Smart Manufacturing: l’Italia che vorrebbe correre e vincere la sfida della competitività, ma (ancora) non può
Rockwell Automation condivide i risultati dell’ottava edizione dello “State of Smart Manufacturing Study“. Lo studio che è stato condotto a livello globale, ha coinvolto oltre 1.350 produttori di 13 tra i maggiori paesi industrializzati e, tra questi, l’Italia.
I risultati emersi a livello globale conducono a una visione condivisa che pone massima attenzione verso una crescita profittevole che, comunque, non vada ad intaccare la qualità. Viene anche enfatizzata la propensione verso un miglior utilizzo dei sistemi di analisi dei dati e l’adozione di tecnologie per aumentare la resilienza, favorire l’agilità, incrementare la sostenibilità e far fronte alle sfide relative alla forza lavoro.
Anche il nostro Paese risulta allineato ai trend globali, anche se a livello locale emergono alcuni aspetti che meritano una particolare attenzione.
Pur essendo la crescente indisponibilità di personale qualificato un problema a livello globale, per i produttori italiani costituisce il principale ostacolo al superamento della concorrenza. Il 41 % dei produttori dichiara infatti di avere difficoltà ad attrarre talenti con le capacità richieste.
In controtendenza rispetto agli altri paesi, in Italia il 77% degli intervistati attribuisce molta importanza allo Smart Manufacturing quale fondamento per il futuro dell’azienda, a fronte del 73% registrato a livello globale.
Un altro dato significativo risiede nel fatto che il 37% di aziende italiane attribuisce all’industrial Internet of Things (IIoT) il primo posto per la maggior espressione di ROI, rispetto al 25% delle aziende globali. Subito dopo per l’Italia c’è l’integrazione delle macchine con il 32% e l’automazione dei processi che invece fa segnare un 30%.
Il 40% delle aziende italiane punta ad aumentare l’automazione nei prossimi 5 anni per incrementare le performance aziendali. Il dato è superiore alla media europea che invece si attesta sul 38%. Sempre per raggiungere lo stesso obiettivo il 36% dei produttori intende perseguire nuove opportunità di mercato mentre il 35% ritiene fondamentale potenziare la formazione e i programmi dedicati alle risorse umane.
Rispetto al sondaggio dello scorso anno, risulta raddoppiato il numero dei produttori che ritiene che la propria organizzazione non disponga della tecnologia necessaria per superare la concorrenza. In tutto ciò, purtroppo, l’Italia continua a restare in posizione arretrata rispetto agli altri paesi con una propensione all’investimento per innovazione tecnologica del 22.6% del budget operativo, a fronte di una media globale del 25%.
Lo scarso utilizzo dei dati raccolti è un problema che affligge tutti. A livello globale, ad oggi una media del 32% dei dati raccolti non viene sfruttata mentre l’Italia è più propensa a tale uso con una percentuale del 28%. Così come, solo l’1% ha dichiarato che in Italia una percentuale compresa tra il 75 e il 100% dei dati raccolti non viene utilizzata a fronte di un 2% a livello globale
Pur risultando l’Italia un po’ indietro sulle politiche ESG con il 72% delle aziende che ha dichiarato di avere in atto iniziative formali o informali, a fronte del 78% delle aziende a livello globale, in Italia un numero considerevole di aziende, il 39%, ha in già in essere politiche formali ESG o di sostenibilità, a livello corporate. D’altro canto, invece, l’8% dichiara di non avere alcuna iniziativa in corso.
“In uno scenario particolarmente complesso come quello attuale, i produttori puntano a obiettivi di crescita profittevole con attenzione alla qualità, maggior resilienza, agilità e sostenibilità, con la consapevolezza di non poterli raggiungere senza l’adozione di tecnologie avanzate a supporto di una produzione intelligente. Tuttavia, uno dei principali ostacoli individuati a livello globale, così come, in maniera ancor più significativa, dai produttori italiani è la difficoltà nel reperire personale che abbia le qualifiche necessarie per supportare i nuovi paradigmi industriali”. afferma Fabrizio Scovenna, Managing Director di Rockwell Automation Italia” “Certamente la collaborazione sempre più stretta tra il mondo accademico e quello produttivo sta già facendo riscontrare risultati positivi, ma siamo ancora molto lontani da una situazione soddisfacente. Nonostante, un buon numero di aziende manifatturiere abbia già intrapreso il proprio percorso di digitalizzazione arrivando perfino ad avvicinarsi alle tecnologie più innovative come l’intelligenza artificiale, il machine learning e la realtà aumentata, il settore continua a essere visto dalle giovani leve come meno dinamico rispetto ad altri” continua Scovenna.
“Da una parte, dobbiamo lavorare per far sì che le aziende manifatturiere continuino a credere nell’innovazione e aumentino i propri investimenti fino ad allinearsi a quella percentuale di un quarto del budget operativo annuale che è pratica comune a livello globale. Dall’altra è necessario far percepire all’esterno quanto la ormai più che dischiusa dinamicità del settore con una propensione a incentivanti politiche di formazione possa rappresentare per tutti una grande opportunità di impiego ma soprattutto di un gratificante sviluppo del potenziale umano” conclude Fabrizio Scovenna.
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