GENNAIO-FEBBRAIO 2015
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MARZO 2015
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presso le imprese, ma anche in quella passata di dipendente all’interno di una fabbrica
di semiconduttori, ho avuto modo di conoscere molte persone e in più di un’occasione
mi sono trovato di fronte ad aziende di successo che sono riuscite a gestire il momento
di crisi in maniera egregia, arrivando addirittura a guadagnare quote di mercato verso
concorrenti meno preparati. La crisi c’è stata e ancora oggi ne stiamo patendo gli effetti,
ma a distanza di qualche anno possiamo anche dire che abbiamo iniziato a metaboliz-
zarla. A questo punto dovremmo tener conto degli insegnamenti ricevuti, escludendo
tutte le cause esterne del tipo ‘speculazioni finanziarie’, ‘incapacità della politica’, ‘glo-
balizzazione’ per le quali la maggior parte di noi non può far altro che lamentarsi. Per
come la vedo, la differenza tra chi è rimasto a galla e chi è andato a picco sta proprio nelle
persone. Può sembrare una banalità, ma facendo riferimento proprio alla formazione in
azienda, la quale dovrebbe rappresentare uno degli investimenti più importanti a favore
delle persone, questa in molti casi risulta un momento abbastanza sofferto dove chi ci
guadagna il più delle volte è solo il formatore. Sempre rimanendo in questo ambito, a
partire dall’anno scorso per gli ordini professionali è stato elaborato il piano di forma-
zione continua in cui sarà obbligatorio da parte dei professionisti tecnici dimostrare di
aver partecipato a momenti di formazione; anche in questo caso rimane un alto rischio
di veder proliferare attestati di partecipazione ‘vuoti’, senza riuscire a rispondere all’esi-
genza di una reale formazione.
L’attività formativa rappresenta un tassello fondamentale se si vuole garantire una con-
tinua crescita di conoscenza allo scopo di mantenere un livello di competitività sempre
più grande, ma questo presuppone un cambio culturale che eviti di uscire dal pensiero
pericoloso in cui la formazione viene fatta perché la si deve fare e non perché serve.
Proprio per evitare questo rischio, stiamo assistendo ad alcune evoluzioni che prevedono
l’introduzione della certificazione delle competenze, esistente già per alcune figure pro-
fessionali e in fase di valutazione proprio in questi giorni dal Consiglio Nazionale degli
Ingegneri. Come per tutte le cose anche questa novità può essere vista bene o male, io
mi auguro che venga colta come un modo per differenziarsi avendo la possibilità di di-
mostrare seriamente le proprie capacità professionali acquisite sia in aula sia sul campo.
Richiamando un passaggio precedente, se vogliamo essere competitivi sul mercato glo-
bale dobbiamo essere bravi per davvero e l’elemento umano rappresenta il primo e più
importante tassello su cui costruire tutti i nostri obiettivi.
ome prima cosa approfitto di questo
spazio per rivolgere un sentito ringrazia-
mento alle persone che mi hanno invitato
a far parte della famiglia di Automazione
Oggi e un caloroso saluto a chi sta per ini-
ziare a leggere questa mia condivisione
di pensieri. Rileggendo gli argomenti
che avrebbero caratterizzato il numero di
marzo, ho trovato con piacere temi a cui
tengo molto e che sento vicini. Credo che
concetti quali innovazione, competitività,
formazione debbano essere alla base del
nostro modo di lavorare soprattutto in un
Paese come l’Italia dove la competizione
verso il resto del mondo è basata su atti-
vità ad elevato valore aggiunto e dove il
livello di qualità dei servizi offerti deve es-
sere necessariamente alto. Scrivendo que-
ste prime parole, vengo immediatamente
assalito dal dubbio: ma se il lavoro non
c’è e se la crisi è all’ordine del giorno, con
aziende che chiudono e persone messe in
cassa integrazione se non direttamente
licenziate, di cosa stiamo parlando? Nella
mia attuale esperienza di consulente
C
Human element
AO
IL PUNTO
Michele Santovito
Comitato tecnico di Automazione Oggi e Fieldbus & Networks