Il ‘medico’ delle piante
Dalla rivista:
Automazione Oggi
Si chiama Plantvoice (www.plantvoice.it) la pluripremiata start-up italiana che ha lanciato sul mercato un’innovativa tecnologia sensoristica in grado di rilevare in tempo reale lo stato di salute delle piante, attraverso un’accurata analisi biochimica della linfa. Raccogliendo e analizzando i dati grazie all’intelligenza artificiale nativa, si ottiene l’impronta digitale di ogni tipologia di stress della pianta, da quello causato dalle infestazioni, fino a quello dovuto alla siccità. È così possibile non solo prevenire la diffusione di malattie delle colture, ma anche migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni, oltre che ottenere un risparmio economico diretto, in termini di efficienza del consumo di risorse idriche, fertilizzanti e fitofarmaci. La tecnologia di Plantovoice può essere utilizzata in campo agricolo, ma anche nella gestione del verde urbano, con l’obiettivo di migliorare anche l’assorbimento di CO2 da parte delle piante e di calcolare l’impronta carbonica dell’area urbanizzata interessata. A fondare la società lo scorso anno è stato Matteo Beccatelli, chimico, inventore specializzato nella realizzazione di tecnologie brevettate, con esperienza in diverse start-up e progetti di ricerca e sviluppo tra Italia e Stati Uniti nell’ambito della sensoristica (New Jersey Institute of Technology, Università di Parma e CNR), assieme al fratello Tommaso Beccatelli, tecnico elettronico, imprenditore agricolo ed esperto di additive manufacturing. “Molto importanti per lo sviluppo della tecnologia” spiega Matteo “sono state le collaborazioni accademiche con Eurac Research, Fondazione Edmund Mach e Università di Milano, che hanno seguito le sperimentazioni sul campo e si sono occupate della validazione scientifica del brevetto. L’azienda ha poi stabilito il suo headquarter nel NOI Techpark Südtirol/Alto Adige, il parco scientifico e tecnologico della provincia autonoma di Bolzano, che ospita attualmente 3 Istituti di ricerca, 4 facoltà della Libera Università di Bolzano, 45 laboratori scientifici, 90 fra aziende e start-up, e diverse altre istituzioni italiane e straniere, tutte impegnate in attività di ricerca e sviluppo”.
Il 70% del consumo idrico mondiale dell’uomo è destinato all’agricoltura, ma il 60% dell’acqua utilizzata in questo settore viene sprecata a causa di sistemi di irrigazione inefficienti. L’agricoltura è anche responsabile del 17% delle emissioni globali di anidride carbonica.
“Insomma” continua Tommaso “ci siamo posti di fronte all’urgenza di adottare pratiche agricole più sostenibili. Ricordiamoci che al consumo idrico si aggiunge anche il problema dello sfruttamento del suolo. Plantvoice nasce proprio dall’osservazione di questi due principali problemi in agricoltura e dalla volontà di risolverli. Si è quindi ideato uno strumento che non invade la natura e non la modifica, ma grazie all’utilizzo dell’AI fornisce informazioni utili alle aziende agricole per gestire al meglio tutte le risorse. L’acqua è ormai un bene prezioso, i pesticidi hanno impatti su ambiente e salute umana, i fertilizzanti hanno effetti in termini di impoverimento del suolo: per questo Plantvoice ha creato un dispositivo che, grazie all’elaborazione intelligente di dati finora inaccessibili, rende possibile ridurre l’utilizzo di acqua e di sostanze chimiche”.
L’agricoltura 4.0 è la nostra risorsa per un futuro sostenibile?
“L’agricoltura 4.0, il settore in cui si inserisce l’attività di Plantvoice, è in forte crescita” continua Tommaso. “McKinsey calcola che questo mercato oggi abbia un valore di 31,5 miliardi di euro e possa segnare un aumento del 16% annuo fino al 2031. Anche in Italia i dati ricavati dall’Osservatorio Smart Agrifood del Polimi e dal Centro Studi TIM rivelano previsioni promettenti: nel 2023 il fatturato delle aziende che offrono soluzioni 4.0 per l’agricoltura ha raggiunto la cifra di 2,5 miliardi di euro, con un aumento del 23% rispetto all’anno precedente. Un trend che con tutta probabilità proseguirà, in quanto l’agricoltura 4.0 sembra essere l’unica strada percorribile in un contesto in cui la popolazione mondiale aumenta, ma il terreno coltivabile va esaurendosi”.
Come funziona l’applicazione di Plantvoice?
“Plantvoice” spiega Matteo “è una tecnologia sensoristica ‘as-a-service’ avanzata, che si traduce in un dispositivo fitocompatibile non invasivo, grande come uno stuzzicadenti, che viene introdotto direttamente nel fusto del vegetale, permettendo di avviare un monitoraggio in tempo reale dei dati fisiologici interni della pianta, per esempio la salinità e il flusso della linfa. La rilevazione viene fatta adottando un approccio a ‘pianta sentinella’, che si realizza sensorizzando una pianta rappresentativa dell’appezzamento agronomico omogeneo in cui è inserita, della dimensione media di metà ettaro. Una volta captati i dati, il sensore li invia in cloud a un software di AI che li analizza utilizzando algoritmi personalizzati per fornire informazioni dettagliate, per esempio su un eventuale insufficiente apporto d’acqua, o su un attacco di batteri e funghi. Queste informazioni aiutano le aziende agricole a prendere decisioni tempestive per preservare la salute e la resa qualitativa delle coltivazioni e a ottimizzare l’uso dell’acqua. A differenza delle altre principali tecnologie agricole, come sensori meteorologici, di suolo, di irraggiamento e temperatura, immagini satellitari di droni ecc., che forniscono agli agricoltori dati esterni alla pianta, relativi all’ambiente che la circonda, la tecnologia Plantvoice raccoglie direttamente i dati interni alla pianta, quasi come ‘un’elettrocardiogramma’ della pianta, attinenti alla sua fisiologia, consentendo così una rilevazione rapida delle anomalie dello stato di salute, minimizzando la latenza rispetto alle tecnologie concorrenti”. A completare il quadro di una start up vincente e competitiva sotto tanti aspetti c’è anche la scelta di una tecnologia che è essa stessa sostenibile: i sensori sono ‘bio’, realizzati con materiali biocompatibili e compostabili, e possono resistere all’interno della pianta per un’intera stagione vegetativa, consentendo quindi un utilizzo prolungato. La realizzazione avviene con tecniche di additive manufacturing, poco energivore. Un grande risultato, che ci fa ben sperare nel futuro anche delle prossime generazioni.
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