Carenza di materie prime e produzione a rischio: è segno di ripresa?
Non solo aumento di prezzi ma vero e proprio shortage (ovvero carenza) di materie prime. Si allungano di conseguenza i tempi per le consegne, con riflessi negativi in alcuni casi sulla qualità dei materiali
Non è solo l’aumento dei prezzi delle materie prime che preoccupa ma soprattutto la carenza di materiali: occorre rivedere piani e previsioni di produzione nel breve-medio periodo. “Se va avanti così tra un paio di mesi alcune imprese saranno costrette a fermare l’attività” ha affermato dalle pagine del Sole24Ore Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica. L’allarme da lui lanciato non è il primo e segue di poco quello degli utilizzatori della plastica e dei consumatori d’acciaio. Nella filiera delle auto inoltre alcuni impianti si sono già dovuti fermare per carenza di semiconduttori.
La carenza di materiali si ripercuote sui tempi di consegna: “Si sono allungati tantissimo” precisa Dal Poz “anche di 8 settimane rispetto agli standard. Inoltre la qualità media si è abbassata, talvolta arriva materiale inadeguato”.
Alle origini di questa fase di incertezza non vi è solo la Cina, uscita dall’emergenza Covid più vorace di materie prime e divenuta anche importatore netto di acciaio e alluminio. Vi è l’impianto dell’ex Ilva, importante produttore di laminati a livello europeo, che ora funziona a ritmo ridotto con il rischio, sempre vivo, di fermarsi del tutto. E infine, più recentemente, ma non di poco conto viste le preoccupazioni della BCE, il fallimento di Greensill Capital che mette nei guai l’acciaio UK del magnate indiano Sanjeev Gupta e migliaia di risparmiatori tedeschi.
L’aumento della richiesta di materie prime resta indubbiamente un segnale di ripresa, anche in Europa. Gli ulteriori ostacoli che possono interporsi sono dovuti alle misure antidumping nei confronti della Cina, ai dazi e non ultima la crisi dei container marittimi che ha ripercussioni sulle supply chain. Un caos logistico che rischia di aggravarsi con l’incidente nel canale di Suez.
Secondo Assofermet, che ha già scritto alla Commisione Europea chiedendo di non prorogare il sistema delle salvaguardie, il colpevole numero uno è proprio l’eccesso di misure protezionistiche. Propensa invece a mantenere il sistema delle salvaguardie intervenendo semmai con alcune ricalibrature è Federacciai, per voce del presidente Alessandro Banzato.
D’altro canto, il trend in crescita dei prezzi delle materie prime, al di là dell’aspetto speculativo, significa che il mercato crede nella ripresa. E se le aziende non possono aumentare i prezzi al consumo, fanno leva sui costi del lavoro. “La domanda da porsi è” ha sottolineato Alessandro Plateroti, vice direttore del Sole24Ore, nel corso della trasmissione Focus Economia di Radio24, “se questo rialzo delle materie prime ha delle giustificazioni reali sotto il profilo economico oppure è soltanto speculativo.
Confrontando il passo dell’economia occidentale rispetto a quella asiatica si nota una differenza. Da noi la ripresa è molto in ritardo mentre in Cina e nel resto dell’Asia sta correndo quasi a due cifre.
C’è quindi una componente industriale reale nella corsa delle materie prime. Gli investitori asiatici stanno acquistando futures, cioè contratti a termine, delle materie prima contando su questa continua ripresa cinese asiatica sia nel commercio sia nell’industria”.
Cosa significa per noi in Italia? “A fronte di aumento delle materie prime e quindi dei prezzi alla produzione prima o poi andrà a finire sui prezzi al consumo, quindi è ovvio che avremo un aumento dell’inflazione. Ma c’è di peggio. Se le imprese non possono aumentare i prezzi al consumo (perché lo vediamo che c’è una crisi) questo significa che dovranno abbassare i costi da un’altra parte, e quello è il lavoro. Una ristrutturazione che sarà molto legata all’andamento delle materie prime e questo è il paradosso del costo sociale di questa crisi” prosegue Plateroti.
Che cosa si può fare? “Ho osservato con grande preoccupazione la forbice che si sta creando tra prezzi pagati dagli agricoltori e i prezzi di vendita dei prodotti agricoli. Sta diventando sempre più grosso il costo a carico dell’agricoltura rispetto a quello che è realmente il reddito agricolo” conclude Plateroti.
“Credo che sia importante tenere in vita le aziende agricole, ma è importante tenere sotto controllo anche la dinamica dei prezzi delle materie prime. Altrimenti rischiamo di qui a breve di trovarci con i prodotti alimentari che il prezzo esplode, come sembrano già mostrare gli indicatori di cui parliamo”.
Franco Metta
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