AO
SETTEMBRE 2017
AUTOMAZIONE OGGI 400
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AVVOCATO
ell’ambito della disciplina del licenzia-
mento disciplinare uno dei principi fon-
damentali ai quali il datore di lavoro deve
attenersi è quello della tempestività della
contestazione. Ai sensi del secondo comma
dell’art. 7 della Legge 300/1970, infatti, il
datore di lavoro che intende adottare un
provvedimento disciplinare è obbligato
a contestare l’addebito al lavoratore in
modo specifico, chiaro e tempestivo. La ra-
gione di tale previsione è quella di consen-
tire al lavoratore dipendente di individuare
il comportamento che gli viene contestato
in modo tale da permettergli di difendersi
immediatamente, concedendogli al tempo
stesso la facoltà di contrastare in maniera
efficace il contenuto degli addebiti. L’im-
mediatezza che deve seguire tra il fatto
storico e il momento della contestazione
viene definita in diritto del lavoro principio
di tempestività. Le conseguenze per il da-
tore di lavoro in caso di mancato rispetto
della tempestività della contestazione
disciplinare sono notevoli. Una sanzione
tardivamente comminata espone infatti
il datore alla dichiarazione di illegittimità
della sanzione stessa in sede di giudizio.
Il principio di tempestività della sanzione
disciplinare deve essere tuttavia inteso in
senso relativo. Questo è quanto ribadito
dalla Corte di Cassazione con sentenza
n.281/2016. Nel caso in cui sussista un in-
tervallo temporale significativo tra il fatto
storico oggetto di contestazione e l’eserci-
N
Sanzione
e licenziamento
zio del datore di lavoro del potere disciplinare, deve essere valutato il tempo necessario
per il datore di lavoro di acquisire la dovuta conoscenza del fatto ai fini della prova. Ben
può accadere, infatti, che il datore di lavoro intenda svolgere delle indagini interne per
accertarsi che quel determinato comportamento sia stato effettivamente messo in atto
e con quali modalità sia stato commesso prima di comminare una sanzione, cosa che in
molti casi non è di agevole soluzione. Per questi motivi, la stessa Corte di Cassazione è
ritornata sul punto con la sentenza n.9285/2017 nella quale, pur non andando a intaccare
il principio della immediatezza della contestazione di natura disciplinare, ha sancito che
nella valutazione di tale immediatezza si deve prendere in considerazione la specifica na-
tura dell’illecito disciplinare, il tempo per l’espletamento delle indagini e tenere conto, e
questo è l’aspetto più interessante, che tanto è più complessa l’organizzazione aziendale
maggiore sarà il tempo necessario per il compimento degli accertamenti volti a un’even-
tuale contestazione. Al datore di lavoro è stata dunque riconosciuta una finestra tempo-
rale entro la quale è lecito muoversi ai fini degli accertamenti, sempre sul presupposto
che in ogni caso l’effettivo intervallo di tempo impiegato è suscettibile di valutazione in
sede giudiziale alla luce dell’art. 7 della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) e dell’o-
rientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione. Il principio di immediatezza è
recentemente tornato a essere oggetto dello scrutinio dei giudici della Suprema Corte
in vista delle effettive conseguenze in seguito ad accertamento in sede giudiziale dell’il-
legittimità del licenziamento per tardività della contestazione disciplinare. Il problema
principale che si sono posti gli ‘ermellini’ è quello delle tutele in capo ai lavoratori e, in
particolare, se in caso di illegittima contestazione tardiva a questi spetti la tutela della rein-
tegra nel posto di lavoro o la sola tutela risarcitoria. Sul punto la giurisprudenza della Corte
di Cassazione è divisa. Alla luce delle modifiche che sono state apportate allo Statuto dei
Lavoratori dalla Riforma Fornero e dall’entrata in vigore del Jobs Act, infatti, il legislatore
ha previsto come regola generale la tutela di tipo risarcitorio (il pagamento di una somma
di denaro), relegando la tutela reale (la cosiddetta reintegra nel posto di lavoro) in ipotesi
tassativamente previste dalla legge. Secondo un primo orientamento della Corte di Cas-
sazione, il datore di lavoro che licenzia il proprio dipendente a seguito di contestazione
disciplinare tardiva viola il principio di correttezza e buona fede del rapporto di lavoro.
Dal momento che, secondo questo orientamento, tale violazione è inquadrabile come
mancato rispetto di obblighi procedurali specifici, il lavoratore illegittimamente licenziato
avrebbe diritto a un’indennità risarcitoria così come previsto dall’art. 18 comma 5 (Corte
di Cassazione, n.5396/2003). Secondo la giurisprudenza più recente, tuttavia, contestare
al lavoratore un fatto con molto ritardo sarebbe equiparabile all’insussistenza del fatto
stesso. Secondo i giudici della Suprema Corte, infatti, un datore di lavoro che non contesta
tempestivamente non ritiene sufficientemente grave il fatto commesso del lavoratore,
salvo poi contestarlo tardivamente quasi come pretesto. Ai sensi dell’art.18 c.4, quindi, in
caso di licenziamento per contestazione tardiva il lavoratore avrebbe diritto a essere rein-
tegrato nel posto di lavoro (Corte di Cassazione, n.2513/2017). Alla luce di tale contrasto
giurisprudenziale, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione,
con ordinanza n.10159/2017, affinché si possa arrivare a un orientamento univoco.
ALP – Assistenza Legale Premium
Cominotto @cri625
Cristiano Cominotto, Aurora Orchidea Ventura