Sondaggio 2016 di FondItalia su formazione e talenti del futuro

Cresce la consapevolezza delle imprese del ruolo strategico della formazione, ma ancora si stenta a puntare davvero sull’innovazione e sulle risorse umane

Pubblicato il 23 novembre 2016

Anche quest’anno FondItalia, il Fondo Interprofessionale per la formazione continua, ha presentato il nuovo sondaggio 2016 presso ExpoTraining, la Fiera della Formazione di Milano. Un appuntamento ormai classico del mondo della formazione italiana, per discutere della situazione attuale e delle tendenze per il futuro.

Il sondaggio, che ha coinvolto 989 persone con il Metodo Cawi nei mesi di giugno e luglio, ha mirato soprattutto a verificare quali potranno essere, secondo il campione raggiunto, i ‘Talenti di domani’, le competenze trasversali che saranno necessari per affrontare il mondo del lavoro e la concorrenza globale nei prossimi anni.

Dai dati presentati emerge una rappresentazione ambivalente del mondo del lavoro italiano:  da un lato una crescente consapevolezza dell’importanza strategica della formazione continua e della valorizzazione delle competenze trasversali, dall’altra un mondo imprenditoriale che si muove lentamente, che prende coscienza con difficoltà, che innova poco, che fa formazione solo per i campi ‘obbligatori’  (oltre il 45% della formazione che viene fatta, ma solo il 54% delle aziende fa formazione in modo continuativo). I lavoratori, manager compresi, sanno che lo scenario economico e produttivo costringerà in pochi anni tutte le imprese ad incrementare nuove competenze. Ma il mondo dell’impresa italiano stenta a reagire.

È certamente anche un problema di capacità di investimento dopo un periodo complesso come quello appena trascorso, ma non solo. Basti pensare che solo il 36% degli imprenditori utilizza in maniera continuativa i Fondi Interprofessionali come Fonditalia, per finanziare la formazione dei propri dipendenti. Mentre più del 20% non li ha mai utilizzati.

Si tratta, quindi, anche di un problema culturale, un necessario cambiamento di ‘paradigma’ dell’impresa italiana, che ha enormi potenzialità sul mercato internazionale, ma che deve comprendere davvero e fino in fondo che o ci si forma, o si innova, o si valorizzano le risorse umane, o si resta fuori.

I dati relativi alle pratiche di innovazione nell’organizzazione del lavoro rilevati per l’Italia dalla recente indagine Isfol su ‘Intangible Assets Survey’ mostrano come le attività innovative di organizzazione aziendale coinvolgano poco più di un quinto del totale delle imprese, collocando l’Italia tra i Paesi moderatamente innovatori, con una performance in tale ambito addirittura in declino, con i valori più bassi di investimento in attività intangibili soprattutto al Sud.

I partecipanti al panel nel sondaggio FondItalia sono stati un po’ più benevoli: Il 40% di essi ritiene, infatti, che elementi di innovazione per quanto riguarda la produzione e/o i servizi vengano costantemente introdotti all’interno delle proprie aziende, facendo ben sperare nella futura crescita di queste imprese.

Resta tuttavia da segnalare  che un restante 60% si mostra come poco disposto al cambiamento.

Eppure, da quello che si legge sempre nel sondaggio, i lavoratori sono consapevoli del ruolo strategico della formazione e delle competenze trasversali, in particolare nel campo dell’IT e del web (66%), dell’internazionalizzazione e delle lingue (36%), ma anche dell’ambiente (oltre il 37%), della responsabilità sociale d’impresa (oltre il 24%). Tra 5 anni il 35% delle competenze attuali saranno obsolete, come recentemente ricordato a Davos, al World Economic Forum 2016: in cinque anni da oggi, più di un terzo delle competenze (35%) che sono considerati importanti nella forza lavoro di oggi saranno oggetto di radicale cambiamento.

È quindi evidente che la formazione debba diventare un asset strategico per le imprese, i lavoratori e le nazioni che non vogliono rimanere escluse dalla competizione globale.

“La formazione continua rappresenta il primo strumento per consentire ai lavoratori di aggiornare le loro competenze e trasformare i loro profili professionali per affrontare al meglio i cambiamenti messi in atto dalle realtà produttive” ha dichiarato Francesco Franco, presidente di FondItalia. “Interessarsi alle organizzazioni, a chi vi lavora e al loro modo di lavorare, significa ripensare in maniera costante l’economia di un Paese”.

“Il mondo del lavoro italiano ha preso in gran parte atto che il cambiamento è necessario per rimanere sul mercato. E che grande parte di questo cambiamento deve passare per le risorse umane. Però non ha ancora il coraggio di puntare con determinazione sulla formazione e sull’innovazione. Il ruolo dei Fondi Inter-professionali quindi deve anche evolversi, contribuendo non solo a sostenere la formazione continua, ma all’innovazione della visione imprenditoriale, soprattutto delle piccole e micro-imprese italiane.” ha aggiunto Egidio Sangue, vice presidente di Fonditalia.

“La formazione è il fattore di proiezione politica e culturale di una nazione il cui investimento determina un tassello importante nella costruzione di un’economia della conoscenza” ha dichiarato Carlo Barberis, patron di ExpoTraining. “In una strategia di Lifelong Learning, la formazione continua eleva la qualità dei saperi e delle competenze dei lavoratori e delle organizzazioni, garantendone di riflesso il l’elevazione del benessere e la riduzione della povertà. Visti i cambiamenti del mondo del lavoro che stiamo vivendo e quelli che presto muteranno radicalmente le imprese, ormai si può parlare a tutti gli effetti di una emergenza formazione che occorre avere il coraggio di affrontare”.

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