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Efficiency & Environment - Maggio 2017

Carbon footprint:

soluzioni per la riduzione delle emissioni

sificandoli in tre livelli di efficienza energetica: IE1 (efficienza

standard), IE2 (efficienza alta e IE3 (efficienza premium). Il

Regolamento aveva anche fissato la tempistica per la pro-

gressiva immissione sul mercato di motori ad alta efficienza

(IE2 e IE3), con il contemporaneo divieto di immissione sul

mercato di motori non efficienti: dal 1 gennaio di quest’anno

i motori con una potenza nominale compresa tra 0,75 e 375

kW devono avere almeno efficienza IE3, oppure IE2 ma con

variatore di velocità.

Uno studio di Confindustria già nel 2010 aveva quantificato

i possibili risparmi energetici conseguibili con motori al alta

efficienza in abbinamento a inverter stimando che l’intro-

duzione di circa 1.000.000/anno di motori ad alta efficien-

za di potenza compresa nell’intervallo 5-90 kW,

avrebbe portato a un risparmio di circa 1,37

TWh/anno; l’inverterizzazione di tutto il

potenziale porterebbe a un risparmio

del 35% nel settore ventilazione e

pompaggio, del 15% nel settore

dei compressori e del 15% per

le altre applicazioni. Un note-

vole vantaggio in termini sia

di risparmio di energia pri-

maria sia di riduzione del-

le emissioni viene dai si-

stemi di cogenerazione.

La tecnica cogenerativa

“è ormai consolidata,

riponendo la propria

efficacia su macchina-

ri energetici di lunga

e provata affidabilità

quali turbine a vapore

(sia in regime di con-

densazione e spillamen-

to o in contropressione),

turbine a gas, motori a

combustione interna. Simili

impiantistiche sono penaliz-

zate da un pronunciato effetto

di scala, per cui le piccole appli-

cazioni scontano costi di installa-

zione per kW elettrico installato sen-

sibilmente superiori rispetto ai grandi

impianti da decine di MW. Anche per utiliz-

zazioni importanti su 5-6.000 ore/anno, i tempi

di ritorno oscillano mediamente intorno ai 4-5 anni, e in

questa fase storica i tempi di ritorno attesi dall’imprenditoria

sono di almeno la metà” come viene sottolineato da Enea.

Quindi “affinché la pratica della cogenerazione si possa af-

fermare strutturalmente in tutti i settori idonei, è richiesta

dal mondo imprenditoriale una sostanziosa politica di in-

centivazione”.

Ulteriori vantaggi verrebbero dai sistemi di trigenerazione

che favoriscono un pieno utilizzo del calore cogenerato:

questo infatti resterebbe inutilizzato nelle stagioni estive ma

può invece essere impiegato per alimentare gruppi ad assor-

bimento per la produzione di freddo per il raffrescamento

estivo. Certo, la trigenerazione presenta gli stessi problemi di

vato che l’incremento della CO

2

atmosferica ha

aumentato la fotosintesi clorofilliana, mentre il

rallentamento nella crescita delle temperature

globali ha ridotto la respirazione (il processo

con cui le piante di notte rilasciano CO

2

); i loro

risultati mostrano che, tra il 2002 e il 2014, la

vegetazione ha assorbito più CO

2

rispetto alla

media, rallentandone il tasso di accumulo in at-

mosfera del 2,2% l’anno.

È un rallentamento probabilmente tempora-

neo, che non risolve certo il problema del cam-

biamento climatico e che non riduce l’urgenza

di intervenire con politiche di mitigazione e

adattamento. Mantengono perciò tutta la loro

validità i programmi e i progetti di riduzione

della Carbon Footprint, consacrati anche da-

gli accordi sottoscritti dalla maggior parte dei

Paesi dopo la COP21 di Parigi e la successiva

COP22 di Marrakesh che hanno prospettato

una serie di interventi e di modalità attuative

finalizzati all’obiettivo di avere una concentra-

zione di gas serra in linea con un aumento di

temperatura media della superficie terrestre

che non superi i +2 °C.

Si può discutere sul realismo e sulla raggiungi-

bilità di tale obiettivo ma resta la necessità di

trovare soluzioni perché nei prossimi decenni

la concentrazione di queste sostanze climalte-

ranti possa diminuire.

E le soluzioni vanno fondamentalmente in

due direzioni: da un lato produrre gas serra in

quantità minori, dall’altro rimuovere dall’at-

mosfera più CO

2

di quanta non ne venga as-

sorbita attraverso i cicli naturali (cioè generare

le cosiddette ‘emissioni negative’).

Ridurre le emissioni

Una prima strada, sulla linea della riduzione del-

le emissioni, è quella che punta sull’efficienza

energetica di macchine, impianti e costruzioni

varie. Va citata per prima anche perché è quella

più attuabile dal maggior numero di soggetti,

potenzialmente da tutti, e in molti casi richiede,

per essere implementata, risorse, tempi e orga-

nizzazioni non particolarmente impegnative.

Limitandoci all’ambito industriale, bisogna dire

che l’efficienza energetica è ormai diventata un

must nella progettazione e gestione dei proces-

si produttivi.

Aumentano gli strumenti e le metodologie di-

sponibili per l’ottimizzazione dei processi indu-

striali, ma soprattutto migliora l’efficienza dei

motori elettrici che rappresentano i tre quarti

dei consumi elettrici del settore industria. Tale

miglioramento è dovuto alla diffusione di mo-

delli più efficienti trainata dall’entrata in vigore

del Regolamento 640/2009 e della norma CEI

EN 60034-30 che aveva definito le nuove classi

di rendimento dei motori asincroni trifase clas-