Rimpatri produttivi: il 20% è nel comparto Anie

Pubblicato il 3 luglio 2014

Il back reshoring è un fenomeno nuovo, che consiste nel riportare in patria i siti produttivi precedentemente delocalizzati all’estero. Secondo recenti studi realizzati dal professor Fratocchi e dal suo gruppo di ricerca Uni-Club MoRe Back Reshoring, e resi noti nel corso dell’Assemblea Annuale della Federazione Anie, l’Italia è il secondo Paese nel mondo per rimpatri produttivi, alle spalle solo degli Stati Uniti e quindi primo in Europa. Il comparto rappresentato da Anie Confindustria, inoltre, a livello nazionale, vale circa il 20% dell’intero back reshoring, piazzandosi secondo alle spalle solo dell’abbigliamento e delle calzature.

Secondo i risultati dell’indagine realizzata presso le aziende associate, le ragioni considerate molto rilevanti dalle imprese Anie che hanno rilocalizzato i siti produttivi nel periodo 2009-2013 sono state per un terzo del campione il minore controllo qualità della produzione all’estero, seguito dalla necessità di vicinanza ai centri R&S italiani (25%) e dai costi della logistica (22,2%). Si tratta di aziende che avevano delocalizzato le produzioni per il minor costo totale della produzione all’estero (“molto rilevante” per l’86% delle imprese rientrate in patria) e del minore costo del lavoro (75%).

L’indagine realizzata da Anie presso le aziende associate ha confermato ancora una volta la loro profonda vocazione all’innovazione: il 60% del campione investe in R&S più del 2% del fatturato totale e una folta rappresentanza di imprese particolarmente virtuose, costituita dal 40%, investe addirittura più del 4% del fatturato. Ma sono proprio le aziende che hanno messo in atto politiche di back reshoring a dimostrarsi particolarmente aperte al cambiamento tecnologico, all’innovazione e ai nuovi modelli organizzativi. Per quanto riguarda l’avvenuta adozione di tecnologie ICT e ITS (Internet of Things and Services), tra le imprese che sono rientrate abbiamo un picco del 60% contro il 50% della totalità delle imprese Anie, e fra esse nessuna si dichiara non interessata a queste trasformazioni, che vanno verso l’adozione di nuovi modelli organizzativi (fabbrica 4.0). Inoltre, tra le aziende interessate dal fenomeno, il 90% ritiene che i nuovi standard organizzativi di impresa saranno una realtà entro un periodo che va da 1 a 3 anni.

Sulla sensibilità nei confronti dell’innovazione, appare particolarmente significativo notare come secondo le aziende che sono rientrate, i principali meccanismi di stimolo siano tutti rivolti al miglioramento del prodotto finale: per il 90% di esse è questo lo scopo principale che spinge a innovare (la corrispondente quota della totalità delle aziende Anie è l’80%). Tra i principali ostacoli all’innovazione, invece, la mancanza di fonti di finanziamento esterne è quello primario a detta del 43% delle aziende in totale, con un picco del 75% tra le aziende che hanno sperimentato il back reshoring. Ma se la seconda ragione per il totale delle aziende Anie, con una quota del 40%, è il costo elevato dell’innovazione e la mancanza di risorse interne, questa percentuale scende radicalmente se si guarda solo alla segmentazione delle aziende che sono rientrate.



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