Upskilling e reskilling
Dalla rivista:
Automazione Oggi
Quali sono i canali che utilizzano le aziende per ricercare competenze? Bastano le competenze già presenti in azienda? Cosa fanno le aziende per sviluppare le competenze all’interno e all’esterno dell’azienda?
Nel Position Paper 2024 redatto dal comitato di SPS Italia la parola ‘formazione’ viene sottolineata più volte proprio a voler rimarcare la necessità da parte delle aziende di avere a disposizione personale formato nel modo corretto per le nuove necessità che sono nate in ottica di Industria 4.0, e ancora di più dal momento che stiamo transando verso Industria 5.0. Quest’ultima prevede infatti una Formazione 5.0, come nuovo imminente piano di potenziamento delle competenze dei lavoratori, che dovranno avere un’alfabetizzazione digitale, capire di intelligenza artificiale e analisi dei dati, saper lavorare con le nuove tecnologie, comprendere di sicurezza informatica e avere consapevolezza dei dati. Un richiamo dell’Europa a tutte le imprese dell’Unione, necessario in quanto per innovare servono sì gli strumenti adatti, sì le idee, ma soprattutto servono le competenze, perchè è conoscendo le tecnologie e gli strumenti con cui si lavora che si possono fare le giuste scelte applicative, si possono porre le basi per sviluppare processi futuri, si possono ottenere risultati migliori. Non sempre la competenza può essere trovata all’interno dell’azienda o l’azienda stessa, pur investendo in formazione, ha tempo per aspettare che la sua forza lavoro si formi. Quindi molte adottano il paradigma dell’Open Innovation, un’innovazione distribuita che va oltre i confini dell’azienda e che contempla una collaborazione con start-up, università, istituti di ricerca, consulenti e anche altre aziende concorrenti e non. Un approccio più nuovo, fresco e alternativo al solito modello di business che vede percorsi, verso il mercato, esterni ai confini aziendali; una modalità che permette alle imprese di far fronte alle sempre nuove dinamiche di mercato e rimanere competitive. L’Open Innovation è già un fenomeno studiato, che vede, secondo l’Osservatorio Startup Thinking del Politecnico di Milano, l’86% delle grandi imprese italiane adottare questo approccio che permette di attingere a strumenti e competenze esterne per creare valore ed essere più competitive. La ricerca del PoliMI mette in evidenza che sono le start-up le più richieste, in quanto sono quelle che riescono ad avere tempi di sperimentazione e/o di modifica più brevi, proprio grazie alla loro natura più agile e lean. Ma nonostante l’idea che questa Innovazione Aperta e Distribuita garantisca numerosi benefici, il risvolto della medaglia presenta difficoltà e limiti che vanno dalla complessità gestionale e organizzativa, all’aumento dei costi, alla mancanza di competenze adeguate, alla scarsa percezione dei benefici e ai rischi legati alla proprietà intellettuale… insomma la possibilità di vita di questa ‘filosofia’ dipende molto dagli equilibri dell’intera organizzazione. Vediamo allora cosa ne pensano le nostre aziende.
È da anni che si parla di non corrispondenza tra domanda di lavoro da parte delle imprese e offerta di lavoro da parte dei lavoratori, e sono ancora molte le imprese che non riescono a trovare i candidati ideali per le assunzioni che hanno programmato. Eppure, le università sono piene e un laureato su cinque risulta non occupato e alcuni laureati italiani decidono di lavorare all’estero. Cosa non va?
