Come si costruisce una start-up di successo? Ecco come nasce Weerg.com

Pubblicato il 13 novembre 2018

Si dice spesso dell’Italia che è un ‘paese di inventori’, da Leonardo a Volta, e ancora ai giorni nostri è la patria di tanti piccoli imprenditori capaci di far nascere, a volte, eccellenze riconosciute a livello mondiale. La strada dell’imprenditoria non è per tutti e oggi, che vediamo nascere start-up una dopo l’altra, viene da chiedersi cosa faccia davvero la differenza, quale sia il ‘segreto’ di chi si butta nell’impresa.

Abbiamo girato le nostre domande a Matteo Rigamenti, CEO e fondatore di Weerg.com, realtà nata nel 2015 che in soli 3 anni è riuscita a conquistare, innovandolo, il settore della meccanica. Possiamo dire che sia un caso particolarmente ‘fortunato’ di start-up, una che ha imboccato la strada giusta… strada non semplice da imboccare soprattutto in Italia…

Quali sono in base alla sua esperienza i maggiori ostacoli che una start-up si trova a dover superare?

Matteo Rigamonti: “L’elenco delle difficoltà sarebbe così lungo da essere noioso, ma soprattutto finirebbe per scoraggiare chiunque lo leggesse… Se possiamo ridurre ad un esempio la fondazione e la riuscita di una nuova impresa è paragonabile a un rapporto amoroso con tutte le incognite tipiche della cosa. Mi limito ad elencare i problemi principali che valgono per ogni nuova impresa, trascurando i problemi tecnici che invece sono generalmente diversi a seconda del campo in cui si lavori: paura di aver scelto il settore sbagliato, di avere sbagliato strategia, prezzi, ed ancora paura di fallire, di finire i soldi e finire sul lastrico, di avere scelto le persone sbagliate, di avere sbagliato fornitori, paura di non farcela in generale. Ma va detto che ai primi spiragli di luce la gioia è grande quasi come quella di conquistare una vetta che tutti ritenevano inviolabile. Fare l’imprenditore con successo dà sensazioni di appagamento e soddisfazione che sono forse uniche nella vita”.

Quali sono le ‘doti’ che non devono mancare a chi si accinge a fondare una nuova realtà?

M.R.: “Prima di tutto perseveranza. Personalmente ho sempre in mente il motto “se sei perseverante non serve nemmeno che tu sia intelligente” e lo ripeto a me stesso continuamente nei momenti difficili: lo trovo molto confortante perché essere degli stupidi testardi è molto più facile che essere arguti e forse è anche questo il motivo per cui spesso capita di incontrare imprenditori di successo con un livello di cultura ed intelligenza discutibili. Non dimentico comunque un altro motto che dice “errare è umano ma perseverare è diabolico”, quindi sto bene attento a mantenere la determinazione ma anche a cambiare strategia quando necessario”.

Di tante iniziative che partono, solo poche raggiungono effettivamente un traguardo: qual è secondo lei il maggiore ‘problema’? Sono le idee a non essere valide o c’è dell’altro?

M.R.: “Ci sono due motivi fondamentali: o finiscono i soldi o si cede psicologicamente alla frustrazione. Per il resto non credo esistano idee commerciali giuste o sbagliate: se qualcuno ha letto “La società opulenta” di John Kenneth Galbraith saprà che in realtà quasi tutti i prodotti non hanno un valore assoluto ma valgono per come sono percepiti. Per cui, sia pure ammettendo che ci sono cose più o meno facili da vendere, ritengo che il 90% del successo di un prodotto dipenda da come viene proposto. Per fare un esempio il menù a finestre non fu inventato da Steve Jobs ma da Xerox che non ne capì le potenzialità e non seppe valorizzarlo alla propria clientela”.

Esistono diverse associazioni, enti o fondazioni che hanno come obiettivo proprio sostenere iniziative imprenditoriali. Secondo lei sono effettivamente efficaci? E in caso contrario, quali sono le principali ‘pecche’ che dovrebbero correggere?

M.R.: “Non ho mai utilizzato questi strumenti, e non dico ora che ho le disponibilità per autofinanziarmi, ma nemmeno quando sono partito e non avevo i soldi per comprarmi un fax. Va detto che feci un solo tentativo nel 1991 con i fondi regionali: andai nell’ufficio preposto e dopo molte visite mi dissero che i fondi erano finiti e che comunque entro 3 anni forse altro denaro sarebbe stato disponibile. In quel caso fu mio padre che mi rese disponibile la sua firma su 6 milioni di lire (circa 3.000 euro) per partire con la mia azienda di allora”.

Dicono che avere l’idea giusta sia fondamentale, ma spesso non basta, soprattutto andando avanti… Quali sono gli aspetti che proprio non si possono trascurare una volta avviata un’attività (finanziamenti, gestione del personale, competenza tecnica del settore…)?

M.R.: “Un’azienda che funziona è come un’orchestra dove tutti gli elementi devono fare la loro parte e ci deve essere un costante equilibrio. Il denaro è fondamentale ma, se vogliamo fare un discorso accademico, quando l’idea è veramente buona non ha nemmeno bisogno di soldi… si tratta di un’alchimia. Ad ogni modo, per la mia esperienza personale, tra quelle elencate nella domanda, la competenza tecnica nel settore non solo è la meno importante, ma anche potenzialmente la più deleteria. Ho notato infatti che in molti casi limita la capacità di innovazione in quanto chi opera in un settore da decenni tende ad uniformarsi alle idee generali e diventa resistente alle innovazioni”.

Su quale comparto/ambito punterebbe oggi se dovesse pensare a una nuova impresa, non necessariamente in ambito tecnologico?

M.R.: “Penso a Weerg con un’intensità tale che veramente non ho minimamente fatto ipotesi diverse“.



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