Economia circolare, investire sulla riparabilità dei prodotti per una maggior sostenibilità

Pubblicato il 29 maggio 2019

Le sfide dell’economia circolare saranno nuovamente la priorità della Settimana europea per lo sviluppo sostenibile (ESDW), che inizia il 30 maggio. “Molti settori sono già orientati verso questo concetto e gli utenti sono sempre più inclini ad adottare un approccio responsabile a livello ambientale” afferma Vincent Grivaud – Sales director di Faurecia Clarion Electronics.

Questa tendenza in risposta soprattutto all’obsolescenza programmata, soddisferebbe le aspettative dei cittadini particolarmente sensibili alla tematica ambientale. Per la maggior parte delle persone, gettare un qualsiasi apparecchio mal funzionante è ormai abitudinariamente la soluzione automatica.

Nel nostro Paese siamo purtroppo soltanto agli inizi di questo lungo percorso di cambiamento. Il 4 Ottobre scorso l’ASviS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile nata nel 2016, ha presentato al Governo Italiano il terzo rapporto annuale contenente una analisi della situazione in Italia rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Il rapporto include progressi e ritardi, proposte e situazione articolata regione per regione.

Il dodicesimo obiettivo, su diciassette, di questo rapporto è il “consumo e produzione responsabili”, il quale ha mostrato segni di miglioramento (fonte La Stampa). ASviS auspica già a partire dal 2020 ulteriori passi avanti, rispetto alla tabella di marcia.

Per la tutela dell’ambiente e del portafoglio, è sempre bene ricordare che un prodotto difettoso non è necessariamente da buttare. Non acquistiamo una nuova auto semplicemente perché quella che possediamo è rotta! Quindi, perché mai dovremmo acquistare un prodotto elettronico che non funziona più? Perché riparare un navigatore satellitare, una radio o un quadro strumenti potrebbe essere cinque volte più conveniente che comprare un dispositivo nuovo. Ad esempio, una centralina motore difettosa sarà esattamente uguale a una nuova dopo aver sostituito alcuni componenti o aver resettato o aggiornato il software.

È tutta una questione di buon senso. Tuttavia, per applicare tale concetto su larga scala, è necessario riconsiderare l’intero sistema produttivo. Per essere “riparabile” un prodotto, deve essere progettato dai rispettivi produttori in modo che possa realmente esserlo.  Anche le reti di distribuzione devono essere predisposte a questo compito. Nel settore automobilistico, ad esempio, i produttori che riparano moduli elettronici hanno ridefinito la loro struttura e rivisto una serie di equilibri economici. È anche vero che il processo di riparazione richiede una particolare struttura, non sempre disponibile. È necessario un processo di logistica all’avanguardia per la distribuzione e la restituzione dei componenti riparati che abbia tempi di risposta accettabili, oltre a team di ingegneri e tecnici qualificati che possano avere accesso alle apparecchiature più recenti.

Ogni azienda dovrebbe allontanarsi dal tradizionale concetto di assistenza post-vendita. Dare nuova vita ai componenti richiede esperienza e capacità di analizzare, comprendere e persino sviluppare risorse e soluzioni che rispondano correttamente all’incredibile varietà di guasti possibili. Prima di diventare istintivo, l’ambientalismo nasce da un desiderio e dall’implementazione di risorse, strutture e processi tangibili che rendono tale desiderio possibile. Oggi, la tecnologia del settore automobilistico sta diventando sempre più complessa: la riparazione stimola la sostenibilità e, di conseguenza, garantisce una maggiore durata di vita del prodotto.



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