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FEBBRAIO 2013
FIELDBUS & NETWORKS
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con altri sensori durante il tragitto, quindi non potrà essere registrato
da altri. Gli svantaggi principali sono, invece, prevalentemente dati
dall’elevato consumo di potenza del tag per le misure e l’elaborazione
dei dati, che riduce l’autonomia nelle applicazioni con alimentazione a
batteria, dalla complessità delle compensazioni dei drift nelle misure
di velocità e direzione degli spostamenti, dalla necessità di una deter-
minazione accurata della posizione di partenza.
Un metodo diverso si basa sulla tecnica di ranging Rssi (Received
Signal Strength Indicator) applicata a una rete WiFi eventualmente
presente nell’area locale. L’idea di fondo è misurare l’intensità del
segnale trasmesso tra il tag associato all’oggetto e uno o più punti
di accesso alla rete. La potenza di tale segnale decresce infatti con
la distanza dalla sorgente. Il sistema può operare in modalità client
o server. Nel primo caso, il tag capta il segnale di beacon emesso
periodicamente dagli access point e ne misura la potenza, nel secondo
invece invia ai punti di accesso un messaggio proprietario o standard,
anche una ‘probe request’, e sono questi a determinare l’attenuazione
del segnale. In entrambi i casi le misure di potenza sono inviate a un
centro di elaborazione demandato a determinare la posizione del tag.
Vi sono diversi metodi di elaborazione per questo. Il più semplice è
quello di associare al tag la posizione del punto di accesso corrispon-
dente al segnale d’intensità maggiore. Più preciso è però il metodo di
trilaterazione, che utilizza le distanze da tre diversi punti di accesso
per triangolare la posizione. In alternativa (metodo ‘fingerprint match’)
il nodo centrale può disporre di un database dove sono registrate le at-
tenuazioni dei segnali provenienti da diversi punti di accesso in diversi
punti dell’area. Confrontando i valori misurati con i dati nel database è
possibile stimare la posizione corrente. Nelle soluzioni più complesse,
poi, alla rete di punti di accesso WiFi si può affiancare una rete di tag
di calibrazione e segnalamento, posizionati in locazioni fisse e note,
che consentono di correggere le misure di attenuazione del tag in mo-
vimento. Il vantaggio principale di un sistema di localizzazione me-
diante rete WiFi è il costo decisamente inferiore, in quanto non sono
richieste installazioni ad hoc: la rete è già esistente e utilizzata per altri
scopi. Poi non è necessario un tag specifico, in quanto l’applicazione
può essere installata anche su un normale dispositivo mobile dotato
di connettività wireless.
Se si trascura il carico di dati imposto alla rete WiFi per la comunica-
zione tra punti di accesso e tag e il fatto che le reti stesse non siano
pensate all’origine per tale scopo, quindi non consentano un’elevata
accuratezza di localizzazione, gli svantaggi principali della tecnica ap-
pena descritta derivano dalle limitazioni del metodo di ranging Rssi
adottato. Effetto doppler, fenomeni di aliasing e fading da cammino
multiplo, oltre alle variazioni delle condizioni ambientali di temperatura
e umidità, influiscono significativamente sulla bontà della misura di
attenuazione del segnale e riducono la precisione della localizzazione.
Il problema può in parte essere risolto adottando un metodo di ranging
alternativo, come quello del Tdoa (Time Difference Of Arrival), ma in
questo caso il parametro determinante per l’accuratezza della misura
diventa la latenza di risposta al punto di accesso e nasce la necessità
di specializzazione della rete WiFi.
Qualche alternativa
Gli stessi principi di localizzazione mediante rete WiFi prima indicati si
possono applicare a una rete di dispositivi Bluetooth, Zigbee o di tag
Rfid attivi. Il vantaggio, nel caso di una rete Bluetooth, è che i punti di
accesso sono tipicamente più diffusi sull’area, a causa del range di
copertura più basso, per cui è possibile ottenere una localizzazione più
precisa. Lo svantaggio principale è la lentezza della misura, legata ai
tempi delle procedure di ‘enquire’ e ‘paging’ dello standard Bluetooth.
