Il CRM come motore aziendale

Dalla rivista:
Automazione Oggi

 
Pubblicato il 10 maggio 2002

Saranno i grandi player a dominare la scena, con l’aiuto dei canali indiretti, ma opportunità di sviluppo interessanti esistono anche per i vendor di software/servizi CRM locali specializzati e con focus sulla customer care e la customer loyalty.

Il capitale relazionale

La qualità delle delle relazioni con i propri clienti costituisce il capitale relazionale, asset aziendale valorizzabile come altri beni, solo più complesso da valutare. Il capitale relazionale si può definire come ‘la sommatoria delle relazioni con i singoli clienti, ciascuna caratterizzata da una propria intensità (o qualità) di relazione.’ La qualità della relazione è un differenziatore che conta, e non sorprende che alla base di questo valore ci sia la customer satisfaction, cioè la qualità del servizio reso. Il ‘focus’ sulla customer satisfaction è il presupposto per costruire valore attraverso la relazione scomponibile in entità intermedie (fiducia, immagine, fedeltà, reputazione e lealtà) che costituiscono gli elementi di base nel processo con cui l’azienda crea e consolida le relazioni con i clienti. La fiducia, atteggiamento generato da molteplici esperienze di customer satisfaction personali, è la base della fedeltà e porta alla propensione al riacquisto. La fiducia promuove anche il brand e inoltre fa risparmiare tempo ed energia ai clienti nel loro processo di scelta. Quando l’immagine viene trasferita da un cliente ad altri clienti, si crea la reputazione, un valore della relazione con il cliente misurabile valutando in che misura un cliente si fa agente, in senso positivo o negativo, dell’azienda. Come l’immagine, anche la fedeltà (di un cliente per un dato prodotto o servizio) porta a comportamenti proattivi che fanno guadagnare il capitale relazionale in due modi: da un lato generando lealtà (il cliente segue l’azienda su nuove proposte, assorbe i nuovi prodotti e la sua puntualità e affidabilità nei pagamenti diminuisce il capitale circolante), dall’altro contribuendo alla reputazione, con atteggiamenti o convinzioni positivi.

Più’ customer satisfaction

Le due principali domande che dovrebbe porsi un’azienda quando sta per compiere un investimento tecnologico sono: “Quale sarà il conseguente vantaggio, in termini di produttività, entro un ragionevole periodo?” e “Qual è il ritorno dell’investimento in termini economici?” Ci sono due modi per giustificare l’investimento nei pacchetti per CRM: l’incremento delle vendite aziendali oppure la riduzione dei costi. Sebbene la riduzione dei costi non sia altissima, questa è la voce più considerata perché è più facile e sicura da quantificare. Ma il vero ritorno, investendo in CRM, si spera di ottenerlo in ultima istanza con l’incremento delle vendite dell’azienda conseguente agli aspetti organizzativi, dovuti alla miglior gestione della clientela, alla concentrazione degli sforzi nella vendita e stando attenti a non perdere i clienti attraverso l’acquisizione di dati estremamente precisi che sarebbe impossibile sintetizzare con altri prodotti che tendono a disperdere queste informazioni su troppi archivi separati. L’implicazione organizzativa di quanto sopra è la necessità di abilitare processi e visioni aziendali customer-centrici in aggiunta ai più diffusi indirizzi enterprise-centrici; ma il cuore strategico di tale capacità sta a monte, nel riuscire a modellare, misurare e massimizzare il ritorno dell’investimento sulla relazione. Lo scopo di CRM è proprio questo: ottimizzare la relazione per catturare il massimo del valore del cliente per l’azienda.

Le metriche da usare

Come costruire una metrica per misurare e massimizzare il ritorno sulla relazione? Il suggerimento di IDC è iniziare costruendo un modello di economia della relazione che consenta di: controllare le variabili rilevanti del cliente (anagrafiche, comportamentali, contestuali) nell’arco della relazione; cogliere da tali variabili i segnali che impattano il valore della relazione (ad esempio variazioni di capacità di spesa derivanti da cambiamenti anagrafici o demografici o cambiamenti di abitudini di spesa segnalati da variazioni degli indici di fedeltà-lealtà); individuare e realizzare, in base alle soglie d’allarme per tali variabili, gli interventi da intraprendere sui prodotti e servizi che possono interessare; adeguare le metriche stesse di controllo con l’evoluzione nel tempo dei processi interessati. Da quanto detto, emerge che CRM non è solo una questione di componenti tecnologiche, ma implica, più di altre soluzioni, un salto culturale: dall’essere focalizzati sui prodotti bisogna che le aziende passino a un indirizzo gestionale molto orientato ai clienti. In questa trasformazione vengono coinvolte figure professionali dell’azienda che fino a oggi di rado sono state direttamente coinvolte in implementazione di progetti ma che hanno un ruolo determinante nel successo di queste nuove soluzioni. L’importanza di una concreta partecipazione di queste figure professionali è fondamentale perché ‘chi resta concentrato solo sui prodotti non riesce a cogliere opportunità per vendere altri prodotti a un consumatore o vendergli un maggior numero di prodotti durante il suo ciclo di vita da cliente.’