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marzo 2016

Marco Livelli

ha 56 anni, diploma in Elettronica e laurea in Economia, ha iniziato la

sua carriera in Kpmg. Arriva in Jobs nel 1986, dove resta sei anni alla direzione Finanza

e Controllo. In seguito ricopre cariche dirigenziali in due multinazionali americane, con

funzioni di direzione Finanziaria, Operations e Generale, per tornare in Jobs nel 1997, col

ruolo di amministratore delegato. Dal 2007 diviene anche socio di minoranza e gestisce

le operazioni di acquisizione ed integrazione di Sachman, Rambaudi e Sigma. Con

Luigi Maniglio (oggi CEO di FFG Europe & Americas) nel 2013 partecipa al processo di

acquisizione di MAG in Germania. È vicepresidente di Confindustria Piacenza, membro della

Giunta di Federmeccanica, del Consiglio direttivo di Ucimu e del Consiglio direttivo di Musp.

menti, abbiamo mantenuto e potenziato quello dove già era

presente unmanagement in grado di gestire tutto, con le sue

strutture, rendendo più efficiente un’unica base produttiva.

Il Gruppo italiano oggi si sta dirigendo verso gli 80 milioni di

fatturato, iniziandoaessere sul panoramanazionaleunadelle

aziende più significative. Abbiamo in programma altre possi-

bili acquisizioni in Italia, con l’obiettivo dichiarato di diventare

tra i leader a livello nazionale anche in termini dimensionali”.

Qual è stato il filo conduttore che ha portato alla scelta

strategica di proprio queste quattro aziende?

“La risposta non è così semplice, perché a volte c’è un disegno

ben preciso a volte invece si colgono delle opportunità. La

volontà di Jimmy Chu era di sbarcare in Europa per acquisire

aver messo la Cina al centro del proprio piano strategico. E

nel 2010 la terzamossa vincente: capire che eranecessarioen-

trare nel mercato europeo e americano attraverso una pre-

senza produttiva e tecnologica in loco, ma che occorrevano

per questomanager locali conuna cultura locale. Ecco chenel

2012 il Gruppodà concretezzaaquesta terza faseentrando in

Occidente dall’Italia”.

Il Gruppo è entrato in Europa dalla porta dell’Italia. Lei era

uno dei protagonisti ieri come lo è oggi. Come è avvenuta

quell’operazione?

“L’approccio di FFG all’Italia nasce tra il 2010 e il 2011 attra-

verso Rambaudi, in quel periodo un’azienda da ristrutturare

e in fase di ripartenza. La scelta veramente importante Jimmy

Chu la fece subito dopo, nel 2012, alleandosi con unmanage-

ment locale che aveva dimostrato qualità imprenditoriali e la

sua stessavision.Ossia con la societàAlma, proprietariadi Jobs,

in cui al tempovi erano soci quattromanager poi rimasti in tre

essendo andato uno in pensione. Di questi uno sono io, che

sono CEO delle attività italiane. L’altro è Luigi Maniglio che

nel 2013 si è trasferito in Germania, ed è a capo delle aziende

tedesche e della holding che si sta creando proprio in queste

settimane, e che si chiama FFG Europe and Americas. Jobs, in

quelmomentoerauna realtàdi spicco, un’azienda leader che

vende le sue macchine a colossi come BMW, Boeing, Airbus,

Volkswagen. In quel 2012 Jobs, guidata da noi, da parte sua

aveva già acquisito, e integrato, Sachman: a dimostrazione

che anche noi avevamo la medesima visione di integrazione

tra aziende. In seguito, nel 2015, acquisimmo anche Sigma,

mettendo insieme i quattromarchi italiani”.

In questi ultimi anni, come avete realizzato l’integrazione

dei tre marchi?

“Quello che in questi anni abbiamo fatto è stato quello di

ristrutturare Rambaudi, Sachman e Sigma, nella logica di

ottimizzazione, razionalizzazione ed efficienza. Questo ha

significato anche chiudere i tre stabilimenti produttivi storici

delleaziendeeportare laproduzioneaPiacenza, dove stiamo

ampliando lo stabilimento. Invece di avere tanti piccoli stabili-

Il management del Gruppo all’interno

dell’officina Jobs. Da sinistra: Marco Livelli,

Jimmy Chu e Luigi Maniglio.