Fieldbus negli impianti di processo

Dalla rivista:
Fieldbus & Networks

 
Pubblicato il 15 febbraio 2002

Nati nel settore del manufacturing discreto e dell’automazione a bordo macchina, i fieldbus sono successivamente approdati all’industria di processo continuo. Vediamo con quali differenze rispetto all’industria discreta.

Continuo e discreto

Quali sono le differenze sostanziali fra una comunicazione in ambito controllo di processo e una in ambito manufacturing discreto o bordo macchina?

Secondo Piero Allegro di ABB Energy Automation tra le molteplici caratteristiche che contraddistinguono ciascun bus di campo si può cercare una linea discriminante tra fieldbus per processo discreto e per processo continuo nella complessità dell’informazione: “Le applicazioni di tipo discreto prevedono l’impiego di un gran numero di dispositivi in campo relativamente semplici come sensori di prossimità o di posizione, fine corsa, contattori, attuatori on/off e partenze motori”. In questi casi, per privilegiare il tempo di risposta, la dimensione del campo dati risulta generalmente contenuta: si pensi a DeviceNet, il cui campo dati è limitato a un massimo di 8 byte; la frammentazione di blocchi di dati più lunghi viene gestita al livello applicativo del protocollo. Altrettanto significativa è la previsione per profili di comunicazione semplificati, che facilitano l’integrazione di dispositivi in grado di eseguire funzioni predefinite. “Per contro, nell’ambito dell’automazione di processo la necessità di procedere alla trasmissione di misure multiple o alla configurazione e alla diagnostica di strumenti complessi conduce a strutture dati decisamente più estese rispetto al caso discreto”, prosegue Allegro. “Non dobbiamo tuttavia pensare a confini netti e invalicabili. Ad esempio la tecnologia CAN, che sta alla base di DeviceNet, nasce in campo automotive, ma ha conosciuto positive applicazioni anche nel controllo di processo”. E standard come Profibus e Modbus sono adeguati ad applicazioni tanto nel discreto quanto nel continuo. “A mio parere esistono due ambiti di differenziazione: disponibilità e topologia del bus”, afferma Andrea Villa di Bartec. Nell’industria di processo evitare il fermo impianto è un aspetto essenziale per cui vanno privilegiate soluzioni di comprovata stabilità, evitando al contempo la creazione di colli di bottiglia, ovvero la presenza di singole parti da cui dipende la funzionalità dell’intero bus. L’indipendenza di ogni parte della rete dal funzionamento delle altre è un buon criterio per costruire reti a elevata disponibilità. “Per quanto riguarda la topologia, è chiaro che le reti in ambito di controllo di processo si sviluppano spesso per diverse centinaia di metri, se non per chilometri, spesso con necessità di diramazioni e con un numero elevato di partecipanti”, prosegue Villa. “Un buon fieldbus o una rete ben progettata devono essere in grado di soddisfare queste due esigenze”. Secondo Riccardo Galloni di Fieldbus Foundation Italy la differenza sostanziale tra comunicazione di processo e manifatturiera è data dalla necessità di assicurare il determinismo del segnale di controllo: “Ciò significa che occorre garantire la disponibilità della variabile o del segnale di regolazione in tempi precisi e ripetitivi”. Foundation Fieldbus ha risolto questo problema utilizzando due tipologie di segnale di comunicazione su bus: uno ciclico publisher-subscriber o client-server, con tempi fissi all’interno del macrociclo, che trasmette i segnali legati al loop di controllo, e uno aciclico, solo client-server, per tutte le attività di configurazione e parametrizzazione non legate al controllo vero e proprio.

Per Roberto Motta di Rockwell Automation: “In primo luogo, occorre tenere presente che in applicazioni di processo continuo il controllore, i dispositivi in campo e le interfacce operatore devono funzionare come un unico sistema integrato molto più che in applicazioni discrete”. Inoltre, la dimensione e la complessità dei dati sono maggiori rispetto a un ambito di controllo di tipo manifatturiero ed è indispensabile visualizzare, analizzare e regolare continuamente tutti i parametri di funzionamento dell’intero impianto con il massimo livello di trasparenza e affidabilità nella gestione del flusso delle informazioni fra i vari livelli di comunicazione. Oltre a ciò, è preferibile avere tante derivazioni indipendenti di fieldbus interconnesse al sistema di controllo centralizzato quanti sono i loop di controllo, in modo che al verificarsi di un’interruzione della comunicazione su una delle derivazioni sia possibile mantenere la sorveglianza sugli altri loop di controllo. “La possibilità di realizzare architetture di back-up delle unità di controllo e dei moduli di I/O, di utilizzare mezzi fisici di trasmissione ridondati o su supporto in fibra ottica e la disponibilità di soluzioni per applicazioni in aree a pericolo di esplosione (ex) costituiscono requisiti che, incrementando il livello di affidabilità del sistema, devono essere soddisfatti nella maggior parte delle applicazioni di controllo di processi continui”, conclude Motta.
“Le differenze fondamentali tra una comunicazione in ambito controllo di processo e una in ambito manu-facturing discreto ritengo siano da ricercarsi nella tipologia di segnali da trasportare e nella differente funzione degli stessi”, afferma Mauro Polita di Siemens. “Nel manufacturing, o bordo macchina, è quasi sempre presente un’intelligenza locale in grado di gestire e controllare eventi locali; in questo caso, il fieldbus gioca il ruolo di collettore di informazioni sullo stato delle macchine e portatore di semplici comandi tipo ‘avvia’ o ‘ferma’ la macchina, ‘lancia’ quella sequenza operativa, e via dicendo”. I segnali quindi sono quasi esclusivamente di tipo discreto e occorre primariamente disporre di un’elevata velocità di comunicazione. “Per quanto concerne il controllo di processo non credo in quanti profetizzano un ritorno al passato, individuando il loop locale quale soluzione ai problemi di sicurezza e affidabilità del processo”, prosegue Polita. “Considero il controllo di processo un ambito dove le innovazioni, grazie alla ricerca, sono continue e i fieldbus devono servire questo concetto rilevando segnali, ormai non più solo di tipo analogico; trasportandoli in modo ‘relativamente’ veloce a un controllore in grado di sviluppare le sempre più complesse strategie di regolazione oggi possibili grazie alla potenza dell’elettronica; riportando i segnali di comando agli organi di regolazione, chiudendo così l’anello di regolazione. Il fieldbus si pone come soluzione per controllare in modo sempre più completo tutte le variabili in gioco in un impianto, ossia processo, analisi, stati e condizioni, e non solo una parte di questi”.

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