Meditazioni estive: ma il digitale ci serve davvero?
Arriva l’estate e insieme a lei si sopiscono i dibattiti e le riflessioni sul futuro del manifatturiero, quasi come si fossero sospese tutte le progettualità e le strategie. Eppure non è così. Rimangono vivi, come sotto la cenere, alcuni concetti che continuano ad alimentarsi
In questa chiacchierata mi piace riflettere su qualche tema che merita rimanere vivo, anche durante la pausa estiva. Leggendo quello che oggigiorno viene pubblicato sulle pagine dei giornali, insieme ai documenti programmatici delle varie associazioni di categoria, sembra che si sia instaurata le tassonomia Innovazione=Digitalizzazione e Manifatturiero Avanzato=Manifatturiero Digitale. È ora di sgombrare il campo da questo equivoco. La competitività e la trasformazione del manifatturiero non può e non deve passare solamente attraverso il digitale. Il digitale è già nei nostri sistemi di automazione e lo è già da tanti anni. Così come lo sono i dati e Internet.
Non c’è dubbio che il processo di digitalizzazione per sua natura non è immobile e richiede continui investimenti e nuove implementazioni. Non si può pensare di fare gli investimenti una volta per tutte, come fossero autostrade, ma bisogna pensare che nuove frontiere tecnologiche sono dietro l’angolo.
Ma nello stesso tempo questi investimenti hanno un senso solo se è molto chiara la visione. È necessario chiedersi quali sono le visioni e le strategie degli imprenditori italiani: c’è davvero bisogno di tutto questo digitale, o servono prodotti nuovi , abbinati a nuove tecnologie di produzione e perché no a servizi nuovi?
Allora il digitale forse sarà necessario, ma come strumento a servizio della visione. Non vi è dubbio che alcune scelte strategiche vanno fatte in anticipo rispetto ai bisogni reali, ma il messaggio che a volte non passa è che nel frattempo anche il sistema imprenditoriale deve maturare la sua strategia in merito. E a questo si collega il secondo tema… Vi sono due tendenze che frenano questa rivoluzione. La prima è che il sistema sta inducendo un’ansia da prestazione negli imprenditori che non riescono a catalogare queste trasformazioni rispetto a quanto stanno o hanno già implementato, di conseguenza temono di effettuare degli investimenti non catalogabili in questi termini. La seconda tendenza è legata alla scarsa conoscenza delle tecnologie e delle potenzialità che queste hanno nel migliorare la competitività. Non si conoscono, perché si è poco propensi alla sperimentazione e soprattutto all’esplorazione di strade nuove, forse non necessariamente proficue.
E con questo si chiude il cerchio e si torna al punto iniziale: l’innovazione più grande è la strategia da cui derivano i modi di uso della tecnologia, che diventa solo abilitatrice. Buone vacanze!
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