La ‘rivoluzione delle rivoluzioni’: intervista a Marco Taisch

Pubblicato il 23 settembre 2016

Marco Taisch, docente di Operations Management e Advanced and Sustainable Manufacturing al Politecnico di Milano, sarà l’autore del keynote al prossimo Connected Manufacturing Forum, l’evento organizzato da Business International a Milano dedicato ai temi della manifattura digitale. Lo abbiamo intervistato chiedendogli di commentare le misure presentate dal Governo e la sua opinione sui diversi aspetti della quarta rivoluzione industriale.

 

Il programma del Connected Manufacturing Forum è stato sviluppato, dal punto di vista narrativo, intorno alla ‘metafora’ di Matrix. Neo, il protagonista di questo film, deve scegliere tra una pillola rossa, che gli permetterà di scoprire la realtà in una nuova dimensione, e quella blu, che lo riporterà nel mondo che già conosce. È una scelta senza ritorno, proprio come quella che si trovano davanti oggi le imprese italiane davanti al bivio che rappresenta la quarta rivoluzione industriale, non crede?

Taisch: Senza dubbio. Nel mio discorso durante la presentazione del Piano ho detto che questa è la ‘rivoluzione delle rivoluzioni’ una vera e propria rivoluzione culturale che è ben più difficile delle tre che l’hanno preceduta. È più complessa dal punto di vista tecnologico, perché sono in gioco tecnologie di diversa estrazione. E quando aumenta la complessità serve un salto culturale. Credo anche che sarà una rivoluzione molto selettiva: le aziende ‘pigre’, che non sono disposte ad aprirsi all’innovazione, non avranno molto futuro e pagheranno un prezzo caro in termini di competitività. Vorrei però anche dire che dopo ogni rivoluzione il sistema, nel suo complesso, funzionerà meglio. Con l’aumento della produttività si liberano capitale e capacità produttiva e questo contribuisce a ridurre il gap di competitività che abbiamo con le economie caratterizzate dal basso costo della manodopera. Io credo che questa sia quindi anche un’opportunità per tornare a fare in casa quello che in questi anni abbiamo fatto fuori, l’occasione giusta per il reshoring che avrà un impatto positivo anche sull’occupazione.

Nel corso del film Morpheus dice a Neo: “Prima o poi capirai, come ho fatto anch’io, che una cosa è conoscere il sentiero giusto, un’altra è imboccarlo”. Esista anche in questo caso il rischio che le aziende non sappiano concretamente prendere la strada giusta?

Taisch: Il rischio di non comprendere i fattori di competitività esiste. Nell’Osservatorio sullo Smart Manufacturing del Politecnico di Milano abbiamo rilevato che il 38% delle aziende non sa nemmeno che cosa sia Industria 4.0. Questa è una gravissima lacuna di informazioni alla quale tutti noi dobbiamo contribuire a porre rimedio: se le imprese non conoscono le tecnologie, non si chiedono neppure se queste tecnologie possano essergli utili.
Uno degli obiettivi del Piano presentato dal Governo è proprio questo: creare l’Awareness, la consapevolezza, l’informazione che deve arrivare a tutti, dalle imprese alle famiglie. Sì, anche alle famiglie perché per formare le competenze necessarie non bastano le Università, serve capitale umano; e le famiglie devono avere le informazioni giuste per poter orientare le scelte per i propri figli in una direzione che sia compatibile con le reali esigenze dell’industria.

Nella prossima Legge di Bilancio entreranno per la prima volta delle misure atte a supportare la trasformazione digitale del settore manifatturiero: iper-ammortamento per gli investimenti in beni funzionali alla digitalizzazione, incentivi per la spesa in R&D, agevolazioni per le start-up e le PMI innovative. Il tutto con un focus di medio termine. Sono le misure giuste per rilanciare il nostro manifatturiero in chiave digitale?

Taisch: Sono convinto di sì, il piano è ambizioso già a partire dai volumi degli investimenti. Germania, Francia e Stati Uniti hanno fatto degli investimenti meno importanti di quello che il nostro Paese si accinge a fare. Certo, siamo partiti in ritardo, ma almeno l’attesa è ripagata dalla qualità di un piano davvero ben articolato.
Una delle cose più interessanti del Piano è che non si dice alle imprese in che cosa investire. È un piano neutrale, asettico sui settori e sulle tecnologie più indicate. Spetta all’imprenditore decidere che cosa è giusto fare e come farlo. Un’altra cosa che va sottolineata è che il controllo sull’attuazione delle misure spetta a una cabina di regia che non sarà solo politica: oltre ai Ministeri ci sono dentro tutti gli stakeholder del piano, tra cui università, industria e parti sociali.

Si è anche parlato di un modello tedesco, incentrato sulla fabbrica efficiente, e un modello americano, focalizzato sul prodotto intelligente. Quale sarà secondo lei il ‘modello italiano’?

Taisch: Non credo che seguiremo precisamente le orme di questo o quel modello. L’Italia è un Paese con le sue peculiarità. In alcuni settori sarà centrale il prodotto, in altri i servizi, in altri ancora la produzione. Come dicevo prima, il bello del Piano è la sua flessibilità, che lascia all’impresa la scelta su dove e come investire. Si potranno scegliere tecnologie che migliorano il prodotto e la sua progettazione oppure altre che rendano più efficiente la produzione.

Vedremo anche in Italia la cosiddetta ‘servitizzatione’ del business, la capacità cioè di generare profitti da servizi continui più che dalla vendita ‘one shot’?

Taisch: Non ci sono dubbi che le tecnologie digitali sono un fattore abilitante per la servitizzazione, che comporta anche una modifica sostanziale del business model delle aziende. Quanto questo accadrà dipende naturalmente da settore a settore.

La manifattura digitale aiuta anche le aziende a essere più sostenibili?

Taisch: Certamente. Grazie alle tecnologie digitali è possibile conoscere in tempo reale ogni aspetto del processo produttivo. E conoscere meglio il processo è la base per poterlo migliorare scegliendo processi più verdi o più efficienti. La scelta ovviamente spetterà all’impresa.

Come formeremo le competenze necessarie?

Taisch: In Italia abbiamo Università che lavorano su questi temi da sempre, anche quando non li chiamavamo Industry 4.0, ma semplicemente automazione. Alcune di queste sono dei player fortemente apprezzati sulla scena internazionale. Le stesse aziende tedesche si rivolgono a noi. Per esempio il mio gruppo del Politecnico di Milano lavora con Bosch e Siemens su due progetti europei.
Naturalmente non basta questo livello di competenze, occorre lavorare anche sulle scuole ma anche sulle scuole. Nel piano è previsto un ampio capitolo dedicato a questo aspetto.

Cloud, big data, analisi predittiva, simulazione e virtualizzazione, IoT e additive manufacturing. Sono tutte tecnologie che originano in ambiti diversi dal settore manifatturiero che però proprio qui stanno trovando un enorme potenziale applicativo. Qual è l’approccio da seguire perché il ‘porting’ di queste tecnologie in ambiente industriale sia efficace?

Taisch: Il nostro Osservatorio sullo Smart Manufacturing ha messo a punto uno strumento di analisi della maturità delle imprese sui temi di Industria 4.0. Grazie a questo strumento le imprese possono effettuare un check-up che permetta loro di capire su quali aree è pronta a ricevere supporto e anche quali sono le aree di maggiore impatto per il suo business.

Franco Canna