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APRILE 2018

AUTOMAZIONE OGGI 405

114

AO

AVVOCATO

l licenziamento dei propri dipendenti è

sempre una questione delicata nella vita di

un’azienda. Si tratta infatti di un momento

in cui è necessario bilanciare gli interessi

di quest’ultima, di autonomia nell’eserci-

zio dell’impresa, ai diritti del lavoratore e

alle sue eventuali pretese contro l’azienda

stessa. Proprio per questi motivi, il discorso

si fa ancora più complicato quando l’a-

zienda deve intimare più licenziamenti.

Nell’ottica di bilanciare la necessità di au-

tonomia nella conduzione dell’attività

imprenditoriale con la tutela dei diritti dei

lavoratori, la Legge 223/1991 stabilisce una

procedura ben precisa, quella del licenzia-

mento collettivo, da attivare in presenza di

determinati presupposti. Nello specifico,

la disciplina del licenziamento collettivo

si applica alle imprese che impiegano più

di 15 dipendenti, che intendano intimare

almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120

giorni all’interno di una stessa provincia

e per la medesima causa. È bene inoltre

ricordare che nel computo dei lavoratori

vanno inseriti anche i dirigenti, qualora

questi siano interessati dal licenziamento,

così come statuito dalla Corte di Giustizia

dell’Unione Europea (sentenza 13-2-2014,

causa C-596/12). Onere di fondamentale

importanza in capo al datore di lavoro è

quello di dare comunicazione dei licenzia-

menti previsti alle rappresentanze sinda-

cali aziendali e alle rispettive associazioni

di categoria (art. 4 Legge 223/1991).

I

Licenziamento

collettivo e obblighi

nella comunicazione

Quello della comunicazione è un momento delicatissimo dell’intera procedura di licen-

ziamento collettivo. Ai sensi della Legge 223/1991 la comunicazione deve indicare la

ragione che determina la situazione di eccedenza di personale, i motivi tecnici, organiz-

zativi e/o produttivi per i quali si ritiene di non potere evitare i licenziamenti, nonché il

numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in esubero e di

quello normalmente occupato. Una volta ricevuta la comunicazione, le associazioni di

categoria e le rappresentanze sindacali aziendali possono richiedere un esame congiunto

della situazione, per verificare la possibilità di evitare la riduzione del personale. Tale fase

di esame congiunto è definita ‘fase sindacale’ e può concludersi con un accordo, entro

45 giorni dall’inizio della procedura, il quale sana la presenza di eventuali vizi nella comu-

nicazione. Nel caso in cui non si riesca a raggiungere un accordo tra l’azienda e le realtà

sindacali presenti nella stessa, il procedimento prosegue in un’ulteriore fase, definita ‘fase

amministrativa’. In caso di mancato accordo, dunque, il datore di lavoro dovrà comuni-

care all’ufficio regionale o provinciale competente i motivi dell’esito negativo delle con-

sultazioni. A questo punto, il direttore dell’ufficio regionale o provinciale competente

convocherà le parti per un esame ulteriore dei motivi che hanno causato la situazione di

esubero dei lavoratori in forza all’azienda. La fase amministrativa può concludersi con un

accordo tra le parti o con un verbale di esperita procedura. La differenza tra i due esiti è

di estrema importanza ai fini dell’individuazione dei lavoratori da porre in mobilità. Nel

caso di raggiungimento di un accordo, infatti, l’azienda potrà derogare ai criteri imposti

dalla Legge 223/1991, individuando i criteri di scelta dei lavoratori con quelli stabiliti in

sede d’accordo sindacale. Diversamente, nel caso in cui non si raggiunga un accordo, è

necessario rispettare i criteri dettati dalla contrattazione collettiva e all’art. 5 della Legge

223/1991 in concorso tra loro, ossia i carichi di famiglia, l’anzianità dei lavoratori e le esi-

genze tecnico-produttive e organizzative. È bene precisare, tuttavia, che l’allegazione di

tali criteri nella prima comunicazione non può limitarsi alla mera indicazione e ripetizione

delle formule generiche dei principi dettati in astratto dalla contrattazione collettiva e da

quella legislativa. L’azienda, come ribadito dalla Corte di Cassazione, deve fornire nella

comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo la puntuale indica-

zione dei criteri di scelta, congiuntamente alle modalità applicative di tali criteri, così come

sancito all’art. 4 comma 9 Legge 223/1991. L’azienda, difatti, nel momento in cui decide

di intimare i licenziamenti collettivi, deve operare facendo una valutazione comparativa

delle posizioni dei dipendenti interessati dal licenziamento, avendo riguardo delle posi-

zioni fungibili per livello di specializzazione (Corte di Cassazione, sentenza n. 24352/2017).

Un’eccessiva genericità della comunicazione, nel caso in cui non consenta di individuare

in maniera oggettiva e predeterminata i lavoratori a cui intimare il licenziamento, si tra-

duce in un eccesso di discrezionalità da parte del datore di lavoro, censurabile in sede

giudiziale con la dichiarazione di illegittimità del licenziamento e l’applicazione delle re-

lative tutele in capo ai lavoratori licenziati.

ALP – Assistenza Legale Premium

Cominotto @cri625

Cristiano Cominotto, Antonio Sutera