FEBBRAIO 2017
FIELDBUS & NETWORKS
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Fieldbus & Networks
sta conoscendo una seconda giovinezza e aprirà scenari assolutamente
inesplorati di opportunità e rischi che dovremo imparare a gestire”.
Tieghi
evoca i gemelli digitali, i ‘digital twins’: “Con tutti i dati raccolti
sulla macchina o impianto che abbiamo in osservazione è possibile
estrarre un ‘gemello digitale’, che potrà diventare la nostra palestra sul
quale fare analisi approfondite e sperimentare ipotesi e variazioni che sa-
rebbero impossibili o pericolose da fare sul corrispondente gemello fisico,
ovvero l’impianto o macchinario stesso. Attraverso il concetto di digital
twins è possibile allora spingersi un poco più in là, sfiorare il ‘near miss’,
ovvero il limite oltre il quale si rischierebbe di compromettere l’impianto
stesso, oppure ove le condizioni di gestione non apporterebbero bene-
fici o miglioramenti in termini di efficienza, o dove incrementi produttivi
sarebbero controproducenti in termini di energia o costi di gestione. Su
questi concetti vi sono interessanti esempi affrontati da GE Digital (www.
ge.com/digitaltwingame)”.
Porro
fa diretto riferimento ai software di DS, con i quali i dati vengono
rilevati e classificati automaticamente in base ai parametri desiderati e
possono essere agevolmente condivisi e letti secondo diversi livelli di
riservatezza e approfondimento. “Quanto all’impossibilità di modellare
la realtà, noi andiamo proprio nella direzione opposta. Gli strumenti per
modellare la realtà ci sono. Quello che spesso manca sono le cosiddette
‘skill’, le competenze specifiche da parte dell’utenza. Ci si riferisce in par-
ticolare alle tecniche di interpretazione del dato e alla capacità di tradurre
le informazioni in strategie aziendali e conseguente operatività. DS, a que-
sto proposito, crede profondamente nel valore della democratizzazione e
semplificazione della tecnologia, anche la più sofisticata intrinsecamente.
I nostri applicativi non presentano particolari problematiche tecniche o
di utilizzo, sono sviluppati secondo l’assunto che devono potere essere
utilizzati da un’utenza varia e su base allargata e i dati possono essere
organizzati in svariati modi per facilitarne la lettura e l’interpretazione”.
Dai dati alle decisioni: un passo decisivo
F&N:
La trasformazione dei dati in decisioni è probabilmente l’azione più
importante e delicata di tutto il processo di big data analysis. Cosa ne
pensate?
Ribadisce
Porro
: “Occorre conseguire una sintesi delle varie tipologie di
dati, interni ed esterni all’azienda, cioè del mercato, per conciliarli in una
visione d’insieme nell’ambito della quale prendere decisioni. Gli strumenti
per fare questo ci sono: i vincoli sono più di carattere organizzativo e cultu-
rale, cioè di revisione dei processi aziendali e delle strutture organizzative
e decisionali, che vanno rese più interconnesse, realizzando un ulteriore
passaggio all’integrazione orizzontale dell’azienda”.
Afferma
Bartolotta
: “Esistono già società di servizi che aiutano le aziende a
gestire grandi quantità di dati, tuttavia sussiste il rischio che le imprese siano
più impegnate a memorizzare o trasportare i dati che ad analizzarli. È molto
più efficiente sviluppare ulteriormente il decentramento. Per raggiungere
questo obiettivo è necessario che semplici componenti, tra cui inverter, sal-
vamotori, contattori e pulsanti, diventino dispositivi in grado di comunicare
e di prendere decisioni autonome basate sui dati ambientali a disposizione.
Ed è così che si trasformano in componenti intelligenti, noti anche come
smart device. In una macchina progettata per l’Industry 4.0 questi dispositivi
devono costituire la prima fase del processo di sviluppo e non l’ultima”.
DeMaestri
conferma che tale fase di trasformazione è molto critica so-
prattutto se non si crea un sistema di business intelligence adeguato. “Le
operazioni più dispendiose sono rappresentate dall’identificazione dei dati
da utilizzare, dalla loro pulizia e uniformazione. Tali azioni devono essere
precise ogniqualvolta occorra implementare un nuovo report, ma anche
quando sono apportati cambiamenti alle basi dati sorgente. Inoltre, un
altro elemento da considerare è la qualità del dato che a volte può essere
frammentato e incompleto. Per cercare di minimizzare questi problemi è
importante identificare il tipo di informazioni di cui l’azienda necessita e
sviluppare un sistema di BI custom basato su ferree logiche, che stabili-
scano fonti e regole a valle di una strategia pulita e chiara”.
A parere di
Magro
“i problemi sono di ordine concettuale perché richie-
dono una solida base conoscitiva per impostare le analisi e tradurle in
sistemi in grado di generare risultati inmodo efficiente rispetto agli obiet-
tivi e ai vincoli di progetto. La buona notizia è che i big player IT stanno
dotando le piattaforme cloud di strumenti tecnologicamente avanzati ma
di facile impiego”.
Sostiene
Tieghi
: “Oggi abbiamo gli strumenti per poter trasformare i dati
in informazioni. Il passo successivo da fare è mettersi nella condizione di
trasformare le informazioni in decisioni. Qui servono conoscenze, forma-
zione, esperienza e non ultimo il buon senso. Il tema dello ‘skill shortage’ è
sul tavolo di molti manager, in quanto sono rare da trovare le competenze
necessarie per i nuovi scenari dell’Industria 4.0, però alcune tecnologie ci
possono aiutare nel passo successivo, cioè di costruire la base di cono-
scenza acquisendo l’esperienza dagli operatori già esperti e mettendola
in database di prodotti che possano guidare gli operatori meno esperti per
fare la scelta più corretta. Iniziano a essere anche utilizzati tool di machine
learning appositamentemodellati sui processi industriali. Anche questi in
tempi rapidi affiancheranno operatori e gestori di impianto suggerendo i
parametri per una conduzione ottimale”.
Sottolinea
Olivini
: “La trasformazione di dati in decisioni richiede una
forma di intelligenza artificiale più o meno complessa, le forme di au-
toregolazione presenti nelle macchine per esempio possono essere già
considerate un significativo embrione di intelligenza artificiale. L’elabora-
zione dei dati nel cloud potrà essere il vettore di uno sviluppo futuro verso
macchine intelligenti”.
Risponde
Randieri
: “Trasformare i dati grezzi in informazione, così da
poter orientare meglio le decisioni, modificando e migliorando la visione
che abbiamo del mondo che ci circonda o quella parte del mondo che ab-
biamo scelto come contesto di ragionamento è più facile dirsi che a farsi.
Il rischio più grande dei big data è di cominciare una raccolta infinita di
dati inutili poiché totalmente scorrelati tra loro da essere non classificati e
quindi impresentabili. Occorre dunque orientarsi seguendo logiche ferree
in grado di stabilire fonti e regole, a valle di una strategia caratterizzata da
driver ben definiti, quali: cosa è necessario scoprire e dove si sta cercando
per scoprire correlazioni e informazioni di cui non si ha coscienza. Supe-
rata la prima fase di raccolta dei dati segue quella della presentazione
quale strumento base per l’analisi e per le attività di disseminazione”.
A parere di
Motta
infine, l’acquisizione dei dati è fondamentale, ma se
non contestualizzati tali dati non rappresentano un valore aggiunto, tra-
sformarli in un patrimonio di informazioni di lavoro e metterli a disposi-
zione degli operatori in modo adeguato rappresenta una delle maggiori
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