Le imprese del mid-market guardano di più all’estero per la crescita: un’analisi di Grant Thornton

Anche le imprese italiane seguono il trend, il 24% (+6% rispetto al 1° semestre 2020) è fiducioso di aumentare i propri ricavi fuori dai confini nazionali

Pubblicato il 5 aprile 2021

Nel secondo semestre del 2020 si assiste a un nuovo slancio delle imprese del mid-market verso i mercati internazionali, con il 34% delle imprese fiduciose di aumentare i propri ricavi fuori dai confini nazionali (+8%) nei prossimi 12 mesi, in netto aumento rispetto al dato del 26% registrato nei primi sei mesi del medesimo anno. L’Italia segue il trend globale, seppur con una crescita più contenuta (+6%), passando dal 18% al 24% nel secondo semestre 2020, seguita dall’Eurozona che, dopo il 21% registrato nel primo semestre, cresce di tre punti percentuali al 24%. Non solo, un numero significativamente maggiore di imprese prevede di aumentare il numero di dipendenti dislocati nei mercati esteri (29%, rispetto al 21% del 1° semestre 2020), e di ricorrere maggiormente ai mercati di sbocco (sia sul fronte dei clienti che su quello dei fornitori) internazionali (30% vs 24%) nei prossimi 12 mesi.

L’analisi del network di consulenza internazionale Grant Thornton, “Globalisation is go again”, mostra così un’inversione di rotta da parte del mercato globale di fascia media: se nella prima metà del 2020 le imprese, a causa della chiusura dei mercati e delle interruzioni provocate dalla pandemia sulle catene di approvvigionamento, sono state costrette a rivedere le proprie strategie di crescita concentrandosi maggiormente sul mercato domestico, a partire dalla seconda metà dell’anno hanno cercato di adattare le proprie strategie e le risorse interne al fine di cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione.

Passando al dettaglio dei vari Paesi, emergono delle differenze significative a livello macro-regionale. Le imprese nordamericane stanno guidando la spinta all’internazionalizzazione, in particolare gli Stati Uniti con il 44% delle imprese impegnate ad espandere il proprio business all’estero (+16% rispetto il primo semestre), ma anche i mercati emergenti dell’America Latina (37%, dopo il 32% della prima metà dell’anno) e dell’ASEAN (42% vs 35%) si stanno concentrando sulle opportunità offerte dall’internazionalizzazione. Al contrario, le imprese dell’APAC (17%) si sono mostrate più restie ad abbracciare questa nuova tendenza (registrando una crescita del 5%) come anche l’Eurozona dove, a causa del perdurare delle restrizioni e del blocco alle importazioni dall’estero, il dato è salito del solo 3%, passando dal 21% al 24%.

Interessante notare come il Covid-19 abbia indirizzato, seppur in modo diverso, la scelta del mercato di fascia media a focalizzarsi sui mercati internazionali. Circa un quarto delle imprese esaminate a livello mondiale (23%) sostiene di aver iniziato ad incrementare la propria propensione espansionistica solo dopo l’inizio della pandemia, in Europa il 16% e in Italia si abbassa ulteriormente al 7%. Una quota maggiore (35%) ritiene che il Covid-19 abbia fornito una spinta ad accelerare i piani di internazionalizzazione, mentre il numero più alto (41%) ha dichiarato di aver modificato le politiche di transfer pricing nel corso della pandemia (Eurozona 33% e Italia 36%). Sia in Italia (39%) che nell’Eurozona (36%) è più rilevante la percentuale di imprese che sono state attive sul piano della spinta all’internazionalizzazione già prima dell’arrivo della pandemia.

La delocalizzazione della forza lavoro risulta tra i principali effetti che hanno trainato il cambiamento: lo studio di Grant Thornton indica alcuni fattori chiave che, a causa degli impatti del Covid-19, hanno spinto le imprese ad aumentare la presenza dei propri dipendenti all’estero. A livello globale, il 41% delle imprese del mid-market identifica questa strategia come occasione per creare nuove opportunità, anche grazie all’uscita dal mercato (a causa della crisi) dei concorrenti. Il 37% associa tale fenomeno ai programmi di stimolo del governo alle iniziative di investimento nei mercati esteri (circostanza, questa, confermata anche dalla maggioranza delle imprese italiane e da quelle della zona Euro, entrambe al 36%).

Altro importante incentivo all’internazionalizzazione per le imprese risiede nella domanda proveniente dai mercati d’oltre confine che, il 36% delle imprese, considera rafforzata a causa agli effetti della pandemia sul mercato esterno. Un altro 33% indentifica come opportunità in tale contesto la maggiore facilità nel trasferire prodotti e servizi a livello internazionale, e una quota leggermente inferiore, il 31%, ha imputato tale fenomeno ai più bassi livelli di concorrenza.

Analizzando il modo in cui il Covid-19 ha indotto il mid-market ad aumentare l’attenzione sulla catena di approvvigionamento e di sbocco internazionale, emergono anche qui una serie fattori determinanti: il maggior vantaggio risiede nella possibilità di assicurarsi prezzi e condizioni contrattuali migliori da fornitori e acquirenti stranieri, riferito dal 43% delle imprese (in Eurozona il 41% e in Italia il 42%), mentre il 41% identifica tale vantaggio nel maggior supporto governativo ricevuto durante lo stato di emergenza (in Eurozona il 37% e in Italia il 25%) .

Alessandro Dragonetti, Managing Partner – Head of Tax di Bernoni Grant Thornton ha commentato: “La resilienza e l’agilità del mid-market mostrate durante la pandemia da Covid-19 hanno aiutato le imprese non solo a gestire al meglio la crisi che ne è derivata, ma altresì a saper cogliere nuove opportunità di crescita e a rivedere le proprie strategie. La spinta all’internazionalizzazione che ne è scaturita dimostra ancora una volta la capacità di prevedere e cogliere i cambiamenti del mercato e la volontà di restare competitivi, caratteristiche tipiche delle aziende del mid-market, che si sono sapute adattare rapidamente, trasformando le difficoltà generate dalla pandemia in opportunità.

In tale contesto le imprese del comparto hanno saputo guardare alle potenzialità offerte dai mercati internazionali, sia sul fronte degli approvvigionamenti che su quello di sbocco dei propri prodotti e servizi. Sarà ora fondamentale, soprattutto in vista della imminente (speriamo) fase di ripresa, essere in grado di definire le giuste priorità a livello di piani strategici e decisionali. Taluni effetti della pandemia saranno, infatti, permanenti, cosicché il cambiamento sarà senza ritorno e tale circostanza imporrà una sempre maggiore propensione alla resilienza ed alla rivisitazione periodica dei programmi strategici”.

Fonte foto Pixabay_DarkmoonArt_de



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