La cyber security preoccupa italiani ed europei
In uno scenario caratterizzato dal rapido cambiamento nel settore manifatturiero, l’80% dei dirigenti italiani (74% media europea, con i tedeschi sempre in coda al 67%) ritiene che la tecnologia favorirà le economie locali e aumenterà le prospettive di lavoro, spingendo l’Europa a concentrare la propria primaria attenzione non solo sulle problematiche legate alla sicurezza del posto di lavoro, ma anche sulle minacce informatiche.
Questo è il quadro che emerge da un nuovo studio condotto da Epson che ha visto la partecipazione di 17 esperti di settore provenienti da tutto il mondo insieme a oltre 7.000 dipendenti full-time impiegati in vari ambiti a livello europeo, di cui 1.500 appartenenti al settore manifatturiero, intervistati per conoscere le loro opinioni su come la tecnologia potrebbe dare forma al futuro del settore e dell’ambiente di lavoro nel rispettivo campo.
Il 64% dei dipendenti italiani (67% media europea) nel settore manifatturiero ritiene che la cyber security sarà la principale problematica da affrontare, percentuale che tocca il 71% tra i responsabili (76% media europea). Secondo fonti indipendenti, la produzione industriale genera il 15% del PIL europeo, creando oltre 52 milioni di posti di lavoro diretti e indiretti: in questo scenario, la ricerca evidenzia prospettive occupazionali positive nonostante l’incertezza a livello italiano ed europeo associata al crescente impiego di robot negli stabilimenti di produzione su vasta scala.
Infatti, secondo il 62% dei dipendenti (60% media europea), i robot non saranno in grado di sostituire l’uomo in termini di flessibilità, creatività e capacità di reagire. Il 69% (62% media europea), inoltre, afferma che i lavori in ambito produttivo si evolveranno con la tecnologia, senza che questa prenda però il loro posto, favorendo l’adozione di un modello aziendale maggiormente incentrato sulle risorse umane a livello europeo.
Con la crescente diffusione delle smart factory e della tecnologia, la produzione assumerà nuove forme basandosi su approcci e principi innovativi, e gli stabilimenti consentiranno una produzione on-demand più rapida e conveniente. Inoltre, la supply chain sarà più breve secondo il 36% degli operatori del settore (40% media europea). Il 62% (57% media europea) ritiene inoltre che i siti produttivi diventeranno più localizzati, offrendo una produzione personalizzata che prenderà il posto della produzione di massa, con significativi vantaggi in termini di business, ambiente e società.
Oltre alla prosperità economica, l’86% degli intervistati nel settore manifatturiero (83% media europea) ritiene che la tecnologia migliorerebbe l’efficienza aziendale (la percentuale più alta tra tutti i settori oggetto dello studio in Europa) e che la propria mansione diventerebbe più efficiente, produttiva, precisa, analitica e creativa.
Il 38% (47% media europea) degli intervistati nel settore manifatturiero ha dichiarato che la tecnologia porterà alla scomparsa della propria mansione nel futuro. Di conseguenza, sarà necessario perfezionare le proprie conoscenze attraverso un’ulteriore formazione al fine di sfruttare i vantaggi offerti dalla tecnologia stessa. A tale riguardo, il 72% (68% media europea) si dichiara disposto ad acquisire nuove conoscenze qualora le nuove tecnologie minacciassero la mansione attualmente svolta, dimostrando la propria disponibilità ad accogliere il cambiamento dettato dalla tecnologia. Per contro, il 12% (13% media europea) lascerebbe il proprio lavoro per un nuovo posto, senza seguire corsi di formazione.
Chi decide di rimanere nel settore probabilmente assisterà a un cambiamento del proprio ruolo, con la trasformazione dei processi produttivi in processi tecnologici, in particolare per quanto concerne la codifica e la sicurezza informatica. Ampiamente considerate come il motore dell’innovazione, le nuove tecnologie catapulteranno il settore manifatturiero nel futuro. Tuttavia, oltre alle preoccupazioni legate alla cyber security, il 60% degli intervistati (55% media europea) ritiene che le aziende potrebbero non riuscire a stare al passo con i requisiti normativi, ad esempio in caso di integrazione dei robot nell’infrastruttura di produzione.
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