Piuttosto pronta è invece la risposta di una rete Zigbee, tipicamente
inferiore a 30 ms. Sistemi di localizzazione mediante tale tecnologia
forniscono inoltre eccellenti prestazioni in condizioni critiche, grazie
all’utilizzo del protocollo Ieee 802.15.4, e supportano architetture tolle-
ranti a fault. Il supporto per reti mesh self-heating complesse assicura
poi un’ampia copertura dell’area locale, mentre la bassa dissipazione
di potenza garantisce un’elevata autonomia dell’alimentazione a bat-
teria. Scarsa immunità ai problemi d’interferenza e la necessità di un
numero elevato di rivelatori a causa del corto raggio della connessione
Zigbee sono invece i principali svantaggi. Non trascurabili, come nel
caso delle altre soluzioni wireless viste, sono poi i problemi di sicurezza
e affidabilità delle reti stesse, che potrebbero rendere il servizio non
disponibile in condizioni critiche o sotto attacco. Se si adottano invece
tag Rfid attivi, la rete di sensori finisce per essere dedicata all’applica-
zione, perciò può essere protetta come meglio si ritiene; di contro, ciò
comporta la dipendenza dal fornitore e la non interoperabilità di di-
verse soluzioni, come conseguenza di una mancata standardizzazione.
Reti di localizzazione Rfid con tag attivo possono operare, oltre che
sulla base di misure Rssi, mediante stime del tempo di volo (Time
Of Flight), del tempo di arrivo (Time Of Arrival) o dell’angolo di arrivo
(Angle Of Arrival) del segnale. Sul metodo Rssi sono invece basati i
sistemi che utilizzano Rfid passivo. Nell’architettura distribuita l’area
locale è popolata da una rete di ricevitori Rfid e da un trasmettitore uti-
lizzato per energizzare il tag passivo. Negli schemi ad accoppiamento
stretto, invece, sono presenti più dispositivi interrogatori, impiegati per
misurare la distanza del tag da loro. I vantaggi principali di tali reti Rfid
con tag passivo sono la buona accuratezza, inferiore anche a 1 m, il
basso costo del tag e la possibilità di integrare questo in praticamente
ogni tipo di oggetto. Tuttavia, la tolleranza ambientale di tali dispositivi
è piuttosto scarsa, la banda nella quale operano, tra 860 e 960 MHz
nello spettro ISM, è piuttosto affollata e manca una standardizzazione
di fondo che ne favorisca la diffusione. Nel caso delle architetture ad
accoppiamento stretto, poi, il traffico di rete generato è piuttosto ele-
vato e sono richieste capacità estese per l’elaborazione dei dati per la
localizzazione. Oltre ai metodi appenda descritti ve ne sono altri che
utilizzano tecnologie basate su comunicazioni UWB o segnali acustici.
Nel primo caso, per esempio, il tag invia periodicamente una serie di
impulsi con frequenza tipicamente inferiore a 100 MHz, che vengono
rilevati dai sensori di posizione dislocati nell’area. La posizione del tag
viene quindi stimata mediante metodi AOA, Tdoa o TOA.
L’utilizzo di segnali a banda ultra-larga permette in questo caso di ot-
tenere un’elevata risoluzione della localizzazione, fino anche a qual-
che centimetro, assicura l’operatività anche in ambienti dove siano
presenti materiali riflettenti, come nelle installazioni manifatturiere,
e non soffre d’interferenza con altre applicazioni radio. Risulta inoltre
immune a fading da cammino multiplo, tuttavia è necessaria una vi-
sibilità diretta (‘line of sight’) tra i diversi ricevitori o una loro connes-
sione mediante cavo.
Fonti:
ay Malik, “RTLS For Dummies”, Wiley Publishing, 2009
La geo-localizzazione
è utile in diversi
settori, soprattutto
come ausilio alla
navigazione, ma il
suo uso è limitato ad
aree esterne e aperte
Fonte: www.zeusnews.it
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