NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
AUTOMAZIONE OGGI 402
164
AO
AVVOCATO
onostante il periodo di crisi economica che
dal 2008 a oggi continua ad attanagliare l’e-
conomia globale e nazionale, cominciano a
vedersi i primi segnali di ripresa. Uno degli
indicatori principali di questa, seppur ti-
mida, fuoriuscita dalla crisi è senz’altro l’au-
mento del numero di imprese registrato
negli ultimi anni. Secondo i dati dell’Os-
servatorio sull’Imprenditoria in Italia dell’I-
stituto Cerved dal 2014, dopo tre anni di
continuo calo, il numero di nuove imprese
in Italia è tornato a crescere. Uno dei dati più
significativi è l’aumento delle imprese nella
forma di società di capitali a discapito delle
forme di imprese individuali. La ragione so-
ciale preferita da piccole e medio imprese è
senz’altro quella della Società a Responsabi-
lità Limitata che, pur vincolando l’impresa a
maggiori obblighi come quelli del deposito
di bilancio e regolare tenuta delle scritture
contabili, offre diversi vantaggi, primo fra
tutti quello dell’autonomia patrimoniale
perfetta. È dunque piuttosto frequente che,
specie per società di piccole dimensioni, gli
stessi membri della compagine sociale as-
sumano ruoli attivi all’interno della società,
prestando il proprio lavoro o collaborando
nella gestione della società stessa. Una delle
circostanze che maggiormente si ripete
è quella del socio di maggioranza che as-
sume le vesti di amministratore unico della
N
Compensi degli
amministratori-soci
e conflitto di interessi
società al fine di mantenere un rapporto diretto con la società nei confronti della quale ha
riposto i propri interessi. Il rischio di questo tipo di organizzazione del lavoro all’interno
della società, tuttavia, è quello di creare dissapori all’interno della compagine sociale. Tra
i principali motivi di conflitto tra soci si annoverano senz’altro le delibere assembleari in
materia di compensi degli amministratori. Non è raro, infatti, che il socio di maggioranza,
nonché amministratore unico, si ritrovi a votare in delibere volte a stabilire il proprio com-
penso e che sia in forte disaccordo con il socio, o i soci, di minoranza. La contestazione che
viene sollevata più spesso è sul quantum del compenso deliberato che il socio di mino-
ranza ritiene eccessivamente elevato, specie se valutato in riferimento all’andamento della
società stessa. Ai sensi dell’art. 2389 del codice civile “I compensi spettanti ai membri del
consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina
o dall’assemblea”. Nel caso in cui il compenso non sia stabilito nell’atto costitutivo o nello
statuto, è necessaria un’esplicita delibera assembleare per determinarne la misura. Sovente
accade che il socio di minoranza impugni la delibera assembleare nella quale vengono
stabiliti i compensi dell’amministratore, contestando ex art. 2479 ter del codice civile il
conflitto di interessi dell’amministratore-socio, al fine di ottenere una pronuncia di invali-
dità della delibera stessa in sede giudiziale. Il menzionato articolo prevede tuttavia che, ai
fini dell’impugnazione delle decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci
che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società,
sia necessaria la prova del danno, anche potenziale, che tali decisioni possono arrecare
nei confronti della società. Sul punto anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione è
estremamente chiara. Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte, infatti, il conflitto di
interessi viene a porsi fra l’interesse personalistico del socio, espressione di un vantaggio
attuale e concreto del socio stesso, non necessariamente di carattere economico, e l’inte-
resse della società, inteso come l’insieme degli interessi comuni ai soci e che riguardano la
produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale, la distribuzione degli utili ecc.
(cfr. Cass. 27387/2005; Cass. 15950/2007; Cass. 28784/2008). Pertanto ricorre un’ipotesi di
conflitto in relazione a una data deliberazione quando il socio sia portatore di un duplice
interesse, quello che ha all’interno della società e quello personale, esterno alla società, e
detti interessi non possano coesistere senza che la realizzazione dell’uno non comporti il
sacrificio dell’altro. Inoltre, ai fini dell’annullabilità della deliberazione è necessario che la
stessa sia stata assunta con la partecipazione e il voto favorevole e determinante di chi si
ritrovava in tale situazione di conflitto. Infine, così come sancito dall’art. 2479 ter, è neces-
sario che detta decisione sia anche solo potenzialmente dannosa per la società in termini
patrimoniali (Trib. Roma Sez. Specializzata in materia di imprese, Sent., 24-01-2017). In con-
clusione, non è escluso l’esercizio del diritto di voto anche da parte di chi si trovi in una si-
tuazione di conflitto di interessi con la società, fatta salva ovviamente la facoltà di astenersi
dal voto, mentre, ai fini dell’impugnazione della delibera sui compensi, si dovrà valutare
la potenziale dannosità della deliberazione e l’incidenza della partecipazione al voto della
persona in conflitto ai fini dell’assunzione della decisione stessa.
ALP – Assistenza Legale Premium
Cominotto @cri625
Cristiano Cominotto, Antonio Sutera