I ‘dialoghi’ di SPS Italia: il primo è fra le quattro aree del ‘District 4.0’

Dalla rivista:
Automazione Oggi

 
Pubblicato il 12 giugno 2020

Il primo incontro del ciclo “We love talking”, calendario di sei appuntamenti proposto da SPS Italia sull’evoluzione delle tecnologie dell’industria, che si terranno due al mese da qui a settembre, si è chiuso con una tavola rotonda sulle quattro aree chiave del mondo delle tecnologie per l’industria: automazione avanzata, robotica e meccatronica, digital&software, additive manufacturing, le stesse del ‘District 4.0’ di SPS Italia. A parlarne, alcuni rappresentanti di aziende partner di SPS Italia: Giorgio Ferrandino, General Manager di SEW-Eurodrive, Alberto Pellero, Director Strategy & Marketing Robotics KUKA, Davide Ferrulli, Country Manager Divisione 3D HP Italia, Giacomo Coppi, Digital Supply Chain and Manufacturing Leader SAP Italia.

Giorgio Ferrandino ha parlato della ‘smart production’ nel sito produttivo di Solaro, vicino Milano, inaugurato da SEW Eurodrive nel 2018, in occasione dei 50 anni di attività: una fabbrica 4.0 dove non solo si producono dispositivi smart ma dove la digitalizzazione si può toccare con mano sulle linee.

“Perché un progetto di digitalizzazione abbia successo occorre calarlo subito nella realtà e attuarlo avendo ben chiari gli obiettivi da raggiungere. I nostri erano una diminuzione dei tempi di consegna e la possibilità di offrire una maggiore scelta di prodotti in consegna ai nostri clienti. Siamo riusciti in tutte e due questi progetti. In azienda abbiamo processi di assemblaggio oltre che di logistica, quindi abbiamo ridisegnato la fabbrica coinvolgendo gli operai stessi, in modo da migliorare ogni attività. Per esempio, gli AGV sono stati regolati in altezza in modo da essere ergonomici per l’operatore che li utilizza, il che ne migliora il lavoro rendendolo al contempo più efficiente.

Per quanto concerne i prodotti, la digitalizzazione rende smart l’elettromeccanica e consente di elaborare i dati senza ricorrere al cloud per evitare di sovraccaricarle. Per esempio, posso rilevare tramite dei sensori i dati relativi allo stato di funzionamento di un componente ed elaborarli tramite pacchetti software di pre-analisi, senza usare il cloud computing. Oppure posso creare correlazioni fra i dati raccolti per vedere non solo lo stato del componente ma dell’intera applicazione e decentralizzare l’analisi dei dati sul componente, ottenendo una maggiore rapidità di informazione e mantenendo le reti leggere. In linea con il concetto di edge computing”.

Alberto Pellero ha raccontato come durante la pandemia gli AGV di Kuka siano stati impiegati per compiti di sanificazione negli ambienti contaminati da Covid-19: “Siamo un’azienda che fa roborica industriale, ma sempre più anche robotica di servizio. Un altro esempio: dal 2011 un nostro robot industriale è impiegato in un ospedale milanese per dei trattamenti terapeutici. Poi abbiamo creato altre tipologie di robot: il robot barman che realizza cocktail sulle navi da crocera per fare un altro esempio. Infatti non tutti i robot sono uguali… Gruppo IMA dal 2015 sta lavorando a un progetto per far svolgere ai robot mobili il montaggio dei rulli sulle macchine di packaging. Lamborghini utilizza per l’avvitatura sotto scotta, in una posizione anti ergonomica molto scomoda, un sistema mobile in grado di muoversi intorno a un robot collaborativo in modo safe. I robot sono poi molti utilizzati per esempio nella costruzione di wafer nell’industria dell’elettronica.

