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GENNAIO-FEBBRAIO 2016

AUTOMAZIONE OGGI 387

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venivano usati per controllare velocità e pressione. A dire il vero,

la combinazione di albero e camma trova tuttora largo impiego

in molti contesti produttivi tradizionali: l’abbinamento di questi

due elementi riesce, infatti, a svolgere dei compiti in modo molto

semplice, ma la loro flessibilità e la precisione ottenibile sono lon-

tane anni luce dalla maggior parte degli approcci di oggi; da qui,

l’inevitabile migrazione verso le soluzioni con servocomando a

controllo elettronico ed elettrico. Il controllo del moto, nella sua

accezione più semplice, può essere descritto come un metodo

per controllare la velocità, il profilo e la posizione (o il vettore) di

un punto su di un asse in rapporto a un dato, un componente,

un assemblaggio, una dima o uno strumento. Andando un po’

più nel dettaglio, l’occorrente minimo per realizzarlo comprende

un controllore di qualche tipo, che definisca un insieme di istru-

zioni per l’attuazione da passare poi a un amplificatore. Quest’ul-

timo trasforma, a sua volta, i segnali di controllo nella corrente

o tensione elettrica necessaria ad azionare un attuatore. Per ot-

tenere davvero un’elevata precisione, si usa un meccanismo di

retroazione (feedback) che riporti al controllore le informazioni

relative alla posizione o alla velocità dell’attuatore, in modo da

poter chiudere l’anello (loop) di controllo. Il tutto non finisce co-

munque con l’attuatore, poiché quest’ultimo, che può essere per

esempio un albero di trasmissione comandato elettricamente,

può servire anche per pilotare ulteriori elementi accessori, come

le scatole del cambio oppure viti a ricircolo di sfere, ciascuno dei

quali richiede, a sua volta, un ulteriore sistema di retroazione per

garantire la precisione. Il moto in questione e il relativo controllo

possono essere generati in molti modi diversi e i progettisti de-

vono considerare parametri come precisione, velocità, tipologia

di carico e inerzia, per definire la metodologia più adatta alla loro

applicazione. Inoltre, vanno valutati più in generale i protocolli di

controllo disponibili sul mercato, poiché esiste una varietà di reti

attraverso cui è possibile pilotare le varie soluzioni adottate per

regolare il moto. Fra queste vi sono i segnali analogici elementari,

attraverso protocolli di moto dedicati, come Sercos e Sercos III, e,

a un livello superiore ma sempre in grado di controllare il movi-

mento, i protocolli Fieldbus come Ethernet/IP ed Ethercat.

Controllo del moto

Allontanandoci dall’attuazione elettrica diretta, una delle primis-

sime forme di controllo del moto e di attuazione, tuttora ampia-

mente, e inaspettatamente, usata, è quella basata su meccanismi

idraulici e pneumatici. Entrambi questi metodi possono creare un

moto lineare o rotativo, adottando le soluzioni idrauliche per i la-

vori più pesanti e i sistemi pneumatici per quelli più leggeri. La lo-

gica e il controllo idraulico e pneumatico hanno fatto molta strada

dalla prima comparsa delle relative tecnologie, con un’evoluzione

delle soluzioni di controllo paragonabile ai progressi della tecno-

logia moderna. Al giorno d’oggi non è insolito vedere singole val-

vole che funzionano nel loro punto di lavoro e controllano cilindri

emotori ad aria compressa usando l’elettronica che hanno a bordo

e che è decentrata rispetto ai controllori principali. La tecnologia

pneumatica, prodotta da aziende come Parker, SMC e Rexroth, è

estremamente diffusa in tutto il mondo industriale e svolge un

lavoro di vitale importanza in molti settori. Sebbene la loro pre-

cisione non sia intrinsecamente così accurata come quella delle

attuali soluzioni elettroniche (soprattutto a causa della comprimi-

bilità dell’aria), le infrastrutture pneumatiche vengono impiegate

in un grandissimo numero di compiti diversi. Il moto controllato

elettricamente ed elettronicamente è, verosimilmente, ciò che le

persone immaginano come prima cosa quando si parla di controllo

del moto. Riprendendo la semplice descrizione che abbiamo dato

poche righe fa, il controllo del moto basato su un motore com-

prende un controllore, un circuito di pilotaggio (o un amplifica-

tore), un motore e tutte le retroazioni necessarie. In ogni caso, la

varietà di tecnologie tra cui poter scegliere è enorme, a seconda

della dinamica di base richiesta per la soluzione e, ovviamente, a

seconda del costo. Nel caso più semplice, è sufficiente utilizzare un

motore in alternata o in continua, cui associare dei variatori di ve-

locità, per riuscire a compiere diverse azioni di controllo del moto.

Motori passo-passo, disponibili in diverse tipologie e prodotte da

aziende come Crouzet, McLennan e Sanyo Denki, utilizzano gli im-

pulsi che ricevono in ingresso (si tratta tipicamente di onde qua-

dre) e che sono generati da controllori dedicati, per ruotare l’albero

motore con incrementi definiti con grande precisione, basati sulla

struttura interna del motore stesso e sul numero dei suoi poli (nor-

malmente compresi fra 50 e 100).

Vantaggi e progressi

Uno dei vantaggi di questa soluzione è il fatto che questi motori

non necessitano di alcun trasduttore per fornire informazioni

di ritorno relative alla propria posizione, abbassando così i costi

complessivi. Essi inoltre sono in grado di lavorare a basse velocità,

sviluppando in queste condizioni, buoni valori di coppia e infine

sono stabili a riposo, caratteristica che risulta particolarmente utile

in alcune applicazioni specifiche. I servomotori, prodotti da aziende

come Siemens, Schneider Electric, Telemecanique e Omron, hanno

un numero minore di poli (generalmente da 4 a 12) e richiedono

un trasduttore di qualche tipo per tracciarne la posizione. Risul-

tano adatti per funzionare ad alte velocità, condizione di lavoro

nella quale sono in grado di sviluppare valori di coppia più elevati,

proprio in virtù della configurazione dei loro poli. Ciò significa che

questi motori riescono a gestire carichi più pesanti rispetto a quelli

precedentemente descritti. Provvisti di una retroazione precisa, i

servomotori, sia lineari sia rotativi, sostituiscono abitualmente i tra-

dizionali sistemi a camme. Il loro principale vantaggio è costituito

dal fatto che il profilo di moto risulta davvero infinitamente varia-

bile, se confrontato con l’unico profilo ottenibile con una camma.