TAVOLA ROTONDA
AO
SETTEMBRE 2016
AUTOMAZIONE OGGI 392
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sin dall’inizio del ciclo produttivo; sappia collaborare con l’IT
tradizionale per creare interoperabilità con determinate applica-
zioni come quelle ERP e MES; sappia capire il valore dell’analisi dei
dati per sfruttare l’enorme quantità di dati prodotto dal proprio
impianto produttivo, e che sappia identificare nuovi processi e
opportunità di business che tutto ciò è in grado di generare.
Ezio Fregnan:
Più che di un singolo profilo è appropriato par-
lare di executive, manager e professional dotati di competenze
specifiche per guidare la trasformazione digitale di un’azienda.
Ci riferiamo quindi a figure professionali, altamente specializzate,
capaci di esprimere una visione e guidare il cambiamento orga-
nizzativo e tecnologico di un’azienda; dialogare con chi disegna
i prodotti e i processi produttivi, per identificare il bisogno e l’op-
portunità di applicazione delle nuove soluzioni di automazione
industriale; contribuire attivamente all’ideazione e allo sviluppo
di soluzioni di automazione; garantire una solida governance del
progetto e del team coinvolto nel percorso di innovazione.
Giuseppe D’Amelio:
Il budget delle iniziative digitali è sempre
più spesso gestito dalle funzioni di business. Per questo i pro-
cessi aziendali devono essere ripensati in
chiave digitale direttamente da chi ne ha la
responsabilità. Informazioni e immagini sono
essenziali in qualsiasi processo e funzione
aziendale. Non è difficile immaginare quali
siano i risultati di una corretta diffusione
interna di tali contenuti. Proprio per l’impor-
tanza di tali tecnologie è necessario riuscire
a esercitare un buon grado di controllo sui
flussi di informazione, in modo da massimiz-
zarne l’efficacia e il riuso. In questo contesto il
CIO deve continuare a garantire un adeguato
sistema di piattaforme abilitanti al digitale,
gestendo allo stesso tempo il sistema infor-
mativo esistente con costi ottimizzati, ovvero
gestire la bimodalità dell’IT.
Paolo Carnovale:
La trasformazione digitale
di un’azienda richiede conoscenze specifiche
in diversi ambiti e specializzazioni: business
strategy, IT, Big Data, integrazione di sistemi industriali e processi
di produzione. Il modo migliore è quello di creare un team di di-
gital innovation che, con un’elevata autonomia, contenga tutte
queste expertise. L’autonomia operativa è un fattore essenziale
per evitare che la trasformazione sia rallentata o inibita dai pro-
cessi aziendali esistenti che non sono stati concepiti per essere
‘digital centric’.
A.O.:
Assumere nuove persone competenti sul tema potrebbe essere
di aiuto per la trasformazione. Quale profilo scegliere? Quali sono le
competenze richieste?
Muritano:
Meno del 10% delle aziende italiane ritiene di avere al
proprio interno un know-how adeguato ad affrontare la trasforma-
zione digitale. L’inserimento in un ‘digital champion’ dall’esterno
può senza dubbio dare degli stimoli all’organizzazione e accelerare
il cambiamento, a volte però l’integrazione della nuova persona
può risultare più lenta o complessa del previsto, soprattutto dove
la cultura aziendale è molto tradizionale, con processi radicati e
metodi di lavoro che tendono a essere rigidi. Ecco perché molte re-
altà scelgono di affidarsi a un partner esperto e qualificato, come la
nostra digital e software factory, che riesce non soltanto a portare
avanti i singoli progetti, ma soprattutto a costruire una strategia
digitale a tutto tondo con cui cogliere appieno le potenzialità di
crescita e innovazione delle nuove tecnologie.
Tieghi:
È facile comprendere come la generazione dei nativi digi-
tali potrà dare la spinta decisiva per il completamento di questa
rivoluzione industriale: a partire dai dispositivi wearable (che co-
minciano ad essere accettati e utilizzati con profitto anche dalla
generazione precedente), all’utilizzo di piattaforme in cloud per la
storicizzazione dei dati a un’innata propensione alle ultimissime
tecnologie, è facile capire come l’avanzamento nelle gerarchie
aziendali delle nuove leve possa essere un volano della trasforma-
zione digitale. Ci si è lamentati per anni della scarsa formazione
che le università fornivano agli studenti, catapultati in un mondo
del lavoro distante da loro anni luce. Oggi la tendenza è invertita,
e spesso sono piccole start up nate dai vari dipartimenti di elettro-
nica, informatica e meccanica ad alimentare concetti e progetti
legati a digitalizzazione, IoT e Industrial Internet.
Randieri:
L’Industria 4.0 richiede competenze trasversali e flessi-
bili, difficili da trovare, più rintracciabili nelle capacità del singolo,
che non nelle qualifiche formali, date da titoli di studi, certifica-
zioni e posizioni gerarchiche. Per esempio, servirà un informatico
non tanto certificato su una specifica piattaforma hardware, ma
che abbia una forte esperienza su più fronti e sia disponibile a
cambiare in modo naturale e flessibile. Tutto ciò è possibile solo
se si riqualifica la forza lavoro con programmi specifici sul digitale
non solo in aula, ma anche on the job, per esempio mostrando
gli effetti della realtà aumentata grazie all’aiuto delle più mo-
derne tecnologie. Tutto ciò non è sufficiente se non si attua una
pianificazione strategica della forza lavoro mappando le compe-
tenze del capitale umano e, con sistemi previsionali, proporre
soluzioni di mobilità interna, di formazione per colmare gap di
competenze, di piani di sviluppo, di outsourcing e insourcing,
a seconda dei bisogni e del capitale umano presente all’interno
dell’azienda. Secondo quanto sostiene The Boston Counsulting
Group (BCG) nello studio ‘HowWill Technology Transform the In-
dustrial Workforce Through 2025?’, analizzando 23 aziende mani-
fatturiere tedesche si è posto il problema di valutare quali siano le
nuove competenze richieste e come interagiscano fra loro tecno-
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