Diciamo che possiamo individuare due direzioni di sviluppo, lato materiali, con la soft robotics, e lato intelligenza. Abbiamo fatto delle demo provando ad aggiungere intelligenza ai robot, per esempio raccogliendo i dati (di coppia) da un robot mentre manipolava un oggetto realizzato in materiali diversi: un algoritmo di intelligenza artificiale forniva intelligenza al robot facendogli riconoscere il materiale. A fine assemblaggio così solo movimentando l’oggetto il robot potrebbe capire se il montaggio è stato fatto bene.
Un’altra demo monitorava i dati di un sistema in movimento con robot per ottimizzare la disponibilità di un robot in presenza dell’altro, aumentando la produttività e riducendo il tempo di ciclo, aumentando quindi la produzione.
Un terzo esempio riguarda la robotica collaborativa e la possibilità di fornire degli ‘occhi’, tramite un sistema di visione artificiale, al robot tramite un sensore, in modo che il robot si sposti quando l’operatore si avvicina. Ovviamente ha senso rendere un robot intelligente solo se questo ne migliora le prestazioni per determinati compiti”.

Davide Ferrulli ha parlato di additive manufacturing, una delle tendenze che più sono assorte agli onori della cronaca in questo periodo di pandemia: “In molti casi diverse aziende che impiegano le nostre stampanti sono riuscite in sole 24h, a fornire in quantità notevoli quanto richiesto da centri spesso in situazione critica. Molti partner con stampanti 3D, che peraltro erano in lockdown per cui non produttivi, hanno dato un aiuto notevole a ospedali, centri di analisi ecc. Si è trattato di una supply chain distribuita, dove le aziende bastava condividessero un file, che è così riuscita a produrre in quantità importante i presidi di cui c’era necessità, rispondendo a queste esigenze improvvise grazie al fatto di essere snella.

Nato negli anni ’80 con il nome di prototipazione rapida, l’additive manufacturing è un universo costellato da molte tecnologie e molti materiali: prima sono arrivati i polimeri, da qualche anno i metalli. Scegliere non è semplice e non sempre è utile sostituire con questa tecnologia i sistemi tradizionali. I benefici che si possono ottenere possono essere di costo, di prestazioni del prodotto finito e/o di maggiore personalizzazione dei prodotto, o di una maggiore velocità produttiva. A volte si utilizza la stampa 3D solo come ‘brige’: si inizio con il 3D printing per poi passare a una produzione tradizionale quando arriva lo stampo. La sua diffusione comunque è in accelerazione. Negli ultimi 12 mesi sono stati prodotti circa 17.000 componenti di vario tipo per le auto delle forze armate da parte di un grande produttore del settore; nell’ambito delle macchine automatiche per l’analisi del sangue, un altro nostro cliente produce circa 5.000 componenti al mese. Spesso si tratta di prodotti che sostituiscono quelli tradizionali in metallo. In poche ore posso ottenere numeri anche importanti. Volkswagen per esempio produce circa 10.000 componenti in metallo in 30 giorni destinati ai veicoli elettrici. In generale, più un pezzo è complesso e piccolo, più è conveniente usare la stampa 3D. Noi siamo in grado di aiutano i clienti a individuare le soluzioni migliori per le loro applicazioni”.

Aiutare le aziende, però nella gestione degli innumerevoli dati che raccolgono, non solo quelli gestionali per cui inizialmente nasce (ERP) è anche la mission di SAP, come illustrato da Giacomo Coppi: “Oggi si raccolgono moltissimi dati, per esempio sull’esperienza del consumatore finale. Sfruttare queste informazioni al meglio, abbattendo anche i tradizionali silos che si creano in azienda, è quello che intende fare SAP, che propone anche l’uso del cloud in modalità a consumo.

Vogliamo così mettere più intelligenza: nel prodotto fin dalla progettazione; nella fabbrica integrando supply chain e processo (qualità, approvvigionamento, tracciabilità del prodotto finito); negli asset fisici, per esempio nei macchinari; nelle persone, che devono poter lavorare in un ambiente sicuro e fare la loro esperienza di dipendenti in grado di impiegare abilitatori digitali come AR, 3D, dispositivi di accesso in sicurezza agli ambienti, di esposizione delle informazioni per prendere decisioni corrette sul lavoro. I sistemi devono permettere al personale di usufruire dei dati che vengono raccolti, favorendo l’adozuione di architetture ibride dove il cloud si integra, dove necessario, con soluzioni on premise”.

Prossimo appuntamento il 18 giugno, ore 14,30, con “La continua evoluzione della robotica industriale”.

Ilaria De Poli @depoli_ilaria



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