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GENNAIO-FEBBRAIO 2015

AUTOMAZIONE OGGI 378

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OTTOBRE 2015

AUTOMAZIONE GGI 385

svanito, anche perché il mercato è cambiato. Tra l’altro, ci si è resi conto che per­

dendo la capacità produttiva si sono progressivamente perse anche molte altre

competenze, tra le quali la capacità progettuale di prodotto e di processo. Oggi, il

manifatturiero pesa per il 17% del PIL mondiale e i Paesi emergenti sono artefici del

40% della produzione totale, quando solo vent’anni fa rappresentavano più o meno

il 21%. In questi anni, sia l’Europa sia l’America sia il Giappone hanno perso una

significativa quota della loro capacità produttiva, in particolare in USA era al 24%

e ora è al 22%; in Europa era al 36% mentre oggi è al 25%; in Giappone era al 18%

invece adesso è all’11%. Per questo, una delle priorità europee è di riportare il con­

tributo del manufacturing al 20% del PIL (oggi è al 15%) entro il 2020. L’Italia, come

quasi tutti i Paesi europei, ha visto una significativa contrazione del contributo del

manifatturiero al PIL, passando in pochi anni, dal 20% al 16%. Uniche eccezioni

la Germania, che dal 22% è passata al 23%, e la Polonia, passata dal 16% al 18%.

Come detto, il rilancio del manufacturing in Europa e in America non può avvenire

semplicemente ritornando ad aprire le fabbriche, bensì occorre ripensare i pro­

cessi produttivi e creare nuovi modelli di business. Comunque si voglia chiamare la

nuova evoluzione industriale, ‘Industrie 4.0’ alla tedesca o ‘Connected Enterprise’

all’americana, il concetto sotteso è quello di ‘Mass Customisation’. A questo pro­

posito mi preme sottolineare come l’attenzione alla ‘personalizzazione di massa’

possa consentire all’industria italiana di riscoprire la sua vocazione ‘artigianale’, non

più subendola a favore di un approccio ‘industriale’ tipico dei fornitori anglosas­

soni, tedeschi in testa, ma ‘agendola’, come fattore di competitività, attualissimo

sui mercati internazionali. La Germania è forte in termini di agenti abilitanti, ovvero

di componenti e di tecnologie che, utilizzati nei siti produttivi, possono permettere

di realizzare fabbriche totalmente interconnesse.

Nel caso dell’Italia, dobbiamo valorizzare la nostra capacità di trasformazione, la

nostra forza creativa e applicativa. È importante saper cogliere l’opportunità che ci

viene offerta dall’avvento della digitalizzazione a tutti i livelli, dall’interconnessione

fra macchine, dall’Internet of Things e dall’Internet of Services. Si apre una nuova

era industriale in cui la distanza tra le fabbriche e i consumatori si andrà sempre

più riducendo. Un’opportunità che, però, racchiude anche dei rischi, primo fra tutti

quello di stare a guardare invece di investire.

esidero partire da un assunto ampia­

mente comprovato: più manifatturiero

equivale a maggiore crescita. Nel 1991

il 60% della produzione mondiale era

in mano a sei nazioni: USA, Giappone,

Germania, Italia, Francia e Regno Unito,

oggi lo scenario è molto cambiato. No­

nostante tutto, l’Italia è ancora fra le

prime otto nazioni in termini di produ­

zione industriale, a dimostrazione che

la vocazione e le competenze conti­

nuano a esserci.

In questi anni, il trend di deindustrializ­

zazione ha comportato una riduzione

del numero di lavoratori del 20% in

Francia, del 29% in UK e in Italia del

23%; viceversa in Cina sono aumen­

tati del 39% e in Brasile del 23%. Da

poco, Europa e America si sono ac­

corte che la delocalizzazione della

produzione, avvenuta pesantemente

negli ultimi vent’anni, ha indebolito le

rispettive economie. Per questo si sta

tornando sui propri passi, ma il reshor­

ing in quanto tale non basta, bisogna

introdurre più tecnologia e rendere i

processi più moderni. Il mito della pro­

duzione di massa a basso costo è ormai

D

Arriva la ‘Mass

Customisation’.

Ed è ora di investire

AO

IL PUNTO

Roberto Maietti

Comitato tecnico di Automazione Oggi e Fieldbus & Networks

@RobertoMaietti