Settembre 2016
Automazione e Strumentazione
SCENARI
primo piano
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cazione possono essere visti da tre prospettive:
tecnologie, competenze e governance. Su que-
sti terreni si giocano sfide enormi che solo a
livello globale possono essere affrontate ade-
guatamente. In termini strettamente tecnologici
il pieno sviluppo di Industry 4.0 richiederà la
disponibilità di una
rete 5G
. Dovranno anche
essere portati avanti tutti i processi legati all’in-
teroperabilità, alla gestione degli indirizzi IP,
alla sicurezza e al fabbisogno energetico di un
numero enorme di dispositivi che dovranno con-
tinuamente scambiare informazioni. Gli inge-
gneri avranno un bel da fare nei prossimi anni.
Possiamo dire che sta cambiando il modello di
fabbrica e che emergono nuovi paradigmi pro-
duttivi?
Certamente. Rispetto alle fabbriche tradizionali
le Smart Factory si propongono di realizzare
prodotti qualitativamente più elevati, su volumi
minori, con costi e sprechi minori. Alcune stime
parlano di una crescita di produttività compresa
fra il 30 e il 50%. Le tecniche di Digital Manu-
facturing mettono insieme gli strumenti di
simulazione, pianificazione e ottimiz-
zazione funzionali alla progetta-
zione con i feedback provenienti
dalle attività di produzione. In
sostanza l’integrazione delle
nuove tecnologie permette
alle aziende di concentrarsi
sulla gestione delle informa-
zioni e sui processi critici, in modo da velo-
cizzare e snellire la produzione.
Ci sono Paesi e situazioni più sensibili a queste
novità e più avanti nel processo di cambiamento?
A seconda che si parli di Cina, Giappone, Corea
del Sud, Stati Uniti, Europa, Germania o Italia
cambia l’interpretazione della nuova rivolu-
zione industriale: velocità di diffusione, volumi
d’affari, approccio culturale, settori applicativi,
tecnologie abilitanti, governance non sono iden-
tici. In Cina, dove sono presenti circa un quarto
dei robot industriali di tutto il mondo, il mercato
della robotica sta esplodendo. In
Germania
,
culla di Industry 4.0, Bmw e Volkswagen stanno
usando un numero impressionante di cobot (robot
collaborativi) che lavorano a fianco degli opera-
tori umani. Negli
Stati Uniti
, dove non si parla
di Industry 4.0 ma soprattutto di Industrial IoT
e CPS (sistemi cyberfisici), sono scesi in campo
tutti i big player (IBM, Cisco, General Electric
solo per fare pochi nomi) nell’intento di fissare
gli standard della nuova industria. Il design indu-
striale italiano vede aziende come BTicino e
Luxottica, tra le tante, fare ampio uso di tecno-
logie 3D e prototipazione avanzata per la messa a
punto dei nuovi prodotti.
Si possono indicare settori produttivi più pronti
a cogliere le opportunità offerte dai nuovi sce-
nari della digitalizzazione e dello smart manu-
facturing?
Senza dubbio il cosiddetto ‘manifatturiero
avanzato’ che comprende automotive, aero-
spazio, macchine automatiche, meccatronica,
meccanica di precisione, sistemi di trasporto e
componenti elettronici. Ma i nuovi scenari inte-
ressano anche i servizi industriali. Ad esempio
nell’ingegneria della manutenzione l’Internet of
Things è ritenuta la killer application in grado
di mettere in comunicazione tra loro un numero
crescente di macchine e oggetti fisici e virtuali.
O pensiamo anche all’uso trasversale di
Smart
Sensor
e
Big Data
in tutti gli impianti indu-
striali e nelle linee di produzione.
Nel suo ‘Dizionario dell’Automazione’, alla voce
Industry 4.0 lei accenna a “conseguenze a lungo
termine” riguardanti la visione del lavoro. Può
approfondire questi punti?
Nelle Smart Factory le
figure professionali hi-
tech
saranno fondamentali, sebbene relativa-
mente poche. Una quota importante di lavoratori
sarà dedicata alle attività di gestione di robot,
macchinari e sistemi informatici. I ruoli ammi-
nistrativi e di intermediazione potrebbero essere
fortemente ridimensionati. Serviranno compe-
tenze trasversali e formazione continua. In ter-
mini generali la maggiore flessibilità introdotta
dalle nuove tecnologie dovrebbe consentire orari
di lavoro più flessibili e la possibilità di lavorare
a distanza. Molti esperti mettono in guardia su
altri pericoli. Le previsioni più cupe arrivano a
prefigurare la scomparsa del lavoro tradizionale
nei prossimi decenni e dunque ad affrontare il
tema da altre prospettive. Vedremo. Bisogna
però constatare che le dinamiche del lavoro sono
molto complesse e spesso le previsioni lasciano
il tempo che trovano. In Italia, ad esempio, negli
ultimi 15 anni, il numero di occupati è sempre
rimasto compreso tra i 22 e i 23 milioni (a parità
sostanziale di numero di abitanti).
Quanto al ruolo dei consumatori, le reti e il flusso
continuo di informazioni tra produttore e consu-
matori cambierà le dinamiche di progettazione e
produzione, fin dalle fasi embrionali di sviluppo
di nuovi prodotti. Inoltre, le imprese e le persone
potranno utilizzare IoT, Big Data e algoritmi per
aumentare l’efficienza energetica e la produtti-
vità, oltre a ridurre drasticamente il costo margi-
nale di beni e servizi, in un contesto di sharing
economy e piattaforme aperte.