Table of Contents Table of Contents
Previous Page  4 / 33 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 4 / 33 Next Page
Page Background

MACHINE AUTOMATION 2015

4

TAVOLA ROTONDA

ACHINE AUTOMATION

Marco Zanettin:

Nell’era in cui ci troviamo, l’estetica non

può essere più trascurata. In System il design ha sempre

avuto un ruolo di primaria importanza, basti pensare ai ma-

gazzini verticali automatici Modula, in cui il design è sempre

stato un fattore determinante rispetto ai competitor e si è di-

mostrata una scelta vincente. Pensiamo quindi a un pack o a

un prodotto, dove il valore della comunicazione è ancora più

alto e ha un peso specifico altissimo. Il marketing vuole che

tutto comunichi, che tutto parli di noi. Una leva di vendita

della FReebox di System è la possibilità di personalizzare di-

rettamente in macchina (durante la costruzione del pack) la

confezione, scatola, creata dalla macchina stampando loghi,

colori ecc.. La maggiore resistenza

della scatola consente di fare arrivare

il pacco al destinatario integro, con gli

angoli ancora intatti e con il logo sulla

confezione. L’impatto è totalmente

diverso e nel campo dell’e-commerce

per esempio è una totale rivoluzione.

Anche i nostri magazzini verticali pun-

tano a tutelare il pack dei prodotti, la

pulizia e la cura del materiale, perché

alla fine nella mente di chi acquista

ogni particolare rappresenta un pezzo

del processo di costruzione del brand.

Gianluigi Ferri: Lei lavora per un’U-

niversità, vede interesse nel mondo

accademico per il settore del

packaging?

Andrea Lorenzi:

L’interesse c’è eccome. Esistono gruppi

che lavorano sul packaging in diversi atenei: Milano, Bolo-

gna, Parma e Napoli per esempio. Qualcuno ci è arrivato

perché si occupava di alimenti, altri perché si occupavano

di polimeri. Il mondo del packaging è molto interessante,

sia dal punto di vista dei materiali sia da quello impianti-

stico. Nell’Università di Parma (

www.unipr.it

), per esempio

ci occupiamo di imballaggio da più di 15 anni e circa 5 anni

fa abbiamo fatto nascere un centro di ricerca specifico ad

esso dedicato; in questo centro sono state radunate le di-

verse competenze già presenti in diversi dipartimenti: svi-

luppo dei materiali, analisi chimiche (quindi il rapporto tra

contenuto e contenitore) e competenze nella progettazione

di impianti. Personalmente ho una formazione da chimico

industriale e mi occupo di materiali, nuovi materiali.

Gianluigi Ferri: Lei parla di ricerche sui ‘nuovi materiali’,

in che senso? Possiamo aspettarci a breve un nuovo po-

limero?

Andrea Lorenzi:

A breve non credo e probabilmente non

da parte nostra. Quando abbiamo cominciato a occuparci

di materiali con possibilità applicative, abbiamo pensato

che fosse più efficace, per un centro di ricerca con possibi-

lità economiche limitate come può essere un centro uni-

versitario, ragionare su modifiche ai materiali già presenti

sul mercato, piuttosto che progettare e cercare di produrre

materiali completamente nuovi. Purtroppo non siamo né la

Basf né la DuPont. In quest’ottica lavorare sulla superficie di

un materiale è la cosa migliore per modificare le proprietà

di un materiale, modificare la sua superficie è una tecnica

molto diffusa in tantissimi campi: si lascia che il bulk dia le

proprietà meccaniche e si lavora sulla superficie per avere,

ad esempio, proprietà chimiche come idrofilia o idrofobicità,

proprietà antibatteriche, abbassare il coefficiente di attrito,

aumentare la resistenza all’abrasione o creare barriere ai gas

(per le plastiche) o ai liquidi (nel caso di carta e cartone).

Gianluigi Ferri: Si sente parlare tanto di active packag­

ing, cosa ne pensa? Può spiegare brevemente a tutti di

cosa si tratta?

Andrea Lorenzi:

In generale si defi-

niscono ‘attivi’ tutti quegli imballi che

non proteggono semplicemente il

prodotto, ma interagiscono con il loro

contenuto. Possono interagire con

l’atmosfera interna assorbendo o rila-

sciando gas (ossigeno, CO

2

o etilene,

per esempio) oppure interagire diret-

tamente con il cibo contenuto, come

nel caso dei film con proprietà antimi-

crobiche. Questo tipo di imballi sono

stati regolamentati nell’Unione Euro-

pea già nel 2009, ma la loro diffusione

mi sembra ancora piuttosto limitata.

Gianluigi Ferri: Di cosa vi state occu-

pando nel vostro centro?

Andrea Lorenzi:

Come già accennato, nel centro Cipack

dell’Università di Parma ci stiamo occupando di packaging

da diversi punti di vista: impiantistica, sicurezza alimen-

tare e nuovi materiali. Nel campo dei materiali ci stiamo

occupando, appunto, di active packaging, in particolare di

coating con proprietà antimicrobiche da depositare su film

plastici standard come PP, PET o PLA. Abbiamo sviluppato

delle lacche a base acqua contenenti molecole o nanopar-

ticelle con proprietà antimicrobiche; la lacca si deposita

con una tecnologia classica sul film, evaporando l’acqua

si forma una matrice che avrà inglobato l’agente antimi-

crobico. Modulando questa matrice possiamo anche ge-

stire il rilascio dell’agente. Per ora abbiamo avuto risultati

molto interessanti con molecole classiche già largamente

utilizzate nel settore alimentare come lisozima e natami-

cina e stiamo finendo i test con nanoparticelle di rame e

di argento. Alcuni colleghi lavorano con olii essenziali: le

possibilità sono parecchie. Oltre a coating antimicrobici,

ci siamo occupati di coating barriera all’ossigeno e di trat-

tamenti idrorepellenti per carta e cartoncino. Sui coating

barriera siamo arrivati a un test industriale a inizio ottobre:

abbiamo inserito meno di un micron di lacca all’interno

di una struttura PE-PET (sostituendo l’Evoh classico) e ab-

biamo ottenuto una barriera all’ossigeno pari a quella di 5

micron di Evoh (attorno a 1 ml/m²·24h). L’obiettivo è fare

meglio, ovviamente, ma essendo la prima prova con una

macchina industriale siamo abbastanza soddisfatti.

Andrea Lorenzi, Università di Parma