MARZO 2015
AUTOMAZIONE OGGI 379
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AO
SPECIALE
L
anciato comeprogettodi sviluppo industrialedal governo
tedesco nel 2011, il concetto di ‘Industrie 4.0’ ha ormai
conquistato l’intero compartomanifatturiero a livello glo-
bale. Eppure si tratta di un’idea poi non così nuova: “Già
negli anni ’80 parlavamo di ‘fabbrica intelligente’ e ‘smart
manufacturing’, di una produzione ‘evoluta’ frutto dell’integrazione
nell’automazione delle soluzioni ICT. Allora, però, non erano disponi-
bili tecnologie ‘abilitanti’ come IoT (Internet of Things), IoE (Internet
of Everything) e cloud, che rendono oggi effettivamente possibile
arrivare alla ‘connected enterprise’. Notevole quindi il passo avanti,
notevoleanche il cambioculturale che implica, per lepersone, l’acqui-
sizionedi competenze tuttenuove”. Loha ricordatoRobertoMottadi
Rockwell Automation in occasione della tavola rotonda sul tema ‘Au-
tomazione 4.0: il futuro è già qui?’ organizzata da Anie Automazione
con la collaborazione di Messe Frankfurt. Obiettivo dell’incontro era
riflettere su questo fenomeno di portata globale che promette di tra-
sformare abreve tutte le aziende, cercandodi capirequale sia lo stato
dell’arte nel nostro Paese e quali siano le reali opportunità offerte
dall’implementazione delle nuove soluzioni tecnologiche disponibili.
Solo una volta sciolti questi nodi, gli imprenditori sapranno definire
i possibili investimenti da effettuare per guadagnare o recuperare
competitività sul piano internazionale, colmando il gap tecnologico
che lePMI italiane rischianodi accumularenei confronti di aziendepiù
grandi, soprattutto estere, più portate a investire nel tempo e a cer-
care percorsi alternativi. Le imprese dovranno operare investimenti
graduali, avendoun riscontrooggettivodei vantaggi derivanti dauna
più profonda integrazione dei processi produttivi e dall’interazione
diretta fra le macchine. È un percorso che oggi appare obbligato per
chi intende rimanere sulmercato, al tempo stesso, però, ancora ai suoi
inizi. “Una recente ricerca effettuata in USA” ha proseguitoMotta “ha
evidenziato come solo il 14% delle aziende manifatturiere statuni-
tensi possa dire di avere effettivamente dato vita a un’integrazione
fra IT e OT (Operation Technology), confermando come il fenomeno
sia ancora agli albori”. Con lui concorda Giuliano Busetto di Siemens:
“Forse sarebbe più opportuno parlare di Industria 3.7 o 3.8 al mo-
mento, in quanto per poter raggiungere il traguardo del 4.0 occorre
prima avere chiaro dove si vuole andare, con quali mezzi e investi-
menti, effettuando un vero ‘salto’, prima di tutto a livello di mentalità.
Industry 4.0 infatti non è solo tecnologiama proprio un nuovomodo
di vedere, una nuova tendenza, una nuova flessibilità che ci dovrà
portare, ad esempio, a produrre in Europa in modo facile e flessibile
come produrre inCina. Anche gli stessi lavoratori dovranno cambiare
per rispondere a un bisogno diverso delle aziende che richiedono un
aumento della produttività, una maggiore interazione tra uomo e
macchina maggiore e soprattutto flessibilità del sistema produttivo
con ad esempio linee flessibili che si devono adeguare velocemente
alle esigenze del mercato che cambia”.
La richiesta di un’evoluzione nel modo stesso di concepire la pro-
duzione, del resto, viene ‘dal basso’: “Questo nuovo modo di vedere
l’automazione e la fabbricanascedal prodotto” ha sottolineatoGiam-
battista Gruosso del Politecnico di Milano. “È il prodotto a spingere il
cambiamento, è il momento della personalizzazione, e con esso la
necessità di ridare competitività al sistema manifatturiero, creando
nuovi servizi legati al prodotto stesso e andando sul mercato con
qualcosadi piùappetibileper il clientefinale rispettoalla concorrenza,
diversificando la propria offerta da quella di competitor che possono
Ilaria De Poli, Antonella Cattaneo
@depoli_ilaria, @nellacattaneo
Siamo solo agli inizi di un percorso che promette di trasformare l’intero
mondo manifatturiero e non solo: Industria 4.0. Una tavola rotonda ha
tentato di mettere a fuoco il fenomeno
Fonte: www.freeimages.com
Siamo o non
siamo ‘4.0’?