Risponde Chantal Scaccabarozzi, VP risorse umane, Schneider Electric Italia (www.se.com/ it/it): “Se parliamo di laureati in materie Stem, il problema non è il mismatch di competenze, bensì il fatto che la domanda da parte delle aziende sia più elevata rispetto all’offerta: è importante portare all’attenzione dei giovani questi percorsi di studio, ma anche, a mio avviso, aprire un dialogo con il mondo accademico nell’ottica di ampliare l’accesso alle facoltà che oggi sono prevalentemente a numero chiuso. Da qualche anno, peraltro, ci sono anche percorsi non universitari, come gli ITS, che nascono in stretta relazione con il mondo aziendale: partecipando attivamente alla creazione delle figure professionali del futuro, le aziende possono contribuire molto a ridurre il disallineamento”. Sottolinea Alessandro Munari, academy education coordinator, divisione Factory Automation di Mitsubishi Electric (https:// it.mitsubishielectric.com/fa): “Riteniamo che la collaborazione tra scuole e aziende sia fondamentale per preparare gli studenti al mondo del lavoro. È essenziale che vi sia una sinergia fra le parti, per creare opportunità significative di incontro e scambio. Gli istituti scolastici possono fare molto per facilitare questa connessione, come potenziare gli stage e favorire la partecipazione delle imprese agli open day scolastici. Anche le università hanno un ruolo cruciale nel promuovere l’incontro tra studenti e aziende attraverso attività quali seminari, tirocini e progetti di collaborazione. Queste iniziative non solo offrono agli studenti esperienze pratiche e una visione concreta del mercato del lavoro, ma supportano anche le aziende a individuare talenti, contribuendo così alla formazione di professionisti del settore. La collaborazione deve iniziare già negli istituti superiori, attraverso attività di orientamento che permettano agli studenti di acquisire una comprensione più profonda delle dinamiche aziendali e delle opportunità professionali”. Ribadisce Anna Saccon, HR director, coordination south Europe (Italy, France, Spain, Greece) in Bosch Rexroth Italia (www.boschrexroth. com/it/it): “È vero che ci sono tanti laureati in Italia, dal momento che, fortunatamente, nel nostro Paese permane la cultura di seguire percorsi universitari. È altrettanto vero, però, che la tendenza generale è più rivolta verso le discipline umanistiche, nonostante il mercato del lavoro richieda sempre più figure di natura ‘scientifica’. Ciò ha creato un mismatch fortissimo tra domanda e offerta, al punto da generare il paradosso di un’ampia platea di laureati soggetta per lungo tempo a forme di instabilità professionale, a fronte tuttavia di una conclamata carenza di figure di natura tecnica e informatica. Non è un problema esclusivamente italiano, enormi difficoltà di reclutamento di determinati profili si verificano anche in numerosi altri Paesi europei, e crediamo ciò sia dovuto alla propensione di molti giovani a seguire le proprie passioni indipendentemente dalla prospettiva di un’occupazione sicura. Per ovviare a questo disequilibrio occorre agire su due fronti: da un lato, serve che la scuola riesca a rendere più interessante l’insegnamento delle discipline scientifiche; è necessario un nuovo approccio per fare in modo che i ragazzi se ne innamorino, che si rendano conto che la matematica, per citare un esempio, non è una materia arida. Tutt’altro, è più affine alle materie umanistiche di quanto si possa credere. Dall’altro lato, è necessario che aziende come la nostra, focalizzate su settori tecnologici così spinti, rafforzino la loro connessione con gli istituti medi superiori, ma anche con le università e con gli ITS nati negli ultimi anni, così da allineare maggiormente i loro piani di studio alle reali esigenze del mercato del lavoro. Una ragione su tutte: non è sempre necessario che la ricerca di personale debba concentrarsi esclusivamente su giovani in possesso di una laurea magistrale”.
Secondo i dati della ricerca di ManpowerGroup sul Talent Shortage, le aziende che in Italia dichiarano la carenza di talenti sono il 72%. Tra le varie skill, quelle più difficili da trovare secondo i datori italiani sono proprio nel settore manifatturiero. Secondo lei e secondo la sua azienda, quali sono le figure maggiormente richieste dal mercato oggi, e quali le nuove figure richieste per le nuove professioni in campo manifatturiero? Quali quelle richieste dalla sua azienda? Quali figure invece, secondo lei, sono desinate a soccombere e perché?
