilizzando svariati tipi di materiale,
può costituire una valida alternativa ai me-
todi produttivi classici per quanto concerne
la produzione di volumi piccoli o medi.
Per quanto concerne invece le economie di
scopo, si sa che l’AM è estremamente ver-
satile, in grado di produrre beni differenti
con tempi e costi di changeover ridotti. In
genere, le economie di scopo si basano
sull’intrinseca flessibilità di una singola
unità di capitale, in grado di supportare la
produzione di prodotti molteplici, differenti
fra loro, utilizzando gli stessi strumenti, ma-
teriali e processi. In tal modo, crolla il costo
man mano che aumenta il numero di pro-
dotti differenti che si possono realizzare con
lo stesso capitale investito. Tuttavia, con i
tradizionali processi manifatturieri vi sono
sempre dei limiti a livello di progettazione;
oltretutto, man mano che i componenti
richiesti divengono più complessi e speci-
fici, diventa impossibile produrre lo stesso
elemento per intero con un solo processo:
geometrie complesse, per esempio per la
realizzazione dei particolari interni, si gesti-
scono più facilmente adottando le tecniche
AM. Un esempio di questo ci viene offerto
da GE Aircraft, che utilizza l’AMper produrre
gli augelli degli iniettori di carburante della
prossima generazione dei suoi motori Leap
per aerei. In questo caso, GE è stata capace
di produrre, come singola unità, un compo-
nente che prima richiedeva la saldatura di
20 piccoli pezzi. L’approccio basato sull’AM
per questa nuova parte ha consentito di
ridurre i processi di lavorazione e al con-
tempo di ottenere un pezzo più leggero,
con tutti i vantaggi che ciò comporta.
Quattro possibili chiavi
di lettura
In molti casi non occorre nemmeno cam-
biare gli strumenti in uso per fare in modo
che uno stesso dispositivo AM produca un
oggetto oppure un altro, totalmente diffe-
rente: il tempo di cambio formato è ridotto
al minimo a fronte di possibilità quasi infi-
nite. La tecnologia AM inoltre consente la
produzione di parti totalmente nuove, che
non si potrebbero altrimenti realizzare con
le metodologie tradizionali. Con un inve-
stimento di capitale minimo, applicato al
giusto contesto, dunque, si potrebbero
sostituire un’ampia varietà di applicazioni
oggi definite come ‘a elevato investimento
di capitale’. Assistiamo in pratica a una sorta
di ‘democratizzazione’ dei processi manifat-
turieri, per cui alcune produzioni diventano
accessibili a un livello di investimento signi-
ficativamente più basso: in poche parole, si
possono produrre beni con costi ridotti in
termini di capitale. In tal modo, è possibile
implementare delle produzioni in zone
geografiche più convenienti, ciascuna con
una scala inferiore, ottimizzando i costi lo-
gistici e cogliendo l’opportunità di servire
mercati nuovi o più distanti.
Altri aspetti da considerare sono la velocità
con cui gli utenti possono essere serviti, o
possono produrre da sé, e l’accuratezza con
cui il prodotto realizzato soddisfa effettiva-
mente la domanda. Tutto questo ha poi un
impatto diretto a livello di gestione azien-
dale. I manager dovrebbero quindi valutare
a fondo l’applicabilità delle soluzioni AM in
seno alle proprie attività, valutandone l’im-
patto sulla supply chain e sui prodotti finali.
In altre parole, le aziende dovrebbero pen-
sare a come poter impiegare le soluzioni
AM per ‘muovere’ i propri prodotti lungo la
catena di produzione, per creare nuovi beni
o reingegnerizzare i processi con i quali rea-
lizzano quelle già esistenti.
Si tratta in pratica di considerare quattro
Figura 1 - Comparazione del ‘breakeven’ per processi manifatturieri
tradizionali e basati sull’AM
nità del 3D
Fonte: Deloitte University Press - DUpress.com
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