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Automazione e Strumentazione

n

Maggio 2015

EDITORIALE

primo piano

9

Prof. Giovanni Legnani

Dip. di Ingegneria Meccanica e

Industriale

Università degli Studi di Brescia

Vicepresidente SIRI Associazione

Italiana di Robotica e Automazione

i robot si vedevano sui fumetti,

in qualche cartone animato e nei romanzi di Asimov: ominidi tutto fare, di solito

buoni, che interagivano con l’uomo in maniera totalmente efficace e sicura.

Nell’immaginario collettivo si era certi che nel mitico anno 2000 (il fascino del

triplo zero…), che allora appariva lontanissimo, tutte queste cose sarebbero

diventate realtà.

All’università mi hanno poi spiegato che i robot potevano anche chiamarsi

antropomorfi, ma erano semplicemente dei bracci meccanici che portavano un

utensile o un dispositivo di presa e che stavano chiusi in gabbia perché erano

pericolosi. Potevano svolgere lavori pensanti, pericolosi o ripetitivi, ma erano

stupidi e “insensibili”. Nel frattempo in qualche laboratorio si vedevano goffi

tentativi di realizzare robot umanoidi intelligenti.

Con l’anno 2000 arrivò anche l’umanoide Asimo realizzato da Honda. Un oggetto

buono per stupire la gente, ma dal costo così alto che non è mai stato rivelato e

assolutamente inutile per la vita reale.

Dal 2000 tante cose sono cambiate. L’elettronica, l’informatica e la sensoristica

sono entrate dappertutto. Sulle automobili abbiamo i navigatori che ci insegnano

la strada evitando gli ingorghi di traffico, sugli aerei ci sono i piloti automatici,

la metropolitana viaggia senza conducente, i sistemi di visione leggono

automaticamente le targhe delle auto…

I ricercatori che spendono tempo e denaro per integrare meccanica, sensori e

la cosiddetta “intelligenza artificiale” cominciano ad ottenere risultati realmente

applicabili su scala sempre più larga. È ora possibile avere sistemi che individuano

con sicurezza la presenza e la posizione di persone all’interno di ambienti

strutturati e sfruttare, in tempo reale, queste informazioni per controllare i

robot. È quindi possibile far sì che il robot si tenga a debita distanza dall’uomo

assecondando i suoi movimenti, ma anche pensare a una collaborazione

nell’esecuzione di compiti specifici dove ciascuno dei due attori (uomo e robot)

abbia il proprio incarico da svolgere e possa entrare in contatto con l’altro in

maniera sicura, così come farebbero due operatori umani molto affiatati.

Inutile dire che questo risultato non è ancora completamente maturo ed esportabile.

Tuttavia dimostrazioni e prime applicazioni si incominciano a vedere realmente:

sono nati i “robot collaborativi” che operano senza barriere fisiche. I primi esempi

riguardano principalmente le grandi industrie, laddove vi è una rilevante capacità

in termini di investimento e di progettazione, ma il diffondersi di questa cultura

tecnica e di organizzazione del lavoro investirà necessariamente le piccole e medie

industrie.

Tutti questi temi saranno l’oggetto di una giornata di studio organizzata

congiuntamente dalla Siri (Associazione Italiana di Robotica e Automazione) con

Anipla e che si terrà a Milano presso Ucimu – Sistemi per Produrre a giugno.

Sarà l’occasione per poter analizzare le varie problematiche e le varie soluzioni, e

percepire quindi le nuove opportunità in questo campo.

Quando ero bambino

Aprite le gabbie,

liberiamo i Robot