Munari spiega: “Lo sviluppo di talenti è una sfida significativa per molte aziende, e il settore manifatturiero non fa eccezione. La complessità crescente dei macchinari richiede tecnici con competenze avanzate, il che implica lo sviluppo e l’evoluzione del ruolo del tecnico specializzato. Tra le figure maggiormente richieste dal mercato figurano i tecnici di automazione e meccatronica e gli addetti alla manutenzione e riparazione di impianti caratterizzati da livelli tecnologici avanzati. La digitalizzazione, inoltre, ha introdotto la necessità di nuove competenze, per esempio quelle degli sviluppatori di soluzioni digitali, data analyst, specialisti in Big Data, esperti in cybersecurity, intelligenza artificiale rigenerativa e machine learning. In generale, il costante cambiamento tecnologico richiede un impegno sia nella formazione di nuovi profili professionali, sia nella riqualificazione dei lavoratori, per assicurare che possano adattarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro. L’allineamento fra le competenze richieste dalle aziende e le skill possedute dalle nuove generazioni di lavoratori richiede una collaborazione fra più parti: istituzioni, sistema scolastico e aziende”. Continua Saccon: “La nostra convinzione è che non ci siano profili destinati a soccombere, crediamo piuttosto che ci siano profili destinati a cambiare. Serve restare al passo con i tempi, il mindset di molti deve cambiare, ma le persone non perderanno il proprio lavoro, fermo restando che, rispetto al passato, il ciclo vita di una competenza è diventato molto più breve. Ne consegue che è fondamentale mettersi continuamente in gioco in termini di upskilling, condizione necessaria per rimanere con un ruolo appropriato all’interno di un’organizzazione in continua evoluzione. Una rilevanza sempre maggiore verrà data alle competenze in ambito digitale, grazie all’avvento dell’AI e all’importanza assunta dalla digitalizzazione delle dinamiche di produzione. L’enorme mole di dati restituiti dalle macchine gioca un ruolo sempre più fondamentale per le loro performance, per la loro manutenzione e per l’automazione dei processi, e da questo punto di vista competenze ingegneristiche, informatiche e di sviluppo vanno sempre più a fondersi, il che si traduce nel bisogno di formare profili sempre più ibridi”. Scaccabarozzi afferma: “Quello che più serve oggi è personale con competenze integrate, non tradizionali per il settore manifatturiero. Servono tanto, per esempio, i cosiddetti ‘industrializzatori’, ovvero persone che progettano le linee produttive ampliando l’approccio tipico del progettista meccanico, guardando all’ottimizzazione d’insieme delle prestazioni, all’efficienza dell’intero processo. Un’altra figura importante è assimilabile a un digital officer: un professionista in grado di portare la digitalizzazione nel processo produttivo puntando sull’automazione più evoluta e sul software. Sono skill set compositi, da costruire, che possono fare la differenza. Un altro ambito importante da sviluppare è tutto ciò che attiene alla sostenibilità da integrare nelle attività produttive e nelle strategie industriali. Non parlerei di figure destinate a soccombere, d’altro canto, perché in realtà le figure professionali in questo scenario sono destinate a cambiare e il ruolo delle HR è quello di accompagnare la trasformazione in modo da creare queste opportunità. Per quanto riguarda Schneider, il punto di partenza nella selezione è costituito da una serie di attitudini, più che di competenze: cerchiamo persone che, a prescindere dal background specifico, abbiano la capacità di lavorare in squadra e siano orientate all’innovazione e al cambiamento”.
Quali sono le pratiche di scouting che la sua azienda mette in atto per reclutare talenti? E cosa fa invece per migliorare, incentivare, proteggere il capitale umano già presente in azienda?
