Sistemi di identificazione automatica. Tecnologie, applicazioni e prospettive future – I parte.

 
Pubblicato il 3 novembre 2002

a) Codici a barre di tipo lineare
Questi sistemi, le cui prime applicazioni risalgono agli anni ’70, sono di gran lunga i più usati in un’ampia gamma di settori, tra cui: industria manifatturiera, gestione degli inventari, rintracciabilità di documenti, controllo degli accessi, conservazione dati, distribuzione, sanità e molte altre applicazioni. A prima vista i codici a barre sembrano tutti uguali, anche se in realtà esistono numerose modalità di codificazione dei dati. E’ tuttavia piuttosto semplice il meccanismo in base al quale i dati sono riportati in forma digitale (sequenze di 0 ed 1 che rappresentano i dati codificati). La parte che contiene le informazioni (Figura 3) è costituita da una serie di elementi alternativamente chiari o scuri di varia larghezza. Oltre a questa zona ci sono altri elementi che facilitano la lettura o il processo di scanning, migliorano la sicurezza e garantiscono l’integrità dell’informazione. Tipicamente un codice a barre può contenere alcuni dei seguenti elementi:
– quiet zone: è una zona relativamente ampia presente su entrambi i lati della struttura del codice a barre; essa fornisce il valore di riferimento della riflettanza spettrale (definita come il rapporto tra l’energia incidente emessa dal lettore ottico e quella riflessa, uguale alla parte bianca, detta “spazio”, tra le barre nere) per consentire al lettore ottico di regolare lo zero;
– caratteri di inizio e fine: particolari gruppi di barre e spazi incorporati all’inizio ed alla fine del codice per permettere di riconoscere l’inizio e la fine dei dati; una simbologia che permette la lettura in entrambe le direzioni è detta bi-direzionale;
– carattere (o caratteri) di controllo: si tratta di un digit o di uno o più caratteri derivati dalle informazioni codificate; tale elemento serve per confermare la corretta lettura dei dati da parte del sistema ottico. In genere sono presenti, sotto il codice, anche dei caratteri leggibili dall’operatore umano per permettere una decodifica manuale in caso di errore del sistema di lettura automatico. I suddetti tre elementi sono progettati in maniera da evitare che il sistema legga come valide delle informazioni accidentalmente errate a causa, per esempio, di un errore di stampa. La lettura del codice consiste in genere nell’invio di un fascio luminoso (tipicamente luce laser rossastra) lungo le barre e nella registrazione delle quantità di energia riflesse dalla superficie. Queste variazioni sono convertite in un segnale digitale che viene poi decodificato da una centralina elettronica. L’insieme delle regole in base alle quali il segnale digitale viene trasformato in caratteri alfanumerici è detto simbologia. Sono stati sviluppati diversi tipi di simbologie per rispondere ad un’ampia gamma di esigenze; le simbologie più utilizzate sono quelle standardizzate, che consentono un utilizzo “aperto”, in grado cioè di interfacciarsi con altri sistemi che adottano la stessa simbologia standardizzata. Alcune simbologie sono state sviluppate per esigenze particolari: per la sola codifica di dati numerici, per quella di dati alfanumerici, con particolare attenzione alla affidabilità, con particolare attenzione alla sicurezza, per rendere più economica la stampa delle etichette. In ogni caso, le differenze tra una simbologia ed un’altra risiedono principalmente nella quantità di caratteri che possono codificare e nel modo nel quale ogni singolo carattere è rappresentato. Fortunatamente la grande maggioranza delle applicazioni può essere soddisfacentemente implementata attraverso un piccolo numero di simbologie tutte standardizzate da apposite norme internazionali. Nel seguito vengono fornite indicazioni sulle principali simbologie utilizzate:
– simbologia “interposta 2 di 5”: è una simbologia con barre larghe o strette, che rappresenta solo caratteri numerici (Figura 4a). Come suggerisce il nome, ogni carattere è rappresentato da cinque barre delle quali due sono larghe e tre strette. Ogni coppia di caratteri è codificata dalle cinque barre e dai cinque spazi che le separano, ne consegue che il numero totale di caratteri è sempre pari. Vista la semplice struttura di questa simbologia una parte delle barre può essere interpretata come set di inizio o fine codice. Questa circostanza può, in caso di lettura parziale (obliqua) dei dati, indurre l’elettronica a ritenere validi codici che non lo sono. Per ovviare a questo inconveniente è bene usare codici di lunghezza prefissata o, laddove ciò non sia possibile, introdurre delle larghe cornici attorno al codice (Figura 4b). La simbologia interposta 2 di 5 trova maggiormente applicazione in campo industriale e per beni di largo consumo.
– codice 39 o “3 di 9”: è una simbologia ampiamente utilizzata nell’industria e per beni all’ingrosso. E’ di tipo alfanumerico a bande larghe e strette (Figura 4c), formata da nove elementi di cui tre larghi. Il set di caratteri codificabile è formato da 43 elementi: le dieci cifre, l’intero alfabeto, e sette caratteri speciali.
– codice 128: è una simbologia alfanumerica (Figura 3) con barre ad ampiezza multipla capace di codificare l’intero set di caratteri ASCII. Ogni carattere comprende 11 moduli (elemento di minima ampiezza) disposti tra 3 barre e 3 spazi (di larghezza maggiore della minima). Il codice 128, per la sua versatilità, si sta diffondendo rapidamente in un ampio campo di applicazioni.
– simbologie Ean.Ucc: queste simbologie sono state introdotte dall’Ean International e dal Uniform Code Council; vengono usate in particolare per le catene di distribuzione strutturate su più livelli perché le caratteristiche dell’informazione possono variare a seconda del livello. In particolare le simbologie Ean13, Ean8 e Upc si trovano sulla maggior parte degli articoli nei negozi e nei supermercati: si tratta di codici numerici di lunghezza fissa e, per un uso più efficiente dello spazio, non c’è separazione tra i caratteri; queste simbologie possono essere lette da scanner omni-direzionali essendo, in effetti, costituite da due codici speculari disposti ai lati di una struttura (di barre e spazi) centrale. L’ampiezza delle barre è variabile, il suo valore minimo è chiamato modulo o dimensione X. Le simbologie della serie “Ucc a spazio ridotto” (Reduced Space Symbology) sono una famiglie di tre simbologie con le loro varianti (sette in totale) sviluppate specificamente per adattare le simbologie Ean.Ucc a spazi ridotti. Le strutture Rss sono state progettate per soddisfare le necessità dei mercati emergenti di trasportare un numero maggiore di informazioni in maniera più affidabile su etichette di piccole dimensioni. Le tre strutture base delle Rss sono la Rss-14, Rss Limited e Rss Expanded. La famiglia di “simbologie Ean.Ucc composite” comprende strutture nelle quali il codice Ean. Ucc è accoppiato ad un simbolo bidimensionale (Composit Component) che riporta informazioni supplementari (Figura 5). Esistono tre tipi standardizzati di Cc: Cc-A capace di codificare fino a 56 caratteri alfanumerici; Cc-B di 338 caratteri alfanumerici; Cc-C di 2361 caratteri alfanumerici. I Cc si usano in quei casi in cui parti differenti di informazioni devono essere accessibili in posti diversi (per esempio diverse fasi della distribuzione di un articolo) o da utenti diversi (alcuni utenti sono abilitati alla sola lettura dell’Ean.Ucc semplice ed altri anche a quella del Cc).

Allegato PDFScarica l'allegato

Anteprima Allegato PDF