MARZO 2016
AUTOMAZIONE OGGI 388
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dell’operaio specializzato per operazioni meccaniche, ma per le attività di settaggio dei
macchinari. Attività, queste, centrali in un modello di produzione dove le macchine sono
sempre più complesse e soggette a errori, bug o altre tipologie di ostacolo alla produ-
zione e per il quale sono necessarie raffinate competenze di Information Technology’.
E poi: “La conoscenza avanzata di sistemi IT, la capacità di analisi in tempo reale dei big
data e il sapersi muovere tra sistemi cyber-fisici saranno la base per gli operai del futuro”
afferma Adapt. La diffusione del concetto di Industria 4.0 forza la mutazione del rap-
porto tra competenze e lavoro. Bisogna apprendere meglio, di più e con più costanza
per poter lavorare, bisogna unire il più possibile scuola, università e impresa. Questo sta
già accadendo dove lo ‘smart manufacturing’ si sviluppa più rapidamente: in Germa-
nia. L’Italia è un Paese che si poggia sulla media e piccola impresa, vera spina dorsale
dell’economia tricolore. Questo significa che dobbiamo creare un modello autonomo
per lo ‘smart manufacturing’. Non è appropriato che le nostre imprese si adagino su un
modello preso a prestito da economie diverse, quali l’americana o la tedesca. Il modello
italiano di Industria 4.0 è oggetto di studio dell’Osservatorio Smart Manufacturing della
School of Management del Politecnico di Milano, che presenterà a giugno la seconda
edizione di una ricerca il cui obiettivo è valutare l’influsso dello ‘smart manufacturing’
sull’ecosistema italiano. La ricerca degli Osservatori mira infatti a definire l’impatto che la
digitalizzazione dell’industria avrà sul processo e sullo sviluppo del prodotto-servizio. Il
livello di consapevolezza e di interesse delle aziende italiane alla Industria 4.0 è un dato
in crescita. Dando per scontato che le grandi aziende siano da tempo operative in questa
direzione, la domanda principale è se le PMI italiane hanno iniziato ad affrontare almeno
la fase progettuale del cambiamento produttivo (e manageriale). L’ingresso nel mondo
di Industria 4.0 è connesso strettamente a una maturazione aziendale complessiva che va
dal management alla struttura finanziaria, dalla formazione alla capacità di investimento,
dalle strategie al commerciale e alla logistica. L’investimento in automazione insieme alla
strategia di produzione e di vendita può essere la discriminante tra successo e insuccesso,
in tempi di crisi, ma anche per affrontare le volubilità del mercato. Mi ha colpito la storia
di una tipica medio/piccola azienda italiana operante in un settore non particolarmente
tecnologico, quello dei sistemi di fissaggio, viteria e bulloneria. In una fase espansiva
del mercato l’azienda avvia un importante investimento in automazione chiamando un
system integrator a ingegnerizzare la completa automazione del magazzino. A progetto
concluso la crisi mondiale colpisce duro, ma l’azienda non indietreggia e investe ancora
in automazione, adeguando il proprio modello produttivo alle mutate condizioni del
mercato. A crisi conclusa l’azienda espande ulteriormente la propria capacità in automa-
zione, attrezzandosi così completamente per ogni esigenza del proprio mercato. Questo
per dire che anche le PMI italiane possono avere visione e capacità adattative in ambito
Industria 4.0. Un caso isolato? Voglio credere di no.
l futuro è spesso sintetizzato da un numero,
quello per esempio di una nuova release.
Per l’industria siamo arrivati al 4.0. Ma cosa
significa davvero release 4.0 per l’industria
manifatturiera? Può essere per esempio
il proliferare degli oggetti connessi nel
mondo industriale? È un dato di fatto: l’IoT
è pervasivo. Secondo Gartner nel 2016
saranno 6,4 miliardi gli oggetti connessi
con un aumento del 30% rispetto a quelli
del 2015 e nel 2020 saranno 20,8 miliardi.
Per l’IoT verranno spesi quest’anno 235
miliardi di dollari. E questo è un bene. Au-
menta la produttività, salgono i fatturati,
aumentano i profitti. Ma le aziende sono
davvero preparate alla nuova release? Se-
condo Jim Tulley, vicepresidente di Gart-
ner ed esperto di IoT, il mondo ‘enterprise’
dovrà avere chiara la strategia di business
da perseguire e dovrà formare team di
specialisti dedicati, meglio se multi-disci-
plinari. Ecco, serve l’uomo, ma serve pre-
parato, formato, in grado di governare un
processo. Un uomo 4.0! L’industria 4.0 avrà
sul lavoro e sulla sua organizzazione non
tanto un effetto ‘evolutivo’, quanto piutto-
sto ne cambierà l’archetipo. Cambieranno
mansioni, orari, abitudini, rapporti, luoghi
e competenze del lavoratore. In un paper
di Adapt, associazione non profit che si oc-
cupa di studi e ricerche nell’ambito delle
relazioni industriali e di lavoro, si spiega
che ‘con l’arrivo dell’Internet of Things, la
produzione non necessita più dell’apporto
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AO
AUTOMAZIONE DOMANI
Per fare la ‘Industria 4.0’ serve l’uomo 4.0, preparato, formato, in grado di governare
il processo… ma deve essere ‘all’italiana’
Vitaliano Vitale,
@ChaimBenChaim