Afferma Alessandro Redavide, responsabile marketing e communication robotics, drives motion & controls di Yaskawa Italia (www.yaskawa.it): “La formazione dei nostri dipendenti è da sempre parte integrante della strategia dell’intero Gruppo Yaskawa, in quanto solo attraverso di essa è possibile sviluppare concretamente soluzioni e applicazioni sempre nuove e più evolute, in risposta alle esigenze dei clienti e alle continue evoluzioni del mercato. Per questo motivo ci impegniamo costantemente a livello globale per favorire la crescita dei nostri dipendenti all’interno dell’azienda, mettendo a loro disposizione le risorse necessarie per progredire. A tal proposito va segnalato che vengono effettuati corsi di formazione relativi ai diversi prodotti della nostra azienda attraverso il progetto Yaskawa Academy, ma non solo: incoraggiamo la crescita dei nostri lavoratori anche attraverso corsi per l’apprendimento, lo studio di lingue straniere e corsi di coaching, al fine di esaltare e implementare le loro capacità personali. Ma non ci limitiamo a questo. Per rafforzare le competenze delle risorse, la nostra azienda si impegna nella costruzione di una base aziendale solida, capace di far fronte ai cambiamenti di environment, scegliendo e potenziando risorse umane con valori e modi di pensare differenti, nel riconoscimento di opinioni e punti di vista diversi, per creare una cultura aziendale in cui l’innovazione si sviluppi spontaneamente, e nella realizzazione di un ambiente di lavoro soddisfacente, eliminando tutti i fattori di discriminazione e rispettando l’individualità dei dipendenti. Senza dimenticare che il nostro Gruppo sta promuovendo una serie di iniziative per migliorare la produttività, accrescendo la motivazione dei dipendenti da un lato, e accelerando la crescita delle loro competenze e, di conseguenza, dell’azienda stessa, dall’altro. Non a caso, le risorse umane sono al centro di uno dei nostri 5 valori fondamentali: la personal partnership. Anche in una multinazionale, infatti, sono le persone che fanno la differenza, creando uno spirito di squadra e attivando dinamiche che supportano e completano quelle che sono le logiche aziendali. Combinandosi alla personal partnership, la proattività permette di unire il personale spingendolo non solo al raggiungimento, ma anche al superamento degli obiettivi posti dall’azienda. Segnalo, inoltre, che ogni 2 anni viene condotto uno studio tra i dipendenti della regione Emea; quindi, viene dato un feedback sui risultati e, se l’ambiente di lavoro in una specifica area non è soddisfacente, si discute con le risorse umane locali per determinare quale azione intraprendere successivamente”. Continua Scaccabarozzi: “Schneider ha un’intensa attività di scouting rivolta all’esterno. Cerchiamo ogni opportunità per raccontare il nostro progetto aziendale e i nostri valori in tutti i contesti, con un approccio anche nei confronti del mondo accademico, che più che sul ruolo si incentra sull’esperienza che possiamo offrire alle persone in un potenziale percorso di carriera. Rivolgendoci a professionisti con maggiore esperienza: un punto chiave per noi è comunicare efficacemente i valori aziendali, siamo una ‘impact company’ che vuole produrre un impatto positivo e offrire alle persone la possibilità di creare questo impatto con il proprio lavoro. A tutti i livelli, curiamo in maniera estremamente attenta il processo di selezione. Per incentivare le persone e trattenerle con noi lavoriamo a 360 gradi sul singolo, usando tutti gli strumenti disponibili: compensazione, formazione, welfare e benefit, wellness, bilanciamento vita lavoro ecc. Come comunità, lavoriamo sulla responsabilità dei manager nel creare un ambiente di lavoro coinvolgente e inclusivo, e verifichiamo costantemente l’allineamento di tutta l’organizzazione rispetto agli obiettivi”. Saccon sottolinea: “Il modo in cui le aziende si approcciano al mercato del lavoro si avvicina sempre di più al modo in cui il marketing si sforza di avvicinare il prodotto al consumatore: per acquisire talenti si propone loro un prodotto che altro non è che l’azienda in cui si vorrebbe inserirli. Oggi, di fatto, sono i candidati a scegliere l’azienda, non viceversa. Si dice che i giovani ‘a caccia di lavoro’ non cerchino ‘compenso’, ma ‘senso’. Ragion per cui dobbiamo essere in grado di trasmettere, al di fuori del perimetro aziendale, quelli che sono i valori che ci guidano. Sono asset non tangibili, quindi non è semplice farne oggetto di comunicazione: come Bosch Rexroth siamo impegnati a illustrare chi siamo, vale a dire una realtà differente da tante altre perché portatrice di una cultura e di un’umanità diverse. Lo facciamo attraverso i nostri collaboratori, figure indispensabili alla co-creazione della nostra immagine, i quali vanno nelle scuole, magari la stessa che hanno frequentato da ragazzi, a raccontare la loro storia lavorativa. Lo facciamo creando partnership con gli enti di territorio, in un’ottica di corporate social responsability, al fine di far conoscere chi siamo e quello che valiamo, al di là di quello che produciamo. Ci proponiamo sempre più come ‘partner’ di formazione personale e professionale verso i giovani. Per questo siamo presenti con le nostre Academy (4 solo quest’anno), proponendo ai ragazzi di compiere insieme un percorso di 2/3 anni di formazione e di lavoro, non solo concentrandoci sullo shaping delle loro competenze tecniche, ma anche per fare in modo che possano inserirsi in azienda con un’attitudine relazionale costruttiva verso i loro futuri colleghi”. Munari racconta: “Collaboriamo con scuole e università per contribuire allo sviluppo delle competenze nei giovani. Ogni anno attiviamo stage per studenti con l’obiettivo di formare le nuove generazioni, proponendo un percorso di crescita pluriennale. Durante i periodi di stage adottiamo, sin dai primi giorni, una metodologia basata sull’esperienza pratica: con l’ausilio di una persona che svolge il ruolo di tutor, lo stagista viene inserito in un gruppo di lavoro, permettendogli di interagire con le diverse funzioni aziendali. In questo modo si vuole far vivere un’esperienza di lavoro reale, che stimoli e promuova la conoscenza delle diverse attività aziendali, al fine di comprendere quali siano le competenze richieste nei vari ruoli che strutturano l’azienda. L’attenzione, tuttavia, non è rivolta solo ai nuovi talenti; è stato per questo implementato un progetto orientato all’evoluzione delle figure professionali già presenti in azienda. In questo modo si vuole accrescere e consolidare il patrimonio di conoscenza aziendale, mantenendolo conforme con il cambiamento del mercato e delle sue necessità”.
Open Innovation o innovazione aperta e distribuita è una modalità di collaborazione che va al di fuori dei confini dell’azienda e che contempla una cooperazione non solo con università e istituti di ricerca, ma con start-up, aziende… è anche un modo per trovare talenti ‘as a service’. La sua azienda promuove questa apertura? Ha esempi?
Riprende Redavide: “Certamente, si tratta per noi di un’attività a cui dedichiamo tempo ed energie, in quanto la formazione, anche dei giovani, è fondamentale non sono in un’ottica futura ma soprattutto nella gestione del presente. Da diverso tempo, infatti, abbiamo avviato programmi in collaborazione con istituti secondari e post-secondari del territorio, come il liceo scientifico Giulio Natta di Rivoli, e ITS tra i quali l’ITS Mobilità Sostenibile Aerospazio/Meccatronica di Torino. Con riferimento al liceo Natta, cito anche le attività di alternanza scuola lavoro (ma questo vale anche per altri istituti) e l’allestimento del laboratorio ‘La TO 6-99’, per cui abbiamo fornito una nostra cella robotica. Si tratta di un progetto ambizioso, che coinvolge anche l’Istituto Buniva di Pinerolo e l’Istituto Avogadro di Torino, e permette di offrire uno spazio idoneo alla didattica rivolta ai bambini della scuola primaria e dei ragazzi della scuola secondaria di I e II grado. Inoltre, non posso non citare la collaborazione con Valeria Cagnina e Francesco Baldassarre, fondatori di ‘OFpassiON’, la scuola di robotica e tech rivolta ai bambini a partire dai 3 anni. E ancora la stretta partnership con Antonio Frisoli, presidente di Artes 4.0, ‘Industry 4.0 Competence Center on Advanced Robotics and enabling digital Technologies & Systems 4.0’, e docente di robotica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Senza dimenticare un esempio di recente sviluppo volto a promuovere una