La strumentazione ABB sfida le profondità marine

Pubblicato il 9 aprile 2014

E’ ormai un dato di fatto che il progressivo esaurimento dei giacimenti di petrolio e gas nelle acque poco profonde spinga sempre più la ricerca di nuove fonti verso gli abissi marini. Con una profondità media degli oceani di oltre quattromila metri, che in alcuni casi arriva fino a undici chilometri nella Fossa delle Marianne, sfruttare le riserve gas-petrolifere dei mari profondi comporta molte difficoltà. Per dare un’idea della portata di queste sfide, basti pensare che si dovette aspettare fino al 1934 perché il primo sottomarino con a bordo un equipaggio riuscisse a raggiungere una profondità di 914 m. Oggi, meno di 100 anni più tardi, le piattaforme di trivellazione mobili offshore (MODU) riescono a raggiungere profondità di circa tremila metri, non senza difficoltà e rischi: ne è un esempio il disastro ambientale causato dall’esplosione e affondamento della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.

Per rispondere a queste sfide, sono state sviluppate sofisticate tecnologie che consentono la manutenzione delle piattaforme petrolifere e delle teste di pozzo in ambienti ostili corrosivi, con temperature rigide e pressioni molto elevate. L’aspetto più rilevante del problema è la necessità di mantenere i costi contenuti nonostante l’inaccessibilità dei pozzi gas-petroliferi nelle profondità marine. A tale scopo, tutti gli sforzi sono tesi a ridurre al minimo il peso che grava sulle strutture in superficie, dalle piattaforme offshore, alle unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico (FPSO). Occorre pertanto trasferire i moduli pesanti direttamente sul fondale marino ed effettuare molte attività produttive, come la separazione del petrolio dall’acqua, direttamente in profondità, semplificando la rimozione forzata del petrolio e del gas impoveriti dal pozzo, attraverso la re-immissione dell’acqua mano a mano che questo si svuota. Per effettuare tale operazione occorrono strumenti che misurino la portata sia ai fini economici sia per la manutenzione della testa del pozzo. Lavorando a grandi profondità sorge però il problema dell’accumulo degli idrati di gas, che si formano in condizioni di alta pressione e bassa temperatura, tipiche di molte applicazioni sottomarine. Nell’esplorazione e nella produzione petrolifera, gli idrati di gas rappresentano un problema importante, perché bloccano gli oleodotti e le linee di trasferimento sottomarine, comportando rischi per la sicurezza e perdite di fatturato conseguenti alla mancata produzione. Per ovviare a questo inconveniente si utilizza il glicole mono etilenico (GME), il componente base dei liquidi antigelo, che deve essere aggiunto in quantità precise, dal momento che successivamente dovrà essere rimosso, e tale separazione comporta dei costi elevati. Per mantenere minimo il livello di GME, si misura costantemente il rapporto acqua/petrolio affinché sia aggiunto solo il quantitativo di GME strettamente necessario per prevenire i blocchi nella testa del pozzo.

La soluzione sembra semplice, ma il rapporto petrolio/acqua cambia con la “maturazione” del pozzo, per cui la quantità di GME deve essere costantemente riadeguata per mantenere la giusta miscela. Tutto questo, ovviamente, va svolto nelle profondità marine con un intervento minimo da parte dell’uomo, pertanto gli strumenti di misura utilizzati devono essere precisi e al tempo stesso particolarmente robusti da resistere agli ambienti ostili delle profondità marine e dei processi di estrazione gas-petrolifera.

L’Unità Measurement Products di ABB è in grado di fornire strumenti specifici per questo tipo di applicazione che permettono, fra l’altro, di incrementare la produzione. Il tubo sottomarino Venturi, per esempio, utilizzato per misurare i fluidi di processo e l’iniezione di GME, vanta materiali di costruzione di qualità eccellente, come le leghe di alluminio super-duplex, e in determinati casi leghe ancora più pregiate come l’Inconel 625, che rivestendo il materiale di base assicura una maggiore resistenza alla corrosione. Inoltre, il notevole spessore delle pareti permette allo strumento di resistere alle enormi pressioni sottomarine. A ulteriore garanzia di robustezza, i componenti sono realizzati seguendo severi protocolli di tracciabilità dei materiali e dei processi di produzione, tra cui lo standard ISO29001 e ASME sezione 9 (saldatura). Questo aspetto è determinante per garantire che lo strumento sia adatto allo scopo prima che venga installato in profondità, dove l’intervento dell’uomo è costoso e complicato. In genere lo strumento è esente da manutenzione per tutta la sua vita utile, a condizione che nel processo non si verifichi l’accumulo di idrati.

Un’altra difficoltà è costituita dal collegamento degli strumenti all’alimentazione elettrica. Occorrono, infatti, componenti elettrici che si possano collegare e scollegare sotto pressione (a 4.000 m sotto il livello del mare la pressione è 400 volte quella atmosferica). Per fare ciò, i trasmettitori di pressione differenziale (DP) utilizzati con lo strumento sono provvisti di cavi e connettori elettrici studiati per funzionare con queste enormi pressioni. Inoltre, per garantire la massima affidabilità, sono installati trasmettitori DP ridondanti supplementari e vengono progettati collettori speciali su cui agiscono sommozzatori adeguatamente equipaggiati o veicoli comandati a distanza (ROV). ABB Measurement Products è in grado di fornire strumentazione idonea per applicazioni sottomarine e di superficie alle principali aziende del settore gas-petrolifero di tutto il mondo.



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