Trasformazione digitale, reclutare talenti per spingere l’innovazione

Pubblicato il 14 giugno 2018

Cornerstone OnDemand ha annunciato i risultati dell’ultima indagine europea, condotta in collaborazione con IDC, “Future Culture: costruire una cultura di innovazione nell’era della trasformazione digitale”. Per il terzo anno consecutivo, IDC ha realizzato uno degli studi più completi su professionisti HR, responsabili IT e manager di linea in aziende con oltre 500 dipendenti. Condotta su un campione di oltre 1900 intervistati in 14 paesi europei, Italia compresa, l’indagine fa seguito agli studi “Azienda del futuro e trasformazione digitale: sfide e opportunità per sprigionare i talenti” (IDC, 2017) e “Future People: Le postazioni di lavoro nell’era della trasformazione digitale” (IDC, 2016).

L’indagine dimostra come la trasformazione digitale sia una delle principali priorità strategiche in tutta Italia. A oggi, solo il 7% delle aziende italiane sostiene di non aver ancora iniziato un percorso di trasformazione digitale, contro il 9% del 2017, a dimostrazione di come, da questo punto di vista, l’Italia stia raggiungendo il resto dei paesi europei. Tuttavia, confrontando i dati di quest’anno con il sondaggio del 2017, la “resistenza culturale al cambiamento” costituisce ancora la sfida principale delle aziende italiane, che si collocano in cima alla classifica anche nel 2018.

Quest’anno le altre sfide che le aziende si trovano ad affrontare sul fronte della trasformazione digitale riguardano i sistemi IT legacy (30%); la mancanza di innovazione interna (24%) e la carenza di partnership (20% rispetto all’11% del 2017). È interessante inoltre notare come il numero delle aziende che dichiara di essere incapace di trovare talenti e competenze sia quasi dimezzato, passando dal 26% del 2017 al 14 % del 2018.

La selezione interna (52%) e le piattaforme social (43%) costituiscono gli strumenti maggiormente utilizzati per il reclutamento dei talenti in Italia. Anche per la media delle aziende europee la selezione interna rappresenta lo strumento principale per occupare un posto vacante (51 %) e l’uso delle piattaforme social per pubblicizzare le posizioni aperte e trovare candidati è più o meno allo stesso livello dell’Italia, con una differenza di soli due punti percentuali (43% in Italia; 41% in Europa).  Le aziende italiane utilizzano le piattaforme di reclutamento molto meno delle rispettive controparti europee (37% in Italia; 48% in Europa), e lo stesso vale per le agenzie di selezione: solo il 30% delle aziende italiane intervistate afferma di preferire questo metodo per ricercare i talenti, contro il 43% in Europa.

I requisiti professionali sono l’aspetto più importante per le aziende italiane (52%). I requisiti scolastici sono, invece, in linea con la media europea del 41%. Tuttavia, mentre le aziende europee ritengono che le capacità di problem solving siano un requisito essenziale nel processo di selezione, le aziende italiane sembrano attribuire a questo aspetto un’importanza decisamente inferiore (il 33% in Italia contro il 38 in Europa).

La formazione sul lavoro costituisce in Italia la pratica più importante per lo sviluppo dei dipendenti (65%). Inoltre, le aziende italiane sembrano attribuire molta importanza ai programmi di formazione e coaching, che costituiscono le tre pratiche di sviluppo più importanti del paese. Diversamente dalla media Europea, le aziende italiane in genere sfruttano molto meno (13%) i programmi di inserimento (onboarding) rispetto a quelle europee (29%).

Negli ultimi tre anni la revisione annuale ha perso popolarità in Italia, sebbene costituisca ancora una forma di revisione molto diffusa. Nel 2018 molte aziende italiane (43%) hanno adottato cicli di revisione strutturati e regolari con cadenza trimestrale.

Negli studi precedenti IDC ha esaminato il modo in cui HR, IT e il resto dell’azienda lavorano insieme, elemento fondamentale per la trasformazione digitale. I risultati italiani sono superiori alla media europea per l’allineamento tra HR e IT (media di 3,85 in Italia e 3,73 in Europa), così come per l’allineamento tra business e IT (media di 3,87 in Italia e 3,68 in Europa). Lo stesso schema emerge anche per l’allineamento fra HR e business (media di 3,83 in Italia e 3,73 in Europa).

“Ci troviamo oggi nell’era della Skill Economy, caratterizzata da costanti cambiamenti e dalla necessità di adattare continuamente le competenze e di innovare. Tutti concordano sul fatto che l’innovazione sia fondamentale se le imprese devono sopravvivere in un mondo digitale in rapida evoluzione, ma innovazione può essere un concetto astratto e difficile da definire. I risultati dell’indagine mettono in evidenza un chiaro collegamento tra velocità di innovazione e gestione dei talenti e il motivo per cui quest’ultima è così importante”, ha commentato Federico Francini, Regional Sales Director, Cornerstone OnDemand Italia. “Uno dei principali ostacoli che impedisce alle aziende italiane di portare avanti il proprio percorso di trasformazione digitale è la resistenza culturale al cambiamento. Ad esempio, le aziende italiane sembrano ancora dipendere fortemente da forme di selezione interne, piuttosto che utilizzare agenzie specializzate e piattaforme di reclutamento che possono aiutare a identificare candidati esterni con competenze adeguate, nuove idee e una mentalità innovativa. Per innovare davvero, le direzioni HR italiane devono incoraggiare il cambiamento e coordinare la gestione dei talenti in tutte le fasi del ciclo di vita del dipendente: dalla selezione all’onboarding, dalla revisione delle performance allo sviluppo. Il coordinamento di questi sforzi aiuterà le aziende a prevedere future carenze di competenze e pianificare i cambiamenti futuri, aumentando al tempo stesso produttività e innovazione”.



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