corretta formazione e informazione tra i canali più usuali, nato dalla collaborazione che da diversi anni portiamo avanti con API Torino, Associazione Piccole e Medie Imprese, con l’intento di trovare la migliore strategia per promuovere sul territorio la cultura robotica e dell’automazione”. Continua Saccon: “Il Gruppo Bosch vanta un programma che si chiama ‘Robert Bosch Open Innovation Partnership Program’, nato allo scopo di fare scouting, relativamente ad alcune tecnologie di ciascuna linea di business, per ciò che concerne possibili partnership, nonché la partecipazione-acquisizione di start-up. In particolare, per ciò che riguarda Bosch Rexroth, ricerchiamo costantemente partner per il mondo ctrlX Automation. Allo scopo esiste un sito attraverso cui chiunque abbia un’idea di business può contattare direttamente la nostra casa madre. A livello locale, come detto, sviluppiamo sempre più partnership con università e con istituti tecnici superiori, spesso in collaborazione anche con altri enti, vedi la camera di commercio italo-tedesca, e con altre aziende del territorio nostre clienti. In più, in qualità di Gruppo Bosch Italia, sosteniamo attivamente una onlus che si chiama Enactus, che si prefigge di mettere insieme studenti, professori e aziende al fine di sviluppare progetti di innovazione in materia di sostenibilità. Sono progetti incredibili (quello che fanno ci emoziona!). I team finalisti presentano i loro elaborati in concomitanza con il Festival dell’Economia che si tiene ogni anno a Trento. Una rappresentanza di Bosch è parte della giuria; alcuni di questi progetti sono diventate piccole start-up che stanno pian piano prendendo piede”. Munari afferma: “Gli istituti tecnici, gli ITS e le università trovano nel programma AcadeMy di Mitsubishi Electric un’opportunità concreta per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, formandoli sulle tecnologie con cui si troveranno a operare da subito e in futuro. Da diversi anni la nostra azienda collabora con gli ITS presenti in Italia attraverso percorsi formativi post-diploma di alta specializzazione in meccatronica e automazione. La nostra proposta formativa, come anticipato, include anche stage, che consideriamo veri e propri percorsi di crescita e lavoro, durante i quali gli studenti sono immersi concretamente nelle attività aziendali. Il programma AcadeMy, inoltre, offre l’opportunità di visite in presenza al nostro showroom nella sede di Vimercate, dove gli studenti possono non solo avere una panoramica dei numerosi prodotti di automazione, ma anche toccare con mano le soluzioni complete grazie alle demo che riproducono applicazioni reali di macchine e impianti industriali. Dal 2020 Mitsubishi Electric ha messo a disposizione delle scuole MentorME, un’innovativa piattaforma gratuita a supporto della didattica in ambito tecnico, disponibile online e fruibile a livello nazionale. Mentor ME è nata con l’intento di fornire agli studenti degli istituti tecnici strumenti e piani didattici esperienziali di e-learning e smart working per formarsi e orientarsi nei settori dell’automazione industriale, della meccatronica e della climatizzazione, offrendo una nuova esperienza di Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento). Trattandosi di una piattaforma di e-learning, MentorME ha il grande vantaggio della capillarità, consentendo di raggiungere tantissimi studenti in qualsiasi località del territorio italiano”. Scaccabarozzi precisa: “Schneider Electric, in chiave globale, ha dato vita al programma ‘Innovation at the Edge’, un corporate innovation program che si struttura su varie linee d’azione: un fondo di venture capital da 1 miliardo di euro per l’incubazione di start up e investimento in realtà innovative, joint venture trasversali, attività di sviluppo di nuovi modelli di business. Questo ci offre la possibilità di lavorare su aree complementari al nostro business, acquisire competenze e anche talenti, in ambiti a forte impatto tecnologico, sviluppando ulteriori progettualità. Usiamo anche strumenti più classici, come le competizioni rivolte ai giovani; ne è un esempio la nostra ‘Go Green!’, alla quale partecipano team di giovani con progetti innovativi in ambiti per noi chiave, dall’energia alla sostenibilità”.
Perché molte aziende considerano ancora la formazione aziendale un costo piuttosto che un investimento? Quanto costa a un’azienda la mancata formazione del personale?
Munari afferma: “Lavorare nel mondo dell’automazione industriale significa operare in un ambiente complesso, competitivo e con tempi di sviluppo sempre più ristretti. In questo contesto, le risorse destinate alla formazione strutturata possono sembrare superflue rispetto alle esigenze operative quotidiane. Di conseguenza, si osserva spesso una formazione ‘fai da te’ che, tuttavia, tende non solo ad allungare i tempi di sviluppo dei progetti, ma anche a limitare il pieno sfruttamento delle tecnologie avanzate. Investire in formazione, invece, migliora l’efficacia delle soluzioni tecnologiche, accelera lo sviluppo e l’implementazione dei sistemi di automazione e potenzia la competitività dell’azienda, garantendo così un successo sostenibile e a lungo termine”. Continua Scaccabarozzi: “Quando non si fa formazione in azienda esiste un problema di visione di lungo periodo. Per non sostenere nel breve periodo un costo, si rischia di pagare molto di più, perché le persone che hanno possibilità di fare formazione si sentono valorizzate, preziose per l’organizzazione e non stimolarle in questo senso riduce il loro coinvolgimento. C’è anche un altro aspetto culturale, legato a una concezione di formazione ferma all’idea dell’aula dove imparare qualcosa: bisogna capire che esiste, ed è molto fruttuoso, un approccio di formazione ‘on the job’, che può essere egualmente pratico ed efficace. Internamente Schneider non si risparmia: in Italia facciamo più di 90.000 ore di formazione all’anno ai nostri dipendenti, e questa attività così intensa serve a gestire un ciclo di vita delle competenze che è sempre più breve (se prima si parlava di 10-15 anni, oggi, per esempio, su competenze come quelle digitali siamo a 3-5 anni). Abbiamo dei programmi di formazione di base (Essentials) e un programma ‘Digital Boost’ per aumentare le competenze digitali, e percorsi di upskilling legati al ruolo ricoperto”. Saccon puntualizza: “La formazione continua è l’elemento chiave per mantenere alto il valore del capitale umano. La formazione è la ‘benzina’ con cui se ne rigenera continuamente il senso, senza di essa viene a perdere valore. Se è vero che è previsto che, mediamente, le nostre competenze diventino obsolete dopo 6 anni, ne deriva la necessità di mettere costantemente in campo attività di upskilling e di reskilling. Oggi più che mai questa è una priorità assoluta. Formazione non è solo continuare a migliorare una competenza, è proprio aprire lo sguardo, è apprendere cose nuove, è imparare ad imparare cose nuove. Investiamo tantissimo su questi temi, cercando di lavorare a 360 gradi proprio per stimolare quello che per noi è il fattore fondamentale di crescita di un’organizzazione, vale a dire la curiosità. Se le persone non sono curiose, se non hanno desiderio di mettersi in gioco e di continuare a imparare, il valore del capitale umano diminuisce. In questo senso in Bosch abbiamo cercato di stimolare interesse non solo su tematiche tecniche, ma anche su temi di sviluppo personale, di miglioramento della società e dell’ambiente. Lo facciamo attraverso TedTalks dedicati, o attraverso iniziative di corporate social responsability, che possono potenzialmente coinvolgere tutta la nostra comunità aziendale. Abbiamo anche aperto due librerie, una virtuale e una fisica, dove i nostri collaboratori possono richiedere l’acquisto e/o prendere tutti i libri che vogliono, gratuitamente, convinti come siamo che anche la lettura stimoli curiosità e apertura. Non solo: abbiamo dato, a chiunque ne sia interessato, pieno accesso ad alcune e-university, per poter frequentare corsi in qualsiasi momento dell’anno, secondo tempi e modi personalizzati. Infine, continuiamo a insistere su una formazione customizzata, ad hoc e su richiesta. Per stimolare i nostri collaboratori a lavorare sul proprio sviluppo personale e professionale abbiamo chiesto loro di stilare ogni anno una propria ‘wish list’ in materia di formazione. Un momento importante che ogni anno spinge a riflettere sul proprio percorso di crescita continua”.
Una tendenza è la creazione di partnership tra aziende per realizzare corsi innovativi e professionali per rispondere in modo pragmatico alla crescente richiesta di competenze altamente qualificate: posti limitati, alta selezione tecnica, motivazionale, attitudinale per un rapido inserimento nel mondo del lavoro. La vostra azienda ha attuato o sta pensando a questo tipo di collaborazione?
Redavide riprende: “La stretta collaborazione con i nostri partner ci consente di essere sempre ‘sul pezzo’. Per questo motivo continuiamo a promuovere il progetto ‘Sales Partner’ della divisione Drives Motion&Controls. Nell’acquisto di un prodotto di azionamento e motion control ciò che fa la differenza è la qualità, e questa può essere trasferita solo da chi è in grado di comprenderla e spiegarla in modo adeguato. L’obiettivo primario è quindi quello di dare alle società la preparazione e gli strumenti necessari per essere autonome, sia nelle attività di vendita, sia in quelle di messa in opera. Pertanto, tutti i partner potranno fruire anzitutto di corsi di formazione tecnica e di aggiornamento commerciale, per portarli a un medesimo livello di competenza. Inoltre, saranno supportati da Yaskawa con quanto necessario allo sviluppo del loro business, a partire da un’ottimizzazione dei magazzini merci e dalla messa a disposizione di tool di supporto alle attività commerciali. Al termine del percorso formativo, i Sales Partner opereranno come veri e propri consulenti, caratterizzati da un’elevata competenza, tale da permettere la loro completa autonomia operativa. Yaskawa punta così a creare e promuovere lo sviluppo di un nuovo canale commerciale a tutti gli effetti, ritenuto strategico per garantire una presenza sul territorio capillare e capace di mantenere il medesimo livello di servizio che garantisce Yaskawa Italia”. Scaccabarozzi afferma: “Schneider Electric si è orientata in questa direzione fin dalla nascita degli ITS, creando una ricca rete di collaborazione con svariati istituti, con un approccio molto fattivo e mettendo a disposizione la nostra capacità di creare aggregazione anche in ottica di filiera. Un esempio è quello dell’ITS Energy&Digital Process Specialist, lanciato nel 2023, che si appresta alla II edizione nella sede del Kilometro Rosso, a Bergamo. Si tratta di un percorso unico in Italia, realizzato in coprogettazione daIl’ITS Academy Angelo Rizzoli di Milano, Schneider Electric e i partner Comoli Ferrari, F.M.Automazione, Mondini SpA e Omnicon: una filiera completa che coinvolge vendor, distributori, system integrator, OEM. Il percorso forma tecnici superiori specializzati in soluzioni applicative smart&green, a supporto della transizione energetica e digitale nelle imprese italiane. Figure preziose, all’intersezione dei driver di cambiamento più importanti, che sono formate in aula e in azienda. Oltre a ciò, abbiamo una più che ventennale collaborazione con l’istruzione secondaria di II grado (istituti tecnici, formazione professionale) e vaste relazioni con il mondo della formazione universitaria e superiore: anche in questo ambito supportiamo l’ampliamento della didattica e la creazione di percorsi innovativi, come è avvenuto, per esempio, sempre a Bergamo per il corso di laurea magistrale Smart Technology Engineering, o con i master della Bologna Business School. Conclude Saccon: “Stiamo creando un percorso formativo in cui, congiuntamente a una rete di imprese del territorio lombardo, forniremo ore di formazione per un istituto tecnico superiore. A breve lavoreremo, secondo lo stesso concetto, anche in Emilia-Romagna. Siamo orgogliosi di partecipare a questo tipo di iniziative e ci proponiamo di farlo sempre